Concluso il ciclo di conferenze per il 2017
dell’Associazione “Più vita in salute”
PIÙ
CULTURA PER PREVENIRE LE MALATTIE RESPIRATORIE CAUSATE
DAL
VIZIO DEL FUMO E DAGLI INQUINAMENTI ATMOSFERICI
Ernesto
Bodini
Tra
gli argomenti sul “banco degli imputati” il Tabagismo: dalla cessazione alla riduzione del rischio, trattato
dal dott. Fabio Beatrice (nella foto),
otorinolaringoaiatra, chirurgo maxillo-facciale e responsabile del Centro
Antifumo all’ospedale San Giovanni Bosco di Torino. Il relatore ha subito
ricordato che i tumori capo-collo dipendono non solo dall’alimentazione ma
anche e soprattutto dal tabagismo, ossia il vizio del fumo di sigarette (e/o
sigari e pipa), tant’é che l’Organizzaziome Mondiale della Sanità (Oms) rende
noto, anche se sembra scontato, che per la lotta al fumo la prevenzione è la
principale azione difensiva. «Le
posizioni sul fumo – ha spiegato – in
questi ultimi decenni si sono molto evolute: secondo l’Istituto Superiore di
Sanità (ISS) 11,5 milioni di persone in Italia (22%) risultano essere fumatori,
e questo vizio voluttuario produce circa 80 mila morti all’anno contro i 1.500
per cause di lavoro e i 3.000 per incidenti stradali. Per smettere di fumare
esistono tuttavia delle linee guida, ed è soprattutto utile il consiglio del
proprio medico che, purtroppo, viene meno a questo ruolo perché è spesso
oberato da incombenze burocratiche. Il consiglio del medico, l’intervento
strutturato degli infermieri, un colloquio individuale, una terapia di gruppo ed
una eventuale somministrazione di farmaci, sono comunque notevoli supporti per
aiutare chi vuole smettere di fumare...». Ma allo stato attuale cosa si fa
per questi 11,5 milioni di persone “autolesioniste”? Nel nostro Paese sono oggi
disponibili 336 Centri Antifumo di cui 307 a cura del SSN, ma i fumatori che si
rivolgono a questi Centri sono meno di 16 mila (0,1% del totale), e forse
questa “scarsa adesione” dipende in parte dai medici in quanto, secondo il
dott. Beatrice, talvolta non sono in grado di fare proposte propositive e/o
integrative tanto da responsabilizzare maggiormente il fumatore. Evidentemente
smettere di fumare non piace, specie per il fumatore accanito, perché manca una
caratteristica che è la compliance
ricevente, ossia la capacità di accettare il consiglio del medico giacché la
Medicina è una disciplina di aiuto. Il clinico ha fatto riferimento al Progetto
Passi (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), avviato nel
2005 come sperimentazione di metodi utili per la sorveglianza dei fattori
comportamentali di rischio e per il monitoraggio dei programmi di prevenzione
delle malattie croniche; è un progetto del Ministero
della Salute e delle Regioni/P.A. che ha l’obiettivo di mettere a disposizione
di tutte le Regioni e Aziende sanitarie locali (Asl) del Paese una sorveglianza
dell’evoluzione di questi fenomeni nella popolazione adulta con una peculiarità
unica: tarare questo strumento soprattutto per un utilizzo dei dati a livello
locale, direttamente da parte di Asl e Regioni. Ma perché la sigaretta fa così
male? L’effetto negativo è dato dal processo di combustione (400°-1000° gradi):
si liberano agenti ossidanti (catrame, nicotina, monossido di carbonio) che
determinano tumori e danni polmonari, oltre ad infarti ed ictus e questi ultimi
sono causa di 24 mila decessi/anno in quanto il danno alle arterie è causato
dal catrame che altera la superficie dei vasi con la conseguente formazione di
trombi tali da ostacolare la normale circolazione del sangue. «Se la tossicità della sigaretta tradizionale
influisce non poco – ha aggiunto il clinico – la tossicità del fumo elettronico o alternativo influisce meno, una
sorta di abitudine “sana” in quanto è intesa come fumare in forma meno tossica,
anche se in realtà non serve a smettere di fumare... tradizionalmente». La
sigaretta elettronica (detta anche e-cigarette o e-cig), il cui primo vero brevetto risale al 1965, è un dispositivo elettronico nato con il fine
di fornire un'alternativa al consumo di tabacchi lavorati (sigarette, sigari e pipe) che ricalchi le mimiche e le percezioni sensoriali di
questi ultimi, ed è usata per diminuire la dipendenza e l'uso di sigarette,
pipe e sigari tradizionali. Ma poiché la maggioranza dei fumatori che vogliono
smettere non vi riescono, è possibile aiutarli?
«Fumare – ha spiegato e concluso il dott.
Beatrice – è una dipendenza che dà
piacere, quindi si tratta di rinunciarvi in cambio di nulla e, per smettere
realmente di fumare, occorre un cambiamento che necessita un percorso dovendo
recuperare la capacità del cervello di controllare i centri del piacere, ed è
riduttivo che suggerimenti di “altra natura” possano sortire un effetto... Da
parte di un Centro Antifumo, per sostenerne la cessazione, bisogna capire la
situazione clinica del fumatore e l’entità della sua motivazione a cambiare,
prospettandogli una strategia per lui accettabile, anche se ciò richiede del
tempo». Un contributo alla corretta informazione per smettere di fumare è
dato dalla pubblicazione “101 motivi per
non fumare” (Ed. Guerini, 2012) a cura dello stesso dott. Beatrice e della
giornalista Johann Rossi Mason. Il libro, come si legge in un passo della
presentazione, non propone una soluzione facile o una scorciatoia per smettere
di fumare, e non è nemmeno un testo contro i fumatori... Racconta in maniera
accessibile di come il fumo interferisca negativamente sul 95% degli apparati
del nostro organismo, e svela effetti poco noti rispetto all’intelligenza, al
comportamento, all’estetica, alle relazioni, alle performance sessuali, e alla
possibilità di avere bambini e alla garanzia che nascano sani.
Ma sono anche altre le cause di danno al nostro
organismo, sulle quali è intervenuta la prof.ssa Caterina Bucca (nella foto), specialista in Medicina
Interna, Tisiologia e Malattie dell’Apparato Respiratorio all’Università di
Torino, che ha trattao il tema Malattie delle vie aeree e stili di vita. «Facciamo i conti non solo con il fumo – ha esordito – ma anche con l’aria che respiriamo a causa
soprattutto dell’industrializzazione, in quanto produttrice di sostanze gassose
e particolate e che hanno una tossicità tale da “condizionare” il nostro
sistema respiratorio. Respiriamo particole che costituiscono materiali
trasportati dall’aria quale conseguenza di emisisoni di polveri, fumi,
fuliggine e quant’altro». I riferimenti sono al particolato sospeso che è
costituito dall’insieme di tutto il materiale non gassoso in sospensione
nell’aria. Il rischio sanitario legato alle sostanze presenti in forma di
particelle sospese nell’aria dipende, oltre che dalla loro concentrazione, anche
dalla dimensione delle particelle stesse. «Le
particelle di dimensioni inferiori – ha spiegato la relatrice – costituiscono un pericolo maggiore per la
salute umana, in quanto possono penetrare in profondità nell’apparato
respiratorio. Approssimativamente: le particelle con diametro superiore ai 10μm
(micrometri) si fermano nelle prime vie respiratorie, le particelle con
diametro tra i 5 e i 10 μm raggiungono la trachea e i bronchi, le particelle
con diametro inferiore ai 5 μm possono raggiungere gli alveoli polmonari». Nell’agglomerato
urbano i veicoli a motore sono responsabili del 70-80% dell’inquinamento
dell’aria che respiriamo. In effetti l’inquinamento è la maggior causa
ambientale di malattie e morti premature (9 milioni all’anno), soprattutto tra
i soggetti poveri ed emarginati, oltre all’infanzia. Fattori che influenzano le
dosi di particelle inalate sono quelli individuali: pazienti con bronco- pneumopatia-cronico-ostruttiva
(BPCO), asma bronchiale, enfisema e altre malattie dell’apparato respiratorio;
ma anche l’incapacità di detersione delle vie aeree favorisce maggiormente
l’inalazione di inquinanti. I sintomi di queste inalazioni sono irritativi
delle vie aeree, tosse, ipersecrezione di muco (catarro) tali da ripercuotersi
sulla funzione respiratoria. L’inquinamento atmosferico, inoltre, ha un costo
molto elevato per la morbilità e la mortalità a causa delle malattie
respirtatorie non trasmissibili. Cosa fare, dunque, per arginare il problema? «Se si investisse anche un solo dollaro per
la riduzione degli inquinanti atmosferici – ha suggerito la relatrice – si prevederebbe un possibile miglioramento
della salute e quindi un beneficio economico. La rimozione del piombo dalla
benzina (1975), ad esempio, ha prodotto la riduzione della concentrazione di
piombo nel sangue della popolazione, cui è seguito l’aumento della capacità
cognitiva nei bambini ed un altrettanto conseguente notevole beneficio
economico». In effetti, un programma di prevenzione dell’inquinamento
atmosferico dovrebbe rientrare in una adeguata pianificazione del Paese.
L’impatto degli inquinanti sull’uomo dipende dalla zona di produzione degli
inquinanti e dalla loro dispersione. Le grandi sorgenti localizzate lontanto
dai più grandi centri abitati, disperdono nell’aria a grandi altezze, mentre il
riscaldamento domestico ed il traffico producono inquinanti che si liberano a
livello del suolo in aree densamente abitate. Come conseguenza, le sorgenti
mobili e quelle fisse di piccole dimensioni contribuiscono in modo maggiore
all’inquinamento dell’aria nelle aree urbane e attentano alla salute pubblica
molto di più di quanto non si potrebbe supporre facendo un semplice confronto
quantitativo fra i vari tipi di emissioni. Ma non solo. Secondo la relatrice un
programma di prevenzione dovrebbe prevedere la riduzione delle fonti di
riscaldamento, limitare gli spostamenti per il lavoro, limitare l’inquinamento
domestico (ad esempio sostituire le stufe a pellet), areare costantemente gli
ambienti avendo cura di non avvalersi di arredi che contengono formaldeide in
quanto incrementerebbero l’atmosfera di esalazioni, pulire gli impianti di
condizionamento, etc. La prof.ssa Bucca è andata oltre suggerendo di
alimentarsi con cibi antiossidanti al fine di incrementare le difese
immunitarie, esporsi al sole più sovente... per quanto possibile. È bene,
infine, combattere anche l’obesità in quanto la stessa favorisce le apnee
notturne, abolire l’assunzione di droghe (eroina e cocaina in particolare) che,
se inalate, possono causare gravi malattie respiratorie.
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