NEL MONDO DELLA RICCHEZZA E DEI PIACERI LA POVERTÀ
CONTINUA A SOCCOMBERE E NULLA PUÓ
L’esortazione del Pontefice avvertendo che denaro e
carriera non rendono felici. Ma anche il potere è altrettanto deleterio per
l’umana convivenza
di Ernesto Bodini
In un
periodo storico di rapidi cambiamenti in cui i rapporti umani sono sempre più
fragili, la tendenza al benessere materiale (al di là delle crisi
occupazionali, economiche politiche e ideologiche), si fa facendo più marcata;
ancorché incalzata sia dalle promettenti innovazioni del progresso, sia dai
molteplici mezzi di comunicazione che li diffondono spesso con particolare
enfasi. Vedasi ad esempio le golose novità degli ultimi modelli dei telefoni
cellulari, delle automobili con i più attraenti comfort, il lussuoso
abbigliamento, ogni sorta di preziosi monili, i prodotti informatici
all’avanguardia, gli stimolanti inviti in Paesi da sogno per le vacanze; per
non parlare degli investimenti nel campo dell’alta finanza, etc. Tutto ciò
implica benessere materiale e quindi ricchezza, ovvero una spasmodica cupidigia
non solo per garantirsi una vita agiata (alla faccia della povertà che
coinvolge almeno i due terzi della popolazione mondiale), ma anche per
rincorrere quell’edonismo che è solo fine a se stesso imposto da quel marchio
(per molti indelebile) che sta per “quel
che conta è apparire e non essere”. Ed è di questi giorni il monito del
Pontefice (nella foto) che i media
(Ansa) hanno intitolato: «Soldi e
carriera non sono la felicità», una sorta di diktat che prosegue con
l’affermazione: «Bisogna avere il
coraggio di respingere tutto ciò che ci porta fuori strada, i falsi valori che
ci ingannano attirando in modo subdolo il nostro egoismo..., ma che soltanto
Dio ci può donare la vera felicità: è inutile che perdiamo il nostro tempo a
cercarla altrove, nelle ricchezze, nei piaceri, nel potere, nella carriera».
Ma quella porzione di mondo deleterio non fa altro che creare il divario con le
classi sociali meno agiate, queste ultime sempre più in difficoltà per
sopravvivere alla ricerca quotidiana di un minimo di alimentazione e di mezzi
per curarsi le malattie, se non anche prevenirle.
Ogni
anno viene stilata la classifica degli uomini più ricchi al mondo, e
attualmente al primo posto compare lo statunitense Jeffe Bezos (classe 1964),
fondatore e presidente di Amazon, la più grande azienda di commercio
elettronico americana e la più grande Internet Company al mondo. Al secondo
posto appare lo statunitense William Henry Bill Gates (classe 1955, nella foto), imprenditore e fondatore
della fortunata Microsoft (regina incontrastata nel campo dell’informatica), ma
anche filantropo il quale, nel criticare la riforma fiscale di Donald Trump, con
indubbia obiettività ha dichiarato: «Io e
i ricchi come me dovremmo pagare significativamente più tasse. Io ho pagato più
di tutti, oltre 10 miliardi di dollari, ma il governo dovrebbe richiedere che
persone nella mia posizione paghino significativamente più tasse». Esempio,
questo, di lungimirante saggezza ed onestà e non solo per il fatto di aver già
“goduto” di agiatezze e benesseri, ma anche (io credo) per l’intelligente
capacità di valutare quanto sia doveroso mettere sulla bilancia i due opposti
“pesi” della dell’esistenza materiale e spirituale. E quello di Bill Gates non
è l’unico esempio di razionale comportamento, considerando le molteplici azioni
di carattere filantropico all’interno dell’istituzione della Bill & Melinda Gates
Foundation, attiva dal 2000 nella ricerca medica, nellla lotta all’Aids
e alla malaria, e nel miglioramento delle condizione di vita nel Terzo Mondo,
nell’educazione; considerando che altri ve ne saranno, anche se meno
appariscenti ma non per questo meno importanti. Ma se il monito del Pontefice
non manca di raggiungere fedeli e non, significa che tutto ciò che è
materialismo e mera ostentazione del benessere materiale, rappresenta la cupola
del mondo che sovrasta e soffoca ogni voce intrisa di dolore. Un dolore che invoca
solidarietà come azione per contrastare le ingiustizie e le disparità e, l’essere
grandi come Bill Gates, deriva dall’aver osato cominciare.
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