Alcune riflessioni sugli eventi quotidiani dell’esistenza umana
LA LUNGIMIRANZA DI A. SCHWEITZER E IL RIGORE MORALE DI E. KANT
di Ernesto Bodini
È inutile illuderci!
Alla luce dei fatti che si verificano ormai ogni giorno in Italia e nel mondo,
puntualmente raccontati dai mezzi di comunicazione, dobbiamo constatare che la
nostra civiltà ha sempre meno sentimenti umani (le eccezioni sono sempre
sottintese), e questo perché siamo uomini troppo poco umani. Quest’ultima è
una constatazione che già sosteneva il filosofo e filantropo Albert Schweitzer (1875-1965),
il quale aggiungeva: «... abbiamo perso
di vista l’ideale della spiritualità, occupati come siamo a pensare agli affari
degli uomini, anziché al fatto che la nostra bontà e compassione dovrebbero
estendersi a tutte le creature...». Anche oggi, come allora, la religione e
la filosofia non hanno avuto e non hanno sufficiente carisma per insistere quanto
basta sul fatto che dovremmo essere più buoni e compassionevoli con tutti gli
esseri viventi. Secondo il pensiero europeo moderno, oggi sempre più
“insistente”, stiamo vivendo una vera e propria tragedia: i legami originari
tra un atteggiamento positivo nei confronti del mondo e l’etica, si stanno
velocemente e irreversibilmente allentando tanto che alla fine verranno
troncati del tutto.
Come biografo e come
comune osservatore degli eventi esistenziali sento la mancanza (ma vorrei che
la sentissero tutti) della figura e dell’esempio del dottor Schweitzer, la cui dedizione
ai popoli più poveri e diseredati ha voluto essere un minimo esempio di quella
civiltà di cui tutti abbiamo bisogno; si vedano ad esempio le popolazioni
martoriate quotidianamente dal dispotismo islamico, che si arroga il potere
assoluto di vita e di morte dei propri simili; una inciviltà (sia pur
considerando la fede per la propria religione di quei popoli) che si perpetua e
che tende a non aver fine, nonostante gli “sforzi” del Padre della Chiesa
Cattolica volti ad invocare la pace e il bene comune. Oggi il nostro Pianeta è
popolato da circa 7 miliardi di persone, e 1 miliardo di queste non ha facile
accesso all’acqua potabile; per non parlare poi dei molteplici e ricorrenti
esempi di carestia ed altrettanti di lesione alla dignità umana. Alla luce di
tutto questo, mi chiedo: se esistesse il dottor Schweitzer con il suo esempio
di etica e di altruismo alcune situazioni prenderebbero una piega diversa? Non
è certo facile rispondere a questa domanda, ma richiamare alla memoria il suo
rigore morale, magari rievocando il suo “incisivo” intervento sul tema della
pace nel mondo, in occasione del conferimento del Premio nobel nel 1953 ad
Oslo, potrebbe (forse) risvegliare qualche coscienza, a cominciare da chi
detiene poteri nella conduzione di una nazione, e quindi nei confronti dei
propri... sudditi. La mia non vuole certo essere una sollecitazione morale tout court, in quanto sarei la persona
meno indicata, quale “peccatore” appartenente alla collettività, ma intenderei
convogliare me stesso e il mio prossimo nell’antro della doverosa riflessione
sulle notevoli differenze tra il bene e il male ad opera degli esseri umani.
Una sorta di invito anche per credere che se ci fosse tra noi un nuovo Albert
Schweitzer, egli stesso non confonderebbe il verbo umanitario con l’imponenza
della politica, e con quell’arrogante militanza di chi pretende trasfondere in
ognuno virtù senza averne il benché minimo diritto, se non prima aver recitato
un doveroso “mea culpa!” Per tutte queste ragioni, e per tante altre ancora, ci
manca davvero un nuovo dottror Schweitzer. Ma vorrei concludere, rivolgendomi
in particolare ai troppo entusiasti del volontariato, con una forte
affermazione di Emmanuel Kant (1724-1804): «Fare
del bene ha soprattutto valore quando lo si fa controvoglia, e si sa di non
ottenere gratitudine». Un credo che, a mio avviso, non è in controtendenza
con le scelte del filosofo alsaziano, ma più semplicemente un più rigoroso
atteggiamento per meglio onorare le nostre scelte di vita a favore dei nostri
simili più bisognosi.
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