UNO SGUARDO ALLA EMANCIPAZIONE FEMMINILE IN ITALIA
Significative tappe storiche per un progresso in ascesa alla
conquista della parità
di Ernesto Bodini
Per
capire e farsi una ragione dei molteplici problemi esistenziali che riguardano
l’umanità bisognerebbe risalire alla Genesi: il perché della stirpe, ossia da
Adamo ed Eva e Caino e Abele ad oggi. Indubbiamente è un’indagine in cui ci
perderemmo sin dall’inizio, soprattutto se non si hanno nozioni di Teologia,
Filosofia, Antropologia, Sociologia ed altro ancora e, questo, al di là del
“credo” individuale e della propria religione di appartenenza. L’intento
sarebbe quello di capire, o almeno di ipotizzare le ragioni del comportamento
di ciascuna persona, il modo di relazionare con i propri simili e quali valori ciascuno
ha inteso e intende dare ad ogni forma di vita umana (e animale) in
particolare. In ogni caso si è sempre discusso sui ruoli delle due specie: uomo
e donna, e di genere... ma in realtà, io credo, nessun teologo, filosofo,
sociologo o antropologo è riuscito a darci conferme prive di dubbi in merito.
Per molto tempo le donne, nei vari contesti culturali e di origine, sono state
considerate “inferiori” rispetto all’uomo; spesso un accessorio del capofamiglia
(padre o marito). Soffermandoci sulla nostra realtà locale e senza allontanarci
troppo dalle epoche, nel Codice di Famiglia del 1865 le donne non avevano il
diritto di esercitare la tutela sui figli legittimi, e neppure essere ammesse
ai pubblici uffici; inoltre se sposate, non potevano gestire il denaro
guadagnato con il proprio lavoro; e secondo l’art. 486 del Codice Penale per la
donna adultera era prevista una pena detentiva, mentre il marito veniva punito
in caso di concubinato. Con il Risorgimento italiano, fa notare Valentina
Piattelli nel suo trattato “Storia
dell’emancipazione femminile in Italia” (www. storia del XXI secolo.it/larepubblicadonne.htm),
il dibattito sui diritti delle donne, la loro educazione ed emancipazione fu
assai provinciale, tanto che non furono pochi i pensatori del tempo a ribadire
la soggezione della donna. In particolare, il filosofo e patriota torinese
Vincenzo Gioberti (1801-1852) sosteneva che «la donna è in un certo modo verso l’uomo ciò che è il vegetale verso
l’animale, o la prima parassita verso quella che si regge e si sostenta da sé»;
mentre il filosofo e presbitero trentino Antonio Rosmini (1797-1855),
anticipava: «compete al marito, secondo convenienza della natura, essere capo e
signore; compete alla moglie, e sta bene, essere quasi un’accessione, un
compimento del marito, tutta consacrate a lui e dal suo nome dominata». Affermazioni
alquanto “lapidarie” e maschiliste, o comunque non troppo delicate, che
rispecchiavano la concezione e la cultura dell’epoca, ma non per questo il
diritto della donna a considerarsi pari (e non superiore) è rimasto
offuscato...; anzi, col passare degli anni abbiamo assistito ad una progressiva
evoluzione culturale e di costumi.
Ecco
alcuni esempi, soprattutto in Italia, a partire dal ‘900. Con il Regio Decreto
dell’agosto 1905 le donne sono ammesse all’insegnamento nelle scuole medie; nel
1907 la legge n. 416 sul lavoro delle donne (e dei fanciulli) vieta il lavoro
notturno alle donne di qualsiasi età, e l’anno successivo nasce il Corpo delle
infermiere volontarie della Croce Rossa. Nel 1910 è costituita una Cassa di
maternità a sussidio delle operaie; nel 1919 con la legge Sacchi le donne sono
riconosciute idonee alla maggior parte degli impieghi statali; e con la successiva
legge n. 1.176 sulla emancipazione femminile viene abolita l’autorizzazione
maritale, ammettendo tutte le donne ad esercitare quasi tutte le professioni,
anche se nel 1921 l’analfabetismo femminile è del 30,4% contro il 24,4% degli
uomini. Nel 1925 viene approvata la legge sulla protezione e assistenza alla
maternità e infanzia, e istituita l’Opera Nazionale Maternità e Infanzia (ONMI);
nel 1942 viene approvato il nuovo Codice Civile che riproduce le norme del 1865
sulla condizione delle donne; tre anni dopo il Dlgs.lgt n. 23 del 1° febbraio
riconosce alle donne il diritto di elettorato; il 2 giugno 1946 al referendum
per eleggere i deputati dell’Assemblea Costituente per la prima volta le donne
esercitano il diritto di voto. Nel 1956 la Corte di Cassazione stabilisce che
al marito non spetta il potere correttivo (jus
corrigendi) nei confronti della moglie e dei figli; nel 1960 viene sancito
l’accordo salariale sulla parità di salario nell’industria. Nel 1963 è
approvata la legge 9 gennaio n. 7 che vieta il licenziamento per matrimonio e
una legge di modifica tutela le lavoratrici madri. Nel 1968 la Corte
Costituzionale dichiara incostituzionale la disuguaglianza dei sessi nella
punizione dell’adulterio; due anni dopo, con la legge dell’1/12/1970 è approvata
la legge sul divorzio; nel 1975 è approvata la legge n. 151 di riforma del
diritto di famiglia, che sanziona la parità dei coniugi; nello stesso anno
l’Onu proclama il Decennio 1975-1985 decennio della Donna. Il 22/5/1978 è
approvata la legge n. 194 sulla tutela sociale della maternità e
sull’interruzione volontaria di gravidanza. Nel 1981 è approvata la legge n.
442 che abroga la rilevanza penale della causa d’onore come attenuante
nell’omicidio del coniuge infedele; nel 1984 la Corte Costituzionale stabilisce
la parità tra padri e madri circa i congedi dal lavoro per accudire i figli.
Nel 1996 è approvata la legge 15/2/1996 n. 66 contro la violenza sessuale, che
punisce lo stupro come delitto contro la persona piuttosto che contro la morale,
come in precedenza.
SINORA CONQUISTE SOFFERTE MA MERITATE
Ma i femminicidi sembrano essere una
sorta di cospirazione. Sino a quando?
Dedicarsi
a questo argomento, ormai un bollettino di guerra, è a dir poco retorico ma non
abbastanza se lo si vuole affrontare con il massimo impegno sia dal punto di
vista politico che socio-culturale ma anche antropologico. Non sono certo io la
persona più indicata per un radicale e “tecnico” approfondimento, di quello che
si può definire uno zoccolo duro tra gli eventi negativi della società che ci
tocca ogni giorno sempre più da vicino... ben cinque casi in questi ultimi
giorni nel nostro Paese. Eppure le pene sono previste dal nostro Codice, ma evidentemente
non sono un sufficiente deterrente: gelosia, senso di potere e appartenenza
(padre-marito-padrone), invidia, rancore, mancata rassegnazione e vendetta,
sono tutti ingredienti paragonabili a mine vaganti e con la miccia sempre
accesa pronte ad esplodere. E come è possibile che questa piaga possa perdurare
nel tempo lasciando che menti umane contorte si “avvalgano” della vita altrui?
I casi di efferatezza con cui vengono compiuti determinati femminicidi (e
delitti in genere) ci riportano ai tempi dell’Inquisizione (per citare un’epoca),
tanto da additare l’uomo tra gli esseri viventi più spregevoli: nemmeno le
bestie più feroci oserebbero tanto se non per motivi di sopravvivenza e di
difesa del prorio territorio, forse perché non sono dotate dell’intelletto, ma
dal loro istinto animalesco l’uomo potrebbe forse imparare... Mi sto ora accorgendo
di “scivolare” nel baratro dell’antropologia dal quale non saprei riemergere,
ma in ogni caso si può fare una ferma considerazione: nessuno, a tutt’oggi, ha
potuto sondare oltre la mente umana e, poiché la stessa è spesso imprevedibile,
non ci è dato a sapere (a parte i casi identificati dalla Scienza medica) chi è
candidato a compiere ogni sorta di scempio e chi no. Vorrei però ricordare
ancora una volta a tutto il genere umano, uomini in particolare, quanto
sosteneva William Shakespeare (1564-1616) «la
donna uscì dalla costola dell’uomo, non dai piedi per essere calpestata, non
dalla testa per essere superiore. Ma dal lato, per essere uguale, sotto il
braccio per essere protetta, accanto al cuore per essere amata». Un
indubbio riferimento alla Genesi che una mente “disturbata” non potrà mai
comprendere e tanto meno rispettare.
Le
immagini sono tratte, rispettivamente, dai siti: meteoweb.eu; macitynet.it;
ansa.it
Commenti
Posta un commento