INTERVISTA AL DOTTOR
RODOLFO BUCCI
TRATTAMENTO
DEL DOLORE NEUROPATICO CRONICO CON LA NEUROSTIMOLAZIONE MIDOLLARE
Procedure terapeutiche che rientrano nella
cosiddetta “arte del posizionamento”, ma fondamentale è quanto e come riferisce
il paziente in merito alla sintomatologia, al fine di poter stabilire una
diagnosi precisa e un approccio terapeutico mirato.
di Ernesto Bodini
È specialista in
Anestesiologia e Rianimazione, docente in corsi teorici e pratici sulle
procedure con radiofrequenza e sulle tecniche di chirurgia mininvasiva del
rachide per il trattamento del dolore cronico. Membro dell’International
Association for Study on Pain, e responsabile scientifico per la Svizzera della
HBW Laboratories per il Protocollo di rigenerazione tissutale nel controllo del
dolore, e responsabile del Barolat Neuromodulation Institute (USA).
Dott. Bucci, generalmente come viene
concepito il dolore cronico, o acuto?
“Il dolore cronico viene concepito come una
grave alterazione della sensibilità fisica che il paziente difficilmente
metabolizza, ed ha carattere di soggettività; mentre il dolore acuto si avverte
al momento e per una durata limitata, ed è quindi considerato dolore “benigno”
Cosa si intende per dolore neuropatico?
“È un dolore particolare che viene mediato dalle
fibre nervose, e può essere di tipo compressivo, infiammatorio, traumatico,
etc. Ha inoltre la caratteristica che nella sua cronicità (permanente da almeno
sei mesi) non rimane collegato alla causa che lo ha determinato, ma resta un
dolore “a sé”, ossia che si “autoalimenta”
Da cosa differisce dal dolore oncologico?
“Quello oncologico è una percezione dolorosa in
presenza di una formazione tumorale, un meccanismo di difesa con cui
l’organismo segnala al cervello, tramite stimoli al sistema nervoso, la
presenza di una minaccia interna o esterna all’integrità dell’organismo stesso”
In cosa consiste la “scala del dolore?”
“La scala del dolore, detta anche scala
analogica visiva (VAS), è un metodo per valutare l’intensità del dolore
riferita dal paziente, ed è da considerare per il trattamento terapeutico del
dolore stesso. Il “valore 5” di Vas ritengo sia già il giusto algoritmo per
attivare le procedure mininvasive che può dare dei risultati, e indicare il
percorso più corretto da adottare. Ma esistono inoltre scale multidimensionali
che valutano anche altri parametri: sensoriale, motivazionale, affettivo e
cognitivo; in particolare la Brief Pain Inventory (BPI) che quantifica
sia l’intensità che la disabilità provocate dal dolore”
È ancora un luogo comune che la donna,
rispetto all’uomo, sopporti meglio il dolore?
“Non ritengo esistano sostanziali differenze nella percezione del dolore tra uomo e donna. Al di là del fatto che ognuno di noi ha una personale soglia del dolore, ritengo che questa possa rappresentare una variabile a seconda delle caratteristiche psichiche dei pazienti. Il paziente caratterialmente ansioso, depresso, isterico, psicotico o semplicemente tendente alla somatizzazione, elaborerà una percezione dolorosa completamente differente”
Il dolore acuto incontrollato quanto può
influire sulla psiche del paziente?
“Direi moltissimo. Ma tra i medici c’é una
percezione errata del dolore e mi riferisco, ad esempio, alla Legge n. 38 del
15/3/2010 relativa alle “Disposizioni per
garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”, in
quanto per molto tempo si è prescritto poco per timori infondati; in
particolare per quanto riguarda il dolore “cronico benigno” considerato come un
fatto “scontato”, quindi da sopportare con rassegnazione, e questo sembra
essere la prassi... con la conseguenza che questi pazienti vanno incontro a
depressione imbottendosi di sedativi”
Quali trattamenti sono oggi disponibili
per contenere (od abolire) il dolore neuropatico cronico?
“In primis la neurostimolazione percutanea per
le forme più “lievi”, la neurostimolazione midodollare sottocutanea perinervosa
per le forme più gravi, e la neurostimolazione farmacologica intratecale”
In cosa consiste la neurostimolazione
midollare?
“Si innestano uno o più elettrodi posizionati in
modo da trasmettere impulsi elettrici che impediscono di sentire il dolore, e
possono essere impiantati in tre sedi diverse: nello spazio epidurale a livello
della colonna vertebrale, a livello dei nervi periferici, e nei tessuti
sottocutanei per stimolare le piccole fibre nervose terminali. I tre “targets”
possono essere combinati anche nello stesso impianto. Gli elettrodi vengono
attivati da un piccolo “pacemaker” impiantato in sede sottocutanea. Si tratta
di una tecnica reversibile, poco invasiva e praticamente priva di effetti collaterali.
Inoltre, va detto, per questo trattamento non ci sono limiti di età. Oggi sono
anche disponibili dei sistemi di neuromodulazione wirless senza alcun impianto”
Cefalea e emicrania sono patologie
trattabili con i farmaci, oppure si deve intervenire con l’intervento di
neurostimolazione?
“Bisogna distinguere: l’emicrania è una
patologia per cui il dolore è diverso e può manifestarsi in sedi diverse a
livello cefalico; la cefalea cervicogenica (o di “Arnold”) si manifesta alla
base della nuca con una diramazione fino all’apice, ed a volte si estende
lateralmente (zona temporale). Questa si risolve con delle tecniche a
radiofrequenza attraverso l’applicazione di due elettrodi in quanto è causata
dall’irritazione di due grossi tronchi nervosi, e il cui effetto terapeutico è
definitivo. Spesso il profano confonde la cefalea o l’emicrania con la sindrome
trigeminale in quanto quest’ultima interessa i nervi sovraorbicolari,
sottoarticolari e mentoniero; ma questi nervi che partono dal forame di Gasser
hanno un’altra connessione con la seconda vertebra cervicale. In questi casi
per controllare il dolore la procedura è mininvasiva volta a bloccare i nervi
che fuoriescono dal secondo livello cervicale; quindi si procede impiantando
uno stimolatore midollare che, partendo
dalla zona lombare, lo si va a congiungere a livello del midollo”
Per quanto riguarda, invece, il dolore
cosiddetto da “arto fantasma”?
“Questo tipo di dolore da deafferentazione,
meglio noto come dolore da “arto fantasma”, è molto trattabile con la
neurostimolazione e, a seconda di dove si posiziona l’elettrodo, lo stesso
rimuove il dolore”
La neurostimolazione midollare è
riconosciuta dal SSN?
“In Italia ci sono ottimi Centri che appliacano
la neurostimolazione midollare, ma attualmente il limite è che questo
trattamento è particolarmente specialistico e molto costoso..., sia in ambito
privatistico che pubblico”
Da quanto tempo si pratica questa
terapia?
“Pioniere nel campo della neurostimolazione per
il controllo del dolore è il dott. Giancarlo Barolat che ha iniziato nel 1976
negli Stati Uniti, dove ha impiantato oltre 8 mila device, e oggi è considerato
punto di riferimento mondiale nel settore. In Italia la si pratica da oltre un
ventennio, ma ancora poco si fa per gli impianti sottocutanei per il
trattamento della Complex Pain Regional Syndrome (Sindrome dolorosa regionale
complessa - CRPS), ossia un dolore cronico localizzato, spontaneo o evocato,
sproporzionato per intensità e durata come quello causato dalla fibromialgia
(le cui cause sono ancora sconosciute) e che interessa diversi distretti; ma se
il dolore è localizzato la neurostimolazione sottocutanea può risolvere il
problema”
Vi sono ulteriori sviluppi da questo
punto di vista?
“Più recentemente sono disponibili gli stimolatori
midollari anche periferici in wirless: all’interno dell’elettrodo è posizionato
un microricevitore il cui segnale viene trasmesso ad un generatore esterno al
corpo del paziente, praticamente invisibile e del tutto tollerabile”
IN SALA OPERATORIA CON IL DOTT.
RODOLFO BUCCI
NELLA CLINICA TORINESE SEDES
SAPIENTIAE
Per intervento di
neurostimolazione midollare due i casi in programma
venerdì 16 giugno: un medico e
una infermiera in pensione
Il medico, 65enne, è un paziente affetto da
più patologie: diabete, cardiopatia, vasculopatia e da tempo soffre di dolore
cronico agli arti inferiori e alla schiena dovuto soprattutto per problemi
vascolari. Precedentemente è stato sottoposto ad un primo intervento finalizzato
all’introduzione di un elettrodo per la stimolazione midollare che oggi, al
controllo, è risultato essere sceso parzialmente rispetto alla posizione
iniziale, e quindi non più efficace. Il dottor Bucci procede alla sua
“ricollocazione” originaria, e prosegue con l’introduzione di un secondo
elettrodo controlaterale per controllare in modo “definitivo” il dolore
neuropatico avvertito dal paziente. Dal punto di vista pratico, dopo aver stabilito
a quale livello posizionare l’elettrodo, prosegue per via percutanea in
anestesia locale all’inserimento dell’elettrodo sotto la guida del fluoroscopio
manovrato da un tecnico specializzato; si procede con alcuni test (valutati dal
medico e da un tecnico specialista in neurostimolazione) per verificare che
effettivamente il paziente avverta la parestesia (alterazione della
sensibilità) all’arto corrispondente, quindi il catetere viene fissato
all’esterno e collegato ad uno generatore di impulsi (pace maker) a sua volta
collocato sotto cute, in questo caso in zona sopra il gluteo. L’intervento, con
la piena collaborazione attiva del paziente, è durato dalle 12,45 alle 15.00.
La seconda paziente,
70enne, si è rivolta al dott. Bucci lamentando dolori alla schiena a causa di
ripetuti interventi “correttivi” di ortopedia per pregresso trauma, e a seguito
della cosiddetta “sindrome da fallimento chirurgico spinale” (FBSS). In questi
casi, secondo il dott. Bucci, ultima “spiaggia”, è l’intervento di neurostimolazione
midollare. Anche per questa paziente, sottoposta allo stesso procedimento con
il posizionamento del catetere che avrà la durata di 15-20 giorni e, se al controllo
la paziente confermerà l’assenza di dolore, il medico procederà all’intervento
definitivo con l’applicazione del catetere collegato al generatore di impulsi,
quale risultato definitivo per la soppressione del dolore che, in questa
paziente, perdurava da molto tempo e che nessun altro tipo di trattamento
clinico terapeutico è servito, nonostante – come ha confermato la stessa –
essere stata valutata e trattata da vari specialisti. L’intervento è terminato
verso le ore 17,10. In seguito, i due pazienti hanno confermato, con ampia
soddisfazione, che il problema dolore è praticamente risolto.
ANCORA POCA CONOSCENZA
PER IL TRATTAMENTO DA PARTE DEL SSN
Sono circa 8 milioni
le persone con oltre 65 anni di età che soffrono di un dolore cronico grave che
dura quasi sempre da oltre un anno, e che in un caso su due limita le attività
quotidiane; di questi il 60% non viene curato in alcun modo e la sofferenza è
del tutto sottostimata oltre che non trattatata (poco o nulla). Il dolore,
specie se neuropatico cronico (quello oncologico merita una considerazione a
parte) è quindi un segno da decifrare che bisogna imparare a conoscere,
valutare e misurare per poterlo trattare in modo adeguato: in maniera elettrica
o chimica, ossia con la neuromodulazione midollare o con l’infusione di
farmaci, quali ad esempio la morfina (legge 38/2010). Purtroppo, secondo il
dott. Bucci, ma è un luogo comune, in quanto ancora insufficiente (a livello
medico e non) la conoscenza della tecnica di applicazione relativa alla
neurostimolazione midollare, preferendo talvolta altre indicazioni come la
somministrazione di farmaci antidolorifici i quali non sono privi di effetti
collaterali... Va inoltre rilevato che con la neuromodulazione sacrale si
possono ottenere risultati per problemi di incontinenza, ritenzione urinaria e
dolore pelvico. «In particolare, oggi,
con l’introduzione sottocutanea di un piccolissimo “chip” a livello della
caviglia – precisa il dott. Bucci – siamo
in grado di eliminare la maggior parte dei dolori pelvici, soprattutto la
nevralgia del pudendo, grande problema per molte donne. Tale metodica consiste nell’invio di piccoli
impulsi elettrici ad un nervo sacrale che controlla la funzione di svuotamento
e riempimento della vescica». È bene quindi sapere che oltre al trattamento
in strutture private, in Italia sono diversi i Centri ospedalieri per il
trattamento del dolore neuropatico cronico in quanto tale prestazione rientra
nei Livelli essenziali di assistenza (LEA), peraltro recepiti da tutte le
Regioni. Il farne ricorso, oltre alla precisa indicazione, richiede un determinato
iter ed essere inseriti in liste di attesa relativamente brevi...
“penalizzando” questi pazienti che talvolta sono costretti a ricorrere in
strutture private affrontando costi non certo irrilevanti. Si chiamano "Hub" (come i grandi
aeroporti internazionali) gli ospedali che offrono le cure migliori, il massimo
di eccellenza specialistica per la cardiologia, l´ictus, il trauma grave, la neurochirurgia
e l´oncologia. La
struttura di livello Hub è preposta ad erogare interventi diagnostici e
terapeutici ad alta complessità (farmacologici, chirurgici, psicologici
variamente integrati) finalizzati alla riduzione del dolore e delle disabilità
delle persone con dolore, acuto e cronico, in regime ambulatoriale, di ricovero
ordinario e di day-hospital o attraverso modalità alternative previste dai vari
ordinamenti regionali. Garantisce la gestione del dolore attraverso un
approccio interdisciplinare per le patologie complesse, sia con team dedicati
che con rete di consulenze. Alla struttura Hub possono essere affidati i
compiti di sorveglianza delle innovazioni tecnologiche e di monitoraggio dei
processi di cura complessi e i registri per le procedure a permanenza.
Foto di E. Bodini (le due immagini in basso sono relative
alle fasi di intervento)
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