LA SAGA DEGLI “ONOREVOLI” ITALIANI
Un Paese dal
continuo “regresso” culturale a discapito dell’umiltà con l’eterna
ambizione del
voler apparire anziché dei più “intelligenti” essere e saper fare
di Ernesto Bodini
Il
nostro è certamente un Paese straricco di vezzi e consuetudini dure a morire
come gli abusi di potere e le megalomanie. Fra queste, si lamenta tuttora e da
più parti, il vezzo di deputati e senatori di titolarsi “Onorevole”. Una forma
di autoincensamento che, a ben riflettere, ha poco di signorile e che fa per
nulla “onore” ai rappresentanti di un Paese sempre più alla deriva, sia dal
punto di vista della gestione politica che da quello dell’etica e della
moralità, soprattutto in fatto di “non trasparenza”... E questo, in molteplici
circostanze. Quella di farsi chiamare onorevole, tra l’altro, va di pari passo con
gli italiani in possesso di un titolo di Laurea accademica (anche se solo
triennale che ha prodotto e produce una miriade di dottori... disoccupati) con
l’abitudine di farsi chiamare con l’appellativo di Dottore, Ingegnere, Avvocato, ed ancor peggio di Ragioniere, Geometra, Maestro, per
non parlare poi dell’eccessivo malvezzo titolo di Perito Industriale (P.I.), le cui iniziali comparivano anni fa persino
negli elenchi telefonici, etc. Titoli pretesi anche al di fuori del proprio
ambito professionale, ed ancora più incisivamente riportati sulla propria carta
da lettera e biglietti di visita, mentre appare più semplice e razionale farsi
appellare Signor, Signora, Signorina. Ma tornando al termine “Onorevole”, quali sono le sue
origini? Secondo fonti comuni pare che bisogna risalire all’epoca dell’Unità
d’Italia (con inizio dal 1848), in quanto Camillo Benso conte di Cavour (foto in alto) ritenne di riconoscere a
tutti i deputati il titolo di “onorevole”, non potendo estendere ai borghesi i
titoli nobiliari, e ciò, nonostante tale titolo non esistesse in nessun altro
Parlamento del mondo. E fu così che da allora di tale appellativo si fregiarono
i nostri parlamentari per quasi ottant’anni, ossia fino al 1939. Da qui in poi
(siamo in piena era fascista) Achille Starace (1889-1945), segretario del
Partito Nazionale Fascista, decise di abolirlo con quello che veniva definito
Foglio d’Ordini n. 1.277 del 4 marzo 1939, e di sostituirlo con il titolo di “Consigliere nazionale”. Dopo la caduta
del Fascismo, e la nascita della Repubblica, i deputati “democratici” hanno
ripreso a fregiarsi di questo “inappropriato” titolo.
Ora,
se si vuole far fede alla semantica, onorevole induce all’interpretazione di persona
degna di rispetto, di stima, che fa onore, che non lede, che non pregiudica
l’onore, etc.; ma un conto è l’attribuzione di un titolo sulla parola e sulla
carta, ben altro invece, il valore e l’onestà intellettuale di meritarlo. A
giudicare dagli eventi di cronaca continuano ad aumentare i politici (sentaori
e deputati) indagati, inquisiti e condannati e, ciò nonostante, il titolo di
onorevole non riescono (o non vogliono) scrollarselo di dosso...! Da qui s’impone,
per così dire, l’arroganza di molti personaggi pubblici, gran parte dei quali
si risente se non citata con “l’amato” titolo, snobbando con tracotanza i
colleghi di altri Paesi che si fanno appellare più semplicemente Mister, Monsieur, Herr, Dame, Miledy, Miss, Madame, etc. Anche in una delle tante
Sedute al Parlamento Europeo i politici italiani non hanno perso l’abitudine di
usare l’appellativo di Onorevole. Ma ciò non basta perché anche i mass media,
in gran parte, non mancano di riportare tale titolo di questo o quel
parlamentare e, di conseguenza, va da sé che il vezzo politico-italiano sarà
duro a morire...
E se non fosse
troppo temerario, oserei rammentare quanto sosteneva G.B. Shaw (1856-1950),
ossia: «Non
c’è alcun membro del nostro Parlamento che non sia idiota almeno per un’ora al
giorno. La saggezza consiste nel non superare l’ora». Una forma di “idiozia”, a mio
avviso, che comincia proprio con il volersi distinguere (peraltro senza alcun
merito) dagli altri comuni mortali.
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