ANGELO GINO TORCHIO
MEDICO E SCRITTORE
Le esperienze di un vissuto intenso accanto ai suoi
pazienti hanno fatto da corollario alla
sua “crescita” culturale. Oggi è anche membro
dell’Associazione Medici Scrittori Italiani
di Ernesto Bodini
C’era una volta il
medico di famiglia, e c’é ancora? Questa
definizione è stata considerata per decenni, poi, con l’evoluzione delle
specializzazioni, delle “rivisitazioni” delle normative e burocratiche, nonché
contrattuali, il medico di famiglia è diventato il medico di base, ovvero il
medico di medicina generale (MMG). Ma a parte l’evoluzione semantica ed
interpretativa, la conoscenza di questo professionista merita di essere più
estesa facendoci coinvolgere dai suoi interessi culturali... oltre che
professionali, poiché parte di essi sono dediti alla cultura in generale, nello
specifico, spaziano dalla musica alla pittura, dalla scultura al collezionismo,
dalla recitazione teatrale alla scrittura, etc. In quest’ultima disciplina non
sono pochi gli appassionati di poesia e narrativa (molti i romanzieri e
autobiografi); come ad esempio il dottor Angelo Gino Torchio (nella foto, classe 1949, oggi in
pensione, sposato con Ida Marcer anche lei medico di famiglia, e in pensione), specialista
in malattie dell’apparato respiratorio e per molti anni medico di famiglia a
Chivasso e frazioni della cintura di Torino.
Ho conosciuto il dott. Torchio per ragioni professionali (reciproche),
tanto da aver “vissuto” al suo fianco una giornata di lavoro (come
“ospite-osservatore”) una volta all’anno per dodici anni consecutivi,
descrivendo più volte le ricche esperienze che ne sono derivate. Ma in questi
anni ho avuto anche modo di apprezzarne le sue doti di medico-scrittore che,
seppur nella sua semplicità, ha realizzato e realizza con la passione di chi è
legato alle proprie origini e a quel vissuto umano e professionale che lo ha
visto ogni giorno, per oltre otto lustri, accanto ai suoi pazienti anziani e
non, ma tutti hanno fatto da “corollario” alla sua crescita... anche
letteraria.
Negli anni scorsi il
medico chivassese ha dato alle stampe alcune pubblicazioni di carattere
narrativo, tra le quali: “La casa del
generale”, pagg. 148, € 11,88 (Gruppo Editoriale Tipografico, 2000), e “Oltre i limiti”, pagg. 127, € 12,00;
edito in proprio, 2010. La prima trattasi di un romanzo ambientato a
Montechiaro, un piccolo paese dell’astigiano, i cui protagonisti sono i suoi
abitanti viventi e del passato. Da queste fluide pagine emerge l’amore per le
radici di ognuno, in primis quelle dell’autore, dalle quali i ricordi affiorano
e svaniscono per di nuovo emergere giorno dopo giorno. Il vissuto montechiarese
che Torchio evidenzia maggiormente riguarda il periodo adolescienziale suo e
dei residenti, lasciando quell’impronta esistenziale di ognuno legata alla
rigogliosa terra astigiana. «L’adolescenza
– precisa l’autore nella prefazione – è
un periodo di trasformazione che comunque nella vita dell’umo resta un momento
spensierato non essendo alterato dalla ipocrisia dei sentimenti né dalla
durezza degli obblighi cui ognuno di noi deve confrontarsi, purtroppo, quotidianamente».
La seconda opera è una raccolta di brevi racconti che caratterizzano lo stile
personale ed espressivo di questo medico, il cui corpus è stato in qualche modo il banco di prova per la sua
dedizione alla narrativa, peraltro inseriti ed accolti in varie occasioni di
premiazioni letterarie. Il titolo della pubblicazione è altresì la visione (in
chiave poetica) dei più comuni disturbi psichici, evidenziando il fragile
edelicato confine che unisce (quasi inesorabilmente) anzichè dividere, due
realtà tanto diverse quali sono la Poesia e l’Alienazione. I personaggi citati
sono di pura fantasia ma rappresentano un disturbo reale, anche dei giorni
nostri, in cui l’Arte è pur manifesta negli abissi dell’immaginazione
schizofrenica e delle visioni paranoiche, cogliendo il senso più umano che
solitamente è proria di chi la concepisce e di chi la esercita. Un modo di far
letteratura, quella del dott. Torchio, che a mio avviso poggia le basi non solo
sull’esperienza di medico, ma anche se non soprattutto sull’essere stato Uomo
al servizio della Persona con la quale dialogare, poichè l’empatia e
l’incoraggiamento sono i primi medicamenti da somministrare... l’Arte poi,
viene sa sè.
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