PIU' VITA IN SALUTE (3)

Al Molecular Biotechnology Center dell’Università di Torino

Terzo appuntamento con l’associazione “Più Vita in Salute” per approfondire i temi dell’osteoporosi dal punto di vista della Medicina Interna e della Odontostomatologia

di Ernesto Bodini


Una delle malattie che si possono prevenire, o rallentarne il decorso, è l’osteoporosi ossia una condizione in cui lo scheletro è soggetto a perdita di massa ossea e resistenza causata da fattori nutrizionali, metabolici o patologici. La funzione più importante dello scheletro è quella appunto metabolica, in quanto contiene molti minerali, proteine ed altre sostanze... Ma come si previene l’osteoporosi? «È fondamentale – ha spiegato il prof. Giancarlo Isaia (nella foto), specialista in Endocrinologia, Medicina Interna e Medicina Nucleare all’Università di Torino – agire sui fattori di rischio per i quali si intende una condizione che faciliti l’insorgenza di una malattia, inadeguato apporto di vitamina D, il vizio del fumo, l’abuso di alcoolici, inadeguata o scarsa attività fisica, inappropriato ed abuso di determinati farmaci, e ciò in considerazione del fatto che vi sono patologie che hanno di per sè complicanze ossee». Ma in merito a questa patologia è pure importante considerare il concetto della genetica, in quanto con un comportamento di vita non adeguato si modifica il proprio “DNA” (contenitore delle informazioni genetiche delle molecole indispensabili per lo sviluppo ed il corretto funzionamento della maggior parte degli organismi viventi); ed è quindi fondamentale, ad esempio, compiere una costante attività fisica il cui carico favorisce una maggiore consistenza ossea con rigenerazione continua e stimolo delle cellule del tessuto osseo. Parimenti, anche un’alimentazione che contenga calcio e vitamina D, come alcuni tipi di formaggio, e consumo di acque minerali (consigliabile 1.000 mmg. di calcio al giorno ); come pure un buon apporto è l’esposizione ai raggi solari, sia pur moderata... A questo riguardo è stato rilevato che in Italia circa l’80% delle persone è carente di vitamina D (che peraltro può essere assunta anche come farmaco), un tempo frequente causa di rachitismo, patologia oggi fortunatamente debellata tranne alcuni casi rari di origine genetica. Ma come si può fare una diagnosi precoce di osteoporosi? «È noto a tutti – ha ricordato il relatore – che l’esame classico per antonomasia è la cosiddetta “MOC” (mineralometria ossea computerizzata), esame che serve per la misurazione della quantità di calcio nelle ossa, ed è indicata soprattutto per le donne in menopausa; ma i dati di tale esame vanno integrati con i fattori di rischio: menopausa precoce, pregressi eventi di fragilità ossea, assunzione di cortisone, etc. Nel caso di un modesto valore della densitometria ossea non è indicata una cura immediata, in quanto spesso risulta essere inutile se non addirittura dannosa; è più utile invece sottoporsi al calcolo dell’algoritmo del rischio inserendo alcuni dati quali l’età, ed altri; mentre la cura è maggiormente indicata nel caso il rischio sia elevato e per i soggetti che abbiano subito una frattura ossea». Per quanto riguarda la prevenzione dell’osteoporosi ovviamente sono da evitare le cadute, che solitamente il maggior rischio aumenta con l’avanzare dell’età, fare uso di vitamina D (prodotti alimentari ed eventualmente farmaci che la contengono); migliorare le proprie condizioni di vita quotidiana evitando il più possibile ostacoli che possono essere causa diretta od indiretta della patologia. «A questo riguardo – ha rilevato il prof. Isaia – in Italia la gestione dell’osteoporosi è insufficiente: ogni anno sono 90 mila le persone che si fratturano un femore o alcune vertebre; nel 2013 il casi trattati corrispondevano soltanto al 25% nel 2015, e nel 2013 il 21%; ciò significa che circa l’80% dei pazienti non riceve una adeguata terapia; da una parte per difetto, ossia i pazienti che hanno subito fratture e che non sono trattati, e dall’altra per eccesso, ossia i pazienti che non ne hanno bisogno vengono trattati ugualmente...». Dati che il relatore ha snocciolato “fuori dai denti”, e proprio perché sono enunciati anche dal Ministero, è bene che la popolazione sappia!


Dal punto di vista odontostomatologico il problema dell’osteoporosi è stato trattato dal dott. Marco Mozzati (nella foto), odontostomatologo in Torino di trentennale esperienza, che ha “banalmente” (ma non inutilmente) ricordato l’importanza di masticare bene per una buona alimentazione, memore del detto latino “prima digestio fit ore”, ossia la prima digestione avviene in bocca. Quindi un primo indizio di salute e benessere è la salute della bocca, una bocca e relativi denti sani che quasi sempre agevolano e migliorano la qualità della vita in generale, anche perchè quasi sempre la bocca è lo specchio di determinate malattie; aspetto questo, che viene talvolta trascurato... per privilegiare il più vanitoso e smagliante sorriso. «L’osteoporosi – ha spiegato il relatore – colpisce più distretti ossei ma più raramente la bocca e il mascellare, in quanto la stessa è più soggetta a molte sollecitazioni: masticazione, respiro, sbadiglio, deglutizione, etc. Quando un paziente è edentulo (senza denti parzialmente o totalmente) diviene privo di tutte quelle sollecitazioni che mantengono il riciclo dell’osso sano e ben mineralizzato”. Oggi l’Odontoiatria ha assunto una professionalizzazione più olistica (un tempo il dentista era preposto solo all’estrazione dei denti), intervenendo sull’intero cavo orale: le varie infezioni che si possono manifestare al suo interno  sono a volte causa di altre malattie, anche autoimmuni. «Il paziente – ha sottolineato il clinico – va quindi valutato con un inquadramento più completo, anche con esami diversi, ancorché se lo stesso è affetto da osteoporosi. Le terapie devono essere più mirate e personalizzate, anche perché le condizioni legate all’età media possono comportare l’aumento di patologie sia in genere che del cavo orale». Per quanto riguarda la prevenzione delle malattie della bocca è forse ancora un po’ disattesa, ma se ben attuata risolverebbe molte complicazioni anche per il fatto che la semplice estrazione di un dente, ad esempio, può determinare una infezione od una emorragia. «Tuttavia – ha precisato – diversi sono gli accorgimenti come la corretta igiene quotidiana, i controlli periodici e magari anche la detartrasi (rimozione meccanica dei depositi di tartaro sui denti); ma purtroppo nel nostro Paese la cultura della prevenzione del cavo orale e della dentizione è assai scarsa rispetto ad altri Paesi».


Lo specialista ha ricordato che in odontoiatria l’osso sostiene i denti mantenendo loro rigidità e stabilità, permettendo così una buona masticazione, e quando si manifesta l’osteoporosi nel distretto del cavo orale può essere causa di parodontopatia, una patologia cronica solitamente non dolorosa cui segue la retrazione dell’osso, quindi l’instabilità dei denti ed in seguito l’inevitabile rimozione degli stessi. È una malattia costituzionale, facilmente individuabile in adolescenza, ed è ereditaria, ma non si riesce a debellarla mentre è possibile poterne rallentare il decorso. Questa condizione è la prima causa della perdita dei denti (edentulia parziale o totale), mentre la carie può essere curata. I fattori di rischio sono sicuramente la placca batterica per accumulo di cibo (in particolare zuccheri) non rimosso, o rimosso tardivamente, tanto che a lungo andare è inevitabile la distruzione dell’osso. «Ma vi sono anche farmaci – ha precisato lo specialista – che predispongono alla malattia parodontale come gli anticoagulanti e i calcioantagonisti, complicanza talvolta disattesa in quanto non immediata. Ma anche lo stile di vita ha la sua importanza: assunzione eccessiva di alcolici, fumo, carenza di igiene, etc. Per queste ragioni la prevenzione è molto utile con la visita periodica (compresa la storia familiare), al fine di poter stabilire una diagnosi anche attraverso l’individuazione di co-fattori (vizi e cattive abitudini, appunto), valutando nel contempo l’eventuale bassa soglia del dolore, purtroppo a volte sottovalutata dal paziente ma che in realtà nasconde l’insorgere di una patologia del cavo orale o della dentizione. Inoltre non è da sottovalutare l’importanza di una alimentazione più “appropriata” perché la frutta, ad esempio, contribuisce a detergere i denti». Ma perché l’osteoporosi può causare problemi nelle cure dentarie? Secondo il relatore a causa di più fattori che condizionano la qualità dell’osso, non legati all’aspetto fisiologico (scarso movimento, menopausa, etc,) ma all’aspetto meramente terapeutico come l’assunzione del cortisone (methotrexate), solitamente indicato per le patologie oncologiche ed autoimmuni, etc. che, di fatto, riducono le difese immunitarie dell’organismo e quindi anche quelle afferenti alla bocca. E quale il ruolo dei bifosfonati? «Sono dei farmaci in uso da oltre un ventennio – ha spiegato il dott. Mozzati – inizialmente per combattere le metastasi ossee correlate a tumori riducendo il dolore e la rivascolarizzazione dell’osso. Ma sono da considerare i rischi indiretti quale l’osteonecrosi ossia la distruzione dell’osso i quali, però, devono essere ben gestiti e utilizzati anche per il trattamento dell’osteoporosi per via orale, endovenosa o intramuscolare. L’efficacia di questa terapia ne riduce eventuali complicanze, che sono da prevedere e conoscere: il rischio dell’osteonecrosi esiste ma non è generalizzato, mentre è più elevato nei pazienti oncologici. Avendo solo l’osteoporosi, in caso di menopausa e somministrare bifosfonato orale, il rischio è irrilevante, ma è utile l’inquadramento multidisciplinare». Insomma, anche in questa disciplina più dialogo e collaborazione tra specialisti, e maggior coinvolgimento del paziente per una mirata prevenzione e una razionale e tempestiva terapia.


Foto di Giovanni Bresciani

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