L’arte teatrale nel carcere di Quarto d’Asti
Anche una leggera e volteggiante piuma può
essere messaggio di cultura e di speranza
di Ernesto Bodini
È auspicabile che ogni
intraprendenza socio-culturale che poggia le basi sul piedistallo della bontà e
della comprensione dei drammi altrui, si proponga di “lenire” le sofferenze
anche di coloro che non hanno voce, e per questo anche il carcere è luogo dove
è possibile ascoltare emozioni e desideri da parte delle associazioni di
volontariato… votate alla considerazione umana ed al rispetto di questi…
silenziosi ospiti. Tra queste la Compagnia di teatro di figura In Volo e
l’associazione onlus La Brezza che, il 14 scorso, sono state ospiti nella Casa
Circondariale di Quarto d’Asti per rappresentare lo spettacolo “La piuma… e
il suo viaggio”, una performance realizzata dalla psicologa e arteterapeuta
Josephine Ciufalo, nel contesto del progetto La Piuma; dallo psicologo
clinico Simone Zaccone, dallo scenografo teatrale Marco Zicca e dal musicista
Sandro Martinotti che, in sinergica composizione, hanno fatto parlare figure
d’ombra e burattini sul copione della favola morale La Piuma (l’opera
postuma di Giorgio Faletti), i cui protagonisti: un re, un cardinale, una
ballerina e l’uomo del foglio bianco, hanno sottolineato il corpus delle
condizioni umane nella sua più profonda essenza. La favola, dal sapore antico e
recitato con l’ausilio di artisti “di pezza” ma dal cuore vero, racconta di un
re assetato di potere, di un cardinale che prega ma nel contempo riduce agli
stenti i contadini che lavorano la sua terra, e di una ballerina che incanta il
mondo con la leggerezza dei suoi sinuosi movimenti, accomunati dall’egoismo
mentre una leggera piuma svolazza nell’aria tesa a mutare le sorti di ognuno. Una
performance teatrale dalla forte simbologia che, proprio ravvivata dai pupazzi
e dai burattini ed un marcato sfondo musicale, richiama i concetti di speranza
e di apertura verso la vita. Un messaggio-invito che i molti detenuti presenti
in sala hanno fatto proprio non solo applaudendo allo spettacolo, ma anche
scrivendo su una ideale piuma (di carta) pensieri, emozioni e desideri dando
adito a quel confronto umano… ben lontano dalla loro personale realtà. Una
prima tappa di un tour che porterà la rappresentazione in dieci carceri
italiane, ma anche in altre europee, dove prenderà sempre più corpo il progetto
“La Piuma” che, tra gli obiettivi vi è il coraggio di affrontare il rischio e
l’opportunità dell’incontro dell’Altro, e allontanarsi sempre più da rancori,
delusioni, diffidenze e convinzioni di autosufficienza…, «ma soprattutto
– precisano gli autori del progetto – la possibilità, anche solo per un
breve istante, di volgere lo sguardo all’immensità che ci circonda e che è
dentro di noi, ossia quel cielo azzurro che nel quale volteggia una piuma
fiduciosa di affidarsi ai mille volti dell’esistenza; ovvero, la possibilità di
essere pienamente umani, bambini e adulti al tempo stesso, al di là e oltre il
tempo perché ricchi di qualcosa che il trascorrere degli anni non ci può
togliere… la possibilità di sognare e sperare».
A corredo della
rappresentazione una tavola rotonda per porre in discussione l’utilità del
teatro e delle manifestazioni artistiche nell’ambito del trattamento
rieducativo all’interno delle carceri italiane. Vi hanno partecipato la
presidente della Biblioteca Astense “Giorgio Faletti”, la signora Roberta
Bellesini (vedova dello scrittore); l’educatrice della Casa di Reclusione
Quarto d’Asti, Maria Viecca; la presidente dell’associazione La Brezza, Lucia
Sartoris; gli artisti dello spettacolo Josephine Ciufalo (nella foto) ,
Simone Zaccone, Marco Zicca, Sandro Martinotti; la criminologa Marisa
Brigantini; la psicoterapeuta della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno,
Jessica Ferrigno; il referente per il Centro Servizi Volontariato di Asti,
Carlo Picchio; l’artista astigiano Antonio Catalano, il regista Giuseppe
Fatiga, e chi scrive in veste di critico d’arte. Un dibattito semplice, e
particolarmente partecipativo, attraverso il quale la platea ha potuto
manifestare apertamente il desiderio di un ritorno di questa esperienza
teatrale, avendo colto l’opportunità di tramutare l’immaginazione e la metafora
in una realtà che non deve essere preclusa, affinché ogni detenuto possa uscire
dal silenzio e dar voce al proprio Ego da tempo represso, che oggi non
si impone ma chiede di essere ascoltato. Un desiderio che la Compagnia teatrale
ha cercato di soddisfare, come pure vorrà appagare i residenti delle case di
riposo, i degenti di strutture psichiatriche e gli allievi delle scuole
primarie. Tutti uniti nel concetto che le persone che riescono in questo mondo
non sono quelle che vanno alla ricerca delle condizioni che desiderano, e se
non le trovano le creano.
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