L’ARTE DI STRADA A TORINO DI
MIRKO CHERCHI
Fantasia e semplice
gestualità con le mani riprodotte su un telo bianco retro illuminato, danno vita
ad ombre cinesi per riportare in auge una antica cultura un po’ assopita, ma
decisamente da valorizzare
di Ernesto Bodini

Infatti,
qualche giorno dopo ci incontriamo più o meno nello stesso luogo della sua
esibizione. E subito gli domando chi è Mirko Cherchi. Con spontaneità e un
sorriso che gli illumina il volto, risponde: “È una persona fortunata che guarda l’arte di strada con il “lusso” di
chi ha un normalissimo lavoro come dipendente di una azienda del bilellese
(dove risiede), e una famiglia, una sicurezza economica. Insomma, una persona
normale che non ha l’ansia di “rimediare la giornata” dopo qualche
rappresentazine… di strada. Del resto, non sono il solo che si esibisce per
passione, o meglio ancora per amore dell’Arte”. Già, perché Mirko è prima
di tutto un attore, un ruolo che ha intrapreso con la recitazione sin da giovanissimo,
frequentando nel tempo corsi e seminari con diversi docenti in sedi di
Accademia nazionale del comico, e Teatro dell’oppresso; oltre a seminari di
recitazione cinematografica. Dal 2007 è sul palco della “recitazione
mimico-gestuale” con alla base lo studio delle ombre come espressione teatrale
artistica, rievocando scene del regno animale dove anche l’uomo fa da sfondo
alla sua fantasia, il tutto rivisitato in chiave moderna e davvero divertente.
Le
piazze di città come Milano, Torino, Roma ed alcune della Liguria sono il suo
palcoscenico abituale, dove ammiratori giovani e meno giovani seguono e
applaudono divertiti le sue performances, al termine delle quali il suo umile
grazie contornato da un largo e radioso sorriso lo appaga della sua dedizione
“extra lavorativa”. La passione per questa antica arte, che personalmente
potrei definire “espressione artistica del viandante senza confini”, apparentemente potrebbe sminuire questo
corpus di attori, ma in realtà valorizza la volontà del loro imporsi per
trasmettere alla collettività quell’humus culturale e sociale di cui tutti
abbiamo bisogno. Quindi, anche in questo caso, arte e cultura è binomio
inscindibile, «un investimento –
precisa Cherchi – con ricaduta
territoriale, anche dal punto di vista turistico». E va oltre: «L’arte di strada è anche poesia, poiché il
nostro esprimere deve essere concepito come atto poetico, una concezione che
deve partire prima da noi artisti di strada, avendo la concezione che stiamo
per comunicare qualcosa a qualcun’altro, in un mondo dove la comunicazione
converge in tutte le attività esprimibili dallo scibile umano. E io credo che
ciò contribuirebbe a fare della ricerca perché l’Arte di per sé è anche
ricerca, e per questo non è mai confinabile, come il pensiero…».
L’esperienza di questo artista, oggi poco più che quarantenne, gli ha dato
un’apertura mentale, verso orizzonti liberi, con la piena consapevolezza che la
multidisciplinarietà degli approcci è un modo di vivere e concepire la propria
esistenza con una forte propensione alle attività umanistiche. «Recitare per strada – conclude Cherchi –
vuol dire dare qualcosa di più agli
altri, oltre che a se stessi, e questo te lo insegna il pubblico che ti
osserva, ti approva o che tira dritto, ma in ogni caso comporta un lato
formativo che forse la scuola non trasmette». La “strada”, è vero, non
perdona, è un giudice “severo” e, per questo, l’esprimere di questi artisti
(peraltro pienamente consapevoli) deve essere semplice, spontaneo, magari anche
infantile, capace di far sognare ognuno entrando in punta di piedi nel labirinto
della sua psiche, dove il ludico e il creativo possono albergare senza uscirne.
Anche per tutte queste ragioni l’arte di strada potrebbe entrare in qualche
reparto di un ospedale pediatrico e, a questo riguardo, Mirko Cherchi con le
sue fantasie d’ombra potrebbe strappare un sorriso ai piccoli degenti. Un
proposito, promette, che potrà concretizzarsi nel prossimo futuro.
Nelle foto due momenti delle performance dell’artista
biellese in giro per l’Italia.
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