LA DISABILITA' "DISONORATA"

GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DISABILITÀ

La discriminazione verso la disabilità fisica o psichica è come una piovra dai
lunghi tentacoli. La cronaca è ricca di episodi come quello riportato nell’articolo

di Ernesto Bodini 


Non c’é che dire: la discriminazione verso le persone disabili è dura a morire! Atteggiamento irresponsabile che sopravvive anche nell’ambito lavorativo, come emerge dallo “sfogo” di Giovanna Galasso ospitato dal Corriere della Sera del 3 dicembre per la rubrica Il racconto. La 50enne, riconosciuta invalida civile in quanto affetta da una disabilità psichica, afferma di aver lavorato dal 2008 al 2013 come segretaria dell’ex sindaco di Afragola ma, scaduto il contratto subordinato alla durata del mandato del primo cittadino campano, la lavoratrice è rimasta disoccupata e ciò, nonostante precedenti esperienze lavorative nei campi del marketing e della comunicazione a Milano, Parma, Roma e Napoli. La lettrice partenopea lamenta, inoltre, che la valutazione del suo curriculum è “secondario” al suo status di invalidità ogni qualvolta lo esibisce nel fare domanda di lavoro, sottolineando che la disabilità psichica suscita paura e diffidenza, mentre molto meno (a suo parere) nei confronti di una disabilità fisica anche evidente. Bene ha fatto l’editore ad ospitare questa realtà, sia pur in un limitato spazio, ma la signora Galasso non fa alcun riferimento se si è avvalsa della legge n. 68 del 1999 che dispone le Norme per il diritto al lavoro dei disabili. La legge, ricordo, obbliga i datori di lavoro ad assumere una determinata quota di lavoratori iscritti alle categorie protette. Con questa legge lo Stato italiano ha voluto promuovere l'inserimento nel mondo lavorativo delle persone disabili e delle altre persone a cui la legge riconosce una condizione di svantaggio (es. cechi e sordi, invalidi di guerra, orfani ecc.); inoltre, con il  recente Jobs act (D. Lgs. 151/2015) è stato consentito alle aziende pubbliche e private di poter computare nella quota di riserva i lavoratori che, sebbene già disabili al momento dell’assunzione, non siano stati avviati per il tramite del collocamento obbligatorio, purché abbiano una riduzione della capacità lavorativa superiore al 60% o al 45% se disabile psichico. Poiché il racconto dell’interessata che reca il titolo “Mi escludono a causa della mia invalidità”, è privo di dettagli e meramente impostato alla semplice notizia di un fatto (peraltro non insolito), e quindi leggibile come sfogo per l’ingiustizia che sta subendo, io credo che ogni lettore (sicuramente non un datore di lavoro) acquisirà tale notizia ma senza poter (o voler) esprimersi oltre... E forse non è un caso che l’editore abbia ospitato lo scritto della Galasso proprio oggi che ricorre la Giornata internazionale della disabilità, una ricorrenza che a mio avviso (come molte altre di questo tenore) lascia il tempo che trova, poiché è inutile commemorare o rievocare con cifre e dati se poi le relative problematiche non vengono affrontate e tanto meno risolte. Ogni evento a calendario, fatte le debite eccezioni, rasenta ed “onora” l’ipocrisia in quanto equivale a festeggiare un onomastico perché il proprio nome è rappresentato da un Santo in calendario, che di fatto non lo si prega né quel giorno e né dopo... E il santo in calendario potrebbe essere una Legge che, se non onorata, rientra in quel concetto di anomìa (assenza o inapplicazione della stessa), esautorando di fatto il cittadino dai suoi diritti.



La Giornata internazionale delle persone con disabilità è stata proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1992, con lo scopo di promuovere i diritti e il benessere delle persone con disabilità in tutti gli ambiti della società e di incrementare la consapevolezza intorno alle condizioni delle persone disabili in ogni aspetto della vita politica, sociale, economica e culturale. E il contesto della giornata odierna (3 dicembre) richiama l’impegno alla “Trasformazione verso una società sostenibile e resiliente per tutti”, che peraltro è il tema scelto dalle Nazioni Unite. «L’Agenda 2030 impegna a non lasciare nessuno indietro – spiega l’Onu nel messaggio che introduce la ricorrenza e la sua tematica – le persone con disabilità, tanto come beneficiari quanto come agenti del cambiamento, che possono tracciare velocemente il processo verso uno sviluppo inclusivo e sostenibile e promuovere una società resiliente per tutti, includendo in questo processo anche la riduzione del rischio di disastro, l’azione umanitaria e lo sviluppo urbano. I governanti, per persone con disabilità e le loro organizzazioni, il mondo accademico e il settore privato hanno bisogno di lavorare come un’unica squadra per realizzare gli Obiettivi dello sviluppo sostenibile». Un impegno non da poco per la cui realizzazione bisognerà fare i conti con la realtà dei singoli Paesi, e tra questi l’Italia con 4,4 milioni di disabili che non rappresentano certo una priorità tra i molteplici probleni che il Paese deve affrontare: prima le elezioni e spazio agli innumerevoli dibattiti (fiato sprecato), poi tutto il resto... se avanzano tempo, risorse, etc. Ora, se solo il 23% degli uomini e il solo il 14% delle donne disabili risultano occupati, significa che i restanti aventi diritto non vedranno mai la luce del sole splendere nelle loro case e nei loro cuori, giacché il tasso di disoccupazione generale (riferito ai cosiddetti “normodotati”) è ancora elevato e, le politiche sociali, sono parole che si ripetono da sempre in ogni legislatura. Quindi, se informazione equivale a trasformazione, è bene che qualcuno cominci a concretizzare quanto è nelle sue facoltà e nei suoi doveri. L’Onu, docet!

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