Continuano gli incontri
sulla prevenzione in tema di salute
IPERTENSIONE E ICTUS
CEREBRALE SOTTO LA LENTE
di Ernesto Bodini
Da
sempre una delle nostre preoccupazioni in tema di salute è quella di avere un
cuore che faccia bene il suo “dovere” e, per garantirci questa condizione, il
più delle volte spetta a noi fare in modo che non perda ... colpi. A questo
riguardo il quinto appuntamento con l’associazione “Più Vita in Salute” presso
la sede del Molecular Biotechnology Center, ha ospitato il prof. Franco Veglio
(nella foto con il dott. Roberto Rey),
specialista in Medicina Interna e in Endocrinologia, che ha parlato di “Ipertensione e Ipotensione: dai primi
sintomi alle complicanze”. L’ipertensione, è ormai noto, non è una malattia
ma un fattore di rischio, ossia una situazione che se non prevenuta porta danni
agli organi più importanti ( cuore , cervello, reni ) e quindi ad una patologia con non poche complicanze. Quindi
un vero e proprio “Killer” silenzioso che quando determina la morbilità è quasi
sempre troppo tardi e, pur trattandola, a volte non è possibile ridurne
totalmente gli effetti in quanto rimane sempre un rischio residuo. Ed è proprio
per questo che l’ipertensione va diagnosticata e curata il più precocemente
possibile. Ma cosa significa ipertensione? «È
un aumento della pressione esercitata dal sangue sulle pareti dei grandi e
piccoli vasi – ha spiegato il relatore – ed è la seconda causa di visita ambulatoriale nel mondo occidentale, ma
oggi anche in quello orientale... Negli Stati Uniti determina circa 30 milioni
di visite all’anno, mentre in Italia circa 12 milioni. Inoltre, secondo l’Oms,
su 7 miliardi di persone circa il 25% è affetto da ipertensione. Con l’aumento
dell’età aumentano parimenti i soggetti con questo problema». Ma perché
l’ipertensione è causa di danni agli organi? «Anzitutto – ha specificato –incidono fattori esterni come ad esempio
l’urbanizzazione, l’invecchiamento della popolazione, il livello sociale (più è
elevato e più sono i soggetti che conducono uno stile di vita adeguato). Allo
stato sociale basso corrispondono
abitudini di vita come la sedentarietà e i vizi voluttuari, l’inattività
fisica, etc. Tutti questi fattori, se associati all’obesità, al sovrappeso, al
diabete, all’ipercolesterolemia e all’aumento dei trigliceridi, moltiplicano il
rischio dell’ipertensione arteriosa (IA) che, non curata, diventa una malattia
che determina ulteriori conseguenze quali l’ictus, lo scompenso cardiaco, la
malattia coronarica e la malattia renale». Dal punto di vista meramente
statistico il prof. Veglio ha evidenziato che su 10 pazienti candidati al
trapianto cardiaco 5 risultano diabetici, 4 sono ipertesi non trattati e 1
rientra in più cause; inoltre, nel caso di 10 pazienti con ictus 7 risultano
ipertesi non trattati, 3 affetti da altre cause; mentre su 10 soggetti
infartuati normalmente 3-4 risultano ipertesi non trattati. Ma perché questa
differenza tra soggetti con ictus e infarto? «L’ictus – ha spiegato – è
legato soprattutto alla ipertensione non controllata, mentre l’infarto è pure
legato all’ipertensione ma soprattutto all’elevato tasso di colesterolo (LDL),
al fumo e al diabete». Nel mondo l’IA come fattore di rischio è la prima
causa di morte; in Italia ogni anno si verificano 16 milioni di morti per tutte
le cause cardiovascolari di cui 9 milioni a causa dell’IA, 4,5 milioni per
l’ipercolesterolemia e circa 3 milioni per l’obesità e il sovrappeso, con un
impatto in termini di costi notevole per le cure e l’assistenza ai
“sopravvissuti”. E come misurare i valori della pressione arteriosa? È
un’azione che solitamente compie il medico curante in due tempi diversi e se i
valori sono 140/90 mmHg e oltre si è definiti ipertesi, mentre i valori normali
corrispondono a 120/80 mmHg (a tutt’oggi
valori standard in tutta Europa); tale misurazione può essere rilevata anche
dal farmacista o dal soggetto stesso. «In
caso di ipertensione conclamata solo 4 pazienti su 10 – ha precisato il
cattedratico – seguono una adeguata terapia. Ma va anche
detto che l’IA, soprattutto la massima, aumenta con l’aumento dell’età e si
riduce la minima , quindi nel contempo aumenta la cosiddetta pressione
differenziale, ossia la differenza tra pressione sistolica, o massima, e pressione
diastolica, o minima. La pressione di pulsazione aumenta nei vasi
periferici a causa di due importanti fattori: l'inferiore elasticità e le onde
riflettorie». Per quanto riguarda la terapia il
prof. Veglio ha precisato che dipende dal grado di severità e di resistenza: su
10 soggetti ipertesi 2 sono trattati con un farmaco, 5 con 2 farmaci e 3 con
più farmaci. Mediamente la popolazione ipertesa necessita di 2 farmaci e tale
terapia deve essere sempre personalizzata. È stato calcolato che nel 2000 in
Italia si sono verificati 10 milioni di demenze vascolari, e che senza
prevenzione saranno 37 milioni nel 2050.
Non
meno significative le statistiche relative alle patologie cerebrovascolari in
quanto si stima che annualmente ogni 1.000 abitanti 2-3 persone sono colpite da
ictus (nella sola Torino sono circa 2.500). Su questo argomento è intervenuto
il dott. Paolo Cerrato (nella foto)
specialista in Neurologia e responsabile dello Stroke Unit all’ospedale
Molinette di Torino. «Ma è la disabilità
come conseguenza – ha sottolineato – che
incide maggiormente sulle statistiche per i relativi costi di cura e
assistenza. Per un paziente colpito da ictus non c’é nulla di peggio, ad
esempio, che perdere la capacità di parlare (afasia), oltre ad un eventuale
deficit motorio e quindi la riduzione totale o parziale della propria autonomia».
Secondo l’Osservatorio epidemiologico nel 2002 il Piemonte era un po’ la
“pecora nera” per quanto riguarda la mortalità per ictus... con particolare
incidenza nella zona di Asti. Ma come si manifesta l’ictus? “I sintomi più
frequenti – ha spiegato il clinico – sono la perdita di forza (astenia), bocca
storta, perdita di sensibilità in genere, e improvvisa perdita della vista da
un occhio (amaurosi transitoria), riduzione del campo visivo, difficoltà nel
linguaggio (poco comprensibile), talvolta anche labirintite in alcune forme di
ischemia... In presenza di un sospetto episodio di ictus, entro tre ore
dall’inizio dei sintomi bisogna allertare il “118” per inviare il più
precocemente possibile il paziente in ospedale, (possibilmente in un centro con
Stroke Unit) per il trattamento della fase acuta, al fine di ridurre la
mortalità e l’invalidità". L’ictus si manifesta in tre forme: emorragia (rottura
di un vaso), ischemia (chiusura di un vaso) e emorragia subaracnoidea; e per
quanto riguarda i fattori di rischio l’ipertensione la fa da padrone in quanto
favorisce sia l’emorragia che l’ischemia. «L’emorragia
subaracnoidea – ha spiegato – è
dovuta alla rottura di uno o più aneurismi, presenti a livello intracranico nel
2% della popolazione, e se ciò avviene causa una violenta cefalea. In alcuni
casi i pazienti possono presentare ictus lievi che si traducono in un
peggioramento motorio e/o cognitivo, con difficoltà nel muoversi, demenza, apatia,
abulia e modificazioni del carattere, etc. L’ictus è causa di infarto cerebrale
nell’80% dei casi, di emorragia intraparenchimale (15%) e emorragia
subaracnoidea ((5%); a sua volta l’infarto cerebrale è causato da ipertensione
(80% dei casi) e da emorragia intraparenchimale (15%). In questi casi possono
altresì manifestarsi modificazioni comportamentali, evoluzione subdola senza
ictus, apatia, disinteresse, depressione, disinibizione, aggressività».
Per
quanto concerne di fattori di rischio il clinico ha spiegato che possono essere
modificabili e non modificabili; tra questi ultimi vi sono l’età, il sesso, la
predisposizione ereditaria e la razza (etnia). Quelli modificabili sono invece
l’ipertensione, assai importante in quanto predispone sia all’ictus ischemico
che a quello emorragico. Ma l’ictus si può prevenire? «È prevenibile – ha sintetizzato il relatore – con un adeguato controllo pressorio al fine di evitare l’ipertensione
in quanto la stessa è il principale fattore di rischio per ictus sia ischemico
sia emorragico. Evitare i fattori di rischio modificabili quali il controllo
della glicemia e i valori del colesterolo, fumo, alcool. Poiché l’ictus
ischemico può essere dovuto alla formazione di emboli che partono dal cuore, è importante il ruolo sinergico tra
cardiologo e neurologo; la fibrillazione atriale è un disturbo del ritmo
cardiaco a seguito del quale si formano dei trombi nelle cavità cardiache che
possono dare origine a degli emboli che occludono le arterie cerebrali,
provocando di conseguenza un ictus ischemico». Come campanello d’allarme, è
bene tener presente, che nel 10-15% dei casi l’ictus ischemico è preceduto da
un attacco transitorio (TIA), che è di breve durata e solitamente i disturbi si
risolvono in pochissimo tempo se trattati in un Pronto Soccorso. Per evitare
tutto ciò è consigliabile effettuare periodiche visite dal proprio medico di
famiglia, non fumare, praticare attività fisica moderata ma costante,
controllare il peso corporeo, evitare abuso di alcool, mantenere una adeguata
alimentazione, limitare il sale, controllare la pressione arteriosa e il tasso
glicemico. «Chi ha avuto un ictus –
ha snocciolato il dott. Cerrato – può
avere una recidiva dell’1,7-4% entro il primo mese dall’evento, 6-13% entro un anno, 5-8% dal secondo al quinto anno».
Foto Ottica
Torinese
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