LE PENOSE STORIE DELL’INFANZIA
ABBANDONATA
Casi emblematici che non solo devono
far riflettere, ma soprattutto
indurre ognuno a puntare il dito
contro la disumanità e l’ingiustizia
di Ernesto Bodini
Nel
corso della nostra esistenza io credo che le riflessioni non debbano mai venir
meno, sia per mettere a frutto quello che si è acquisito come esperienza dal
passato, sia come atto di “redenzione” inteso non solo dal punto di vista
meramente cristiano ma anche da quello della filosofia di vita. Volendo quindi
passare in analisi gli eventi più importanti che hanno posto in luce
protagonisti “d’ogni sorta”, l’elenco si perderebbe nella galassia degli
annuari: eventi politici, scientifici, culturali, ecclesiali, usi e costumi, di
cronaca nera e giudiziaria, umanitari, etc. E su quest’ultimo aspetto (anche
se è collocabile nella cronaca) vorrei soffermarmi riportando alla memoria
episodi che hanno avuto inconsapevolmente come veri protagonisti i bambini. Purtroppo
i casi non sono pochi, ma basterebbe ricordarne un paio per risvegliare la
sempre troppa assopita sensibilità degli umani adulti, responsabili diretti o
indiretti della sofferenza fisica e psicologica, della morte e della lesa
dignità umana dell’infanzia loro affidata, sia in tempo di pace che in tempo di
conflitti... per lo più bellici. Tra i più recenti e “toccanti” quello del
piccolo Aylan Kurdi (foto in alto),
il bambino siriano di tre anni trovato senza vita sulla spiaggia di Bodrum in
Turchia nel settembre del 2105 (il fratellino di 5 anni è morto nello stesso
modo), sdraiato in giù con la testa nella sabbia di fronte al mare. Con la
famiglia, sia lui che il fratello, era su una delle due barche di migranti
partite da Akyalar, ma che un naufragio nel Mediterraneo ha riportato alla
mente il monito dell’allora premier David Cameron, ovvero il “no” categorico
della Gran Bretagna ad accogliere altri migranti in arrivo dal medio Oriente e
dal Nord Africa.
Più
recente il caso della bimba accovacciata in una strada del nord est
dell’Argentina, a ridosso di una pozzanghera intenta a bere... La scena,
ripresa il 13 dicembre 2017 da una giornalista locale, ha fatto il giro del
mondo, tanto da diventare la scena-simbolo di una comunità che vive in povertà estrema
e di cui poco si informa. La piccola innocente fa parte delle comunità indigene
Mbyà Guarani, prevalentemente accampate in una zona di Posadas dove mendicare
ad opera di bambini è la quotidianità. Scene come questa, davvero inquietante,
è stata recepita anche da altri giornalisti, diffusa ulteriormente e recepita a
sua volta in versione online da un volontario Unicef Argentina che, come
riporta Vanity Fair nelle News, a firma di Monica Coviello, ha spiegato: «Mentre le temperature sono roventi, questa
bimba Guarani si disseta da una pozzanghera. C’é qualcosa di sbagliato in
questa società, no? Finalmente iniziamo a parlare di un problema a cui spesso
non facciamo caso perché nessuno lo mette in evidenza, mentre quelli che
dovrebbero fare qualcosa continuano a far finta di niente». In Argentina i
poveri sono sempre più poveri e sempre più numerosi: 13,5 milioni di persone
(su oltre 43 milioni del totale), ossia circa il 31%.
Storicamente,
volendo ricercare per certi versi una analogia, se non altro per il riferimento
al Paese sudamericano, non meno emblematico dal punto di vista umano è il
celebre romanzo di Edmondo De Amicis (1846-1908) “Dagli
Appennini alle Ande” (tratto da “Cuore”),
che tutti noi abbiamo avuto come lettura in epoca scolastica. La vicenda è
talmente toccante che vale la pena ricordare, sia pure in sintesi, la trama. È
la storia di Marco, un ragazzino di 13 anni, che vive a Genova con il papà e
il fratello maggiore. Sua madre è partita da qualche anno per l’Argentina alla
ricerca di un lavoro per aiutare così la famiglia. Da un po’ di tempo però non
arrivano più sue notizie. Si decide così che il più piccolo di casa,
l’unico che non lavora, parta per il continente americano per cercarne le
tracce. Il viaggio per mare è già un’impresa per un ragazzo di quell’età tutto
solo, ma sono ancora più emozionanti e avventurose le vicende che lo attendono
in quella terra sconosciuta e lontana. Troverà infine la mamma gravemente ammalata,
oltreché in pena per i suoi cari lontani, ma con il suo arrivo riuscirà a fare
in modo che si salvi. Un romanzo, comprensibile da tutti, che lo scrittore ha
immaginato riproducendo il diario di un ragazzo di famiglia borghese, Enrico
Bottini, durante la terza elementare in una scuola di Torino. È noto che anche
i romanzi rispecchiano un’epoca e che ad essa si accompagna quasi sempre
l’attualità, prevedibile o meno; e quando questa riguarda drammi umani al cui
centro vi è l’infanzia, non si può non puntare il dito verso coloro che sono
responsabili della loro esistenza e del loro futuro, ritenendoli “esseri”
inferiori non solo perché inermi ma perché oggetto di sfruttamento sia in tempi
di pace che di conflitti. Il 2017 è
stato un anno orribile per i bambini coinvolti nei conflitti armati, come si
evince dall’ultimo rapporto Unicef secondo il quale, ancora oggi nessun luogo è
sicuro per loro: le parti in guerra hanno palesemente ignorato le leggi
internazionali per la protezione dei più vulnerabili. Oltre
alle conseguenze dirette dei conflitti, milioni di bambini soffrono di quelle
indirette ma non meno gravi: malnutrizione, malattie e traumi visto che accesso
a cibo, acqua e servizi igienici e sanitari vengono loro negati, danneggiati o
distrutti durante i combattimenti. Non si può, quindi, che lanciare un monito ai vili, agli
irresponsabili e agli indifferenti, ricordando che i fatti sono fatti, e non
spariranno per far loro piacere.
Commenti
Posta un commento