LE RSA SANTA MARIA DELLA STELLA
E SAN GIOVANNI BOSCO
Nel cuore della periferia
torinese un Complesso Residenziale per anziani lungodegenti (e non) gestito
dalla Santa Croce Srl in collaborazione con la Cooperativa Nuova Assistenza.
Professionalità, dedizione e spirito di “alleanza” sono le caratteristiche
essenziali di un “corpus” operativo per l’assistenza di pazienti fragili che
non conoscono “l’abbandono”
Più la popolazione invecchia e più il territorio ha bisogno di essere
potenziato in fatto di strutture, soprattutto quando si tratta di far fronte
alle esigenze socio-assistenziali della popolazione anziana, ancorché affetta
da pluripatologie. Una realtà che riguarda non solo una grande città come
Torino, ad esempio, ma anche la periferia (altrettanto estesa) come quella del
Comune di Rivoli e le sue Frazioni (Cascine Vica). È il caso delle Residenze
Sanitarie Assistenziali (RSA) Santa Maria della Stella e San Giovanni Bosco del
Gruppo Santa Croce S.r.l.; un complesso residenziale vero e proprio (direttore
sanitario dott.ssa Luisella Cesari, direttore amministrativo dr.ssa Zaira
Feroldi) appartenente all’Asl To/3 in accreditamento socio-sanitario dal giugno
2015. Sono stato ospite nei giorni scorsi in particolare per visitare queste
due strutture, rispettivamente di 80 e 120 posti letto disposti su 5 piani
suddivisi in nuclei (due per ogni piano), a pieno regime medico-sanitario e
assistenziale. Vengo accolto per la visita e la descrizione dalla coordinatrice
infermieristica Tina Santangelo. Ogni piano (speculare l’uno rispetto
all’altro), oltre a stanze a due posti letto e servizi interni (con televisore
e telefono), è dotato di un soggiorno (con televisore) ampio e luminoso, e una
sala per medicheria. Il clima è sereno: alcuni pazienti sono seduti ad un
tavolo, altri in carrozzina, altri ancora camminano nei corridoi con l’ausilii di deambulatori, pochi altri sono un po’ più autonomi. «L’età media dei nostri “ospiti” – spiega l’infermiera Santangelo,
con ventennale esperienza – è di 85-95
anni; tra questi ve ne sono alcuni che per l’età e la patologia sono allettati.
Le patologie più ricorrenti riguardano esiti di ictus (più o meno gravi),
cardiopatie, vasculopatie cerebrali, postumi di fratture, e diversi i casi
affetti da depressione. La degenza è permanente e, in taluni casi, è da
considerarsi di “sollievo” in quanto il ricovero è temporaneo per far sì che i
loro famigliari possano meglio “organizzare” le gestione del proprio congiunto,
e poterlo riavere in famiglia». Tutti i degenti hanno il proprio medico di
base, solitamente lo stesso sul territorio prima di essere ricoverati. «La consulenza medico specialistica –
spiega la mia interlocutrice – è
prevalentemente di carattere neurologico, quasi sempre richiesta dal proprio
medico di base (di famiglia), mentre in caso di eventi acuti e particolarmente
gravi si afferisce all’ospedale di Rivoli. Ogni infermiere, coadiuvato da Oss,
è responsabile di un nucleo con un carico di 20 pazienti ciascuno, dei quali
conosce le rispettive “caratteristiche” sanitarie e socio-assistenziali,
ottenendo dagli stessi fiducia instaurando un buon rapporto empatico. Il corpus
infermieristico è composto da 14 operatori, che si alternano in tre turni nelle
24 ore”.
La giornata in queste strutture si svolge in modo comune e regolare. Il
personale che inizia il servizio alle 6.00 rileva le consegne dei colleghi del
turno di notte, confrontandosi sugli aspetti assistenziali o necessità di
carattere medico. Seguono l’alzata, la vestizione, l’igiene dei pazienti e la
distribuzione della colazione da parte delle Oss (coordinate da Caterina Donà),
mentre le infemiere/i provvedono alla somministrazione della terapia. Quindi,
quasi tutti sostano in soggiorno chi dialogando, chi sonnecchiando e chi
deambulando da un corridoio all’altro. Verso le 12.00 viene distribuito il
pranzo, eventuale terapia e, il primo pomeriggio, quasi tutti i degenti fanno
riposo nelle proprie stanze. Intorno alle 16.00 (nel frattempo è subentrata per
il turno pomeridiano l’infermiera Antonella Bianco, che ha rilevato le consegne
delle colleghe del mattino) viene distribuita la merenda e se il caso con
qualche intrattenimento, grazie alla presenza di animatori, alla collaborazione
con l’Università della Terza Età (Unitré), del Servizio Emergenza Anziani (SEA).
Per la maggior parte sono presenti i loro congiunti, soprattutto nelle ore dei
pasti, momenti di un intenso “approccio” famigliare per continuare quel dialogo
che in realtà non si è mai interrotto, e “intensificato” dagli operatori
presenti e collaborativi nel rispettivo nucleo. Alle 18.30 viene distribuita la
cena e prima di essere coricati viene somministrata la terapia della sera. La
giornata per parte dei ricoverati comprende anche l’attività in palestra, dove
i fisioterapisti li intrattengono con mirati e personalizzati esercizi di
ginnastica attiva e passiva. «In taluni
casi – spiegano due di questi professionisti, giovani ma particolarmente
dediti – gli esercizi si svolgono sia al
mattino che al pomeriggio, e contribuiscono a prevenire l’ipotonia muscolare la
quale non solo ha effetto motorio ma anche psicologico. Funzioni che in molti casi
sono utili al mantenimento delle abilità residue, e in altri di recupero
fisico-motorio». Commovente il mio incontro con il signor Domenico, un
ospite di 84 anni, ancora in buona forma fisica ma soprattutto mentale che, con
voce sommessa e un pizzico di orgoglio, mi racconta di essere stato per molti
anni un taxista e un tranviere; ma soprattutto, ci tiene a precisare, un
appassionato “artista”: nella sua stanza, che condivide con un quasi coetaneo,
alle pareti sono esposte alcune sue piccole opere che ha realizzato con diverse
tecniche. La sua è una libera interpretazione dell’arte grafica e scultorea che
“esibisce” con velata vanità, ma al tempo stesso quasi con il timore di non
essere compreso… e magari anche apprezzato.
La massima trasparenza di queste due strutture prevede la possibilità di
compilare un questionario per esprimere osservazioni e/o suggerimenti, che
vengono raccolti ogni mercoledì per essere discussi nel corso del briefing che, di fatto, si fa ad ogni
inizio mattina con il direttore sanitario, il direttore amministrativo e il
personale infermieristico unitamente al Coordinatore Oss e alle Oss di turno. «È compito nostro – spiega la dott.ssa
Cesari – valutare e risolvere le
eventuali criticità segnalate; un impegno quotidiano che viene “affrontato” con
la massima partecipazione ed obiettività, date dal fatto che tutti gli
operatori sono particolarmente motivati…». Ma qual è, in sostanza, il ruolo
del direttore sanitario? «Non di tipo
curativo e di diagnosi – spiega Cesari – ma di “supervisione” del benessere generale e sanitario dei pazienti,
oltre ad avere incombenze di carattere organizzativo per quello che riguarda il
personale, e questo in collaborazione con il direttore di Struttura e talora
con i responsabili della Cooperativa che gestisce la stessa. Va da sè che il
direttore sanitario è inoltre responsabile di tutte le attività che vengono
svolte all’interno delle RSA, instaurando nel contempo rapporti con i medici di
riferimento e con le Istituzioni territoriali: Guardia Medica, Pronto Soccorso
dell’ospedale, direttori dei Distretti, responsabili delle Unità Valutative
Geriatriche, etc.”
La sede di Santa Maria della Stella comprende al suo interno una cappella
per l’assistenza religiosa, realizzata dal pittore, scultore e architetto Padre
Costantino Ruggeri (Adro 1925 – Merate 2007), un frate francescano assai
versatile per la realizzazione di opere vetratiste, proprio come la chiesa di
questa Struttura che l’autore ha ben distinto in due realtà visibili: una
teologia “catechistica” e una “salesiana”. Nel primo caso le vetrate illustrano
il “Mistero cristiano della Trinità” e la sua presenza oggi; nel secondo vi si
interpreta il “Sogno di Don Bosco” delle due colonne e della zattera. Originale
la forma-spazio dell’interno della cappella in quanto simile alla prua di una
barca, mentre la vista è attirata anche dal soffitto che simboleggia una vela
in ideale movimento eseguita in cartongesso. Le colonne laterali sono
rappresentate dal Tabernacolo Eucaristico e dalla Madonna e Gesù; un compendio
spirituale ed edonistico per l’osservante (e l’osservatore), ancorché dominato
dalla sontuosa ed ampia vetrata ipercromatica dagli effetti luminosi e
rifrangenti prodotti dalla luce esterna. Questa realtà, così completa, moderna
e al passo coi tempi, il cui grado di accoglienza ha inizio dal “buongiorno”
cordiale del personale della reception, può essere intesa come una sorta di
“polmone rigeneratore” per la capitale subalpina e il suo circondario, in
considerazione del fatto che a fronte dell’aumento dell’età media e delle
patologie che si sommano, le richieste di un posto sono superiori alle disponibilità,
tanto da indurre ad una saggia lungimiranza per investire in tal senso e,
proprio per questo, l’impegno non deve essere “demandato” solo al privato ma
deve (o dovrebbe) rientrare nell’ottica di scelte politiche oggettive e
responsabili da parte delle Istituzioni.
Le foto, gentilmente concesse dalla
Struttura rivolese: in alto l’ingresso delle Rsa e in basso l’interno della
cappella
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