UNA GIORNATA IN AMBULATORIO DI
ENDOCRINOLOGIA
CON LA DOTTORESSA ENRICA CICCARELLI
Unica referente specialista per
l’ospedale Martini dell’Asl To/1, di notevole esperienza
diagnostico-terapeutica e con un trascorso esperenziale anglosassone. Affabile
e di grande apporto umano, dedica tempo ed attenzioni ai pazienti, senza
trascurare gli aspetti psicologici quali componenti del loro vissuto
esistenziale
di Ernesto Bodini
Sono circa le 9.05 di martedì 5 luglio quando varco la soglia dell’ambulatorio di
Endocrinologia dell’ospedale Martini, diretto dalla dottoressa Enrica
Ciccarelli (coadiuvata dalla solerte Oss Francesca Sciortino) per seguire e
“descrivere” le visite programmate di pazienti esterni. La prima è una signora
43enne affetta da ipotiroidismo e adenoma ipofisario; è sorridente e
comunicativa: fa molte domande ed ottiene altrettante spiegazioni anche dal
punto di vista anatomo-fisiologico. Dopo averla pesata e visitata, il medico dà
indicazioni per il proseguimento della terapia, e da rivedere tra 3-4 mesi.
Alle ore 9.45 la paziente successiva
ha 79 anni, accompagnata dalla figlia, per un controllo dei referti in quanto
affetta da ipotiroidismo e osteoporosi, in “concomitanza” con i postumi di una
frattura al femore, ormai rimarginata dopo un intervento chirurgico. La
paziente che entra in ambulatorio alle ore 10.15
è una infermiera dell’ospedale di 53 anni, per far controllare al medico alcuni
referti in relazione ad una tiroidite e in seguito operata per asportazione
parziale della ghiandola, in quanto di alterato volume e plurinodulare. Alle 10.31 la dottoressa è a colloquio con
un’altra dipendente 50enne dell’ospedale, affetta da carenza di vitamina D
quale causa di iperparatiroidismo, ossia eccessivo funzionamento della
ghiandola tiroidea e della ghiandole paratiroidi; viene visitata con
prescrizione di vitamina D per compensare. Sono le 10.37 quando due coniugi varcano la soglia dell’ambulatorio, ed è la
moglie (63 anni) la paziente, già operata per asportazione totale della
tiroide. La stessa è anche affetta da cardiopatia ed attualmente in terapia;
viene pesata e visitata con rilevazione della pressione arteriosa (nella norma)
e da rivedere il prossimo anno. Alle 11.05
una donna di 48 anni, in menopausa precoce e che ha subito l’asportazione
parziale della ghiandola tiroidea, viene anch’essa visitata con ampia
disponibilità alla spiegazione sul funzionamento in ambito endocrinologico, e
sugli effetti di alcuni appropriati farmaci. Alla paziente, che soffre anche di
tachicardia, viene aggiornata la terapia ed è da rivedere tra sei mesi. Sono le
11.32 quando entra in stanza una
63enne e il marito 64enne. La donna presenta una situazione di tiroide
plurinodulare. Il medico, dopo averla visitata, le prescrive ulteriori esami
strumentali (ecografia e ago aspirato) per seguire l’eventuale evoluzione dei
noduli, oltre alle alterate dimensioni e funzionalità della tiroide, per le
quali in seguito è ipotizzabile l’asportazione della stessa. Il marito è
affetto da glomerulonefrite con interessamento della tiroide, ed è da rivedere
tra alcuni mesi. Alle 12.25 una
signora minuta di 89 anni, accompagnata dalla figlia, è in dialisi e affetta da
ipotiroidismo; viene visitata e rassicurata in quanto gli ultimi esami sono
nella norma. Durante la mattinata la dottoressa riceve alcune telefonate da
parte di colleghi e qualche paziente esterno, alle quali risponde in modo
sbrigativo ma allo stesso tempo esaustivo.
Dopo l’ultima visita della mattinata non c’è il
tempo per la pausa pranzo, ma “soltanto” per un caffè e qualche breve commento
sulle visite effettuate. Verso le 13.15
circa, la dottoressa Ciccarelli riceve una richiesta di consulenza in
Nefrologia relativamente ad una giovane paziente ricoverata in quanto affetta
da ipotassiemia, con conseguente complicanza alle ghiandole surrenaliche. Seguo
la dottoressa nel reparto di nefrologia dove si intrattiene per consultare la
cartella clinica della paziente e per colloquiare con gli infermieri, dalla
quale rileva l’eccessiva attività delle ghiandoLe dei surreni, come pure
l’elevato valore dell’ormone ipofisario; approfondimenti utili per escludere
(o confermare) un tumore anche di modeste dimensioni ma occulto, ossia di non
facile individuazione anatomica. Nel congedarsi il clinico ha lasciato in
cartella alcune indicazioni, prescrivendo una risonanza magnetica per
approfondire con i colleghi l’indagine diagnostica. Alle 14.35 siamo negli ambulatori territoriali appartenenti alla stessa
Asl per ulteriori visite programmate. La prima paziente è una donna di 53 anni,
affetta da un piccolo ingrossamento della tiroide, da tenere sotto controllo, e
da rivedere tra circa un anno. Ore 14.55,
una donna di 30 anni lamenta una serie
di disturbi: stress, insonnia, ritardo del ciclo mestruale, ed altro ancora;
viene pesata e visitata, ma nonostante la disponibilità della dottoressa, la
paziente è poco incline al dialogo, in quanto è un soggetto con problemi
caratteriali ed esistenziali… Alle ore 15.10
fa capolino una giovane donna romena di 35 anni (con il figlio al seguito), già
operata per ipotiroidismo e tumore della ghiandola; viene visitata e confortata
dal fatto che gli esami di controllo sono soddisfacenti, oltre ad avere
conferma che non ci sono controindicazioni per una ulteriore gravidanza. La
visita successiva delle ore 15.30 è
per una signora di mezza età affetta da ipotiroidismo, i cui esami vanno bene e
la terapia in atto è da proseguire. Sono le 15.46 quando entra in stanza una donna di 78 anni. È affetta da
tiroidite con aumento del volume della ghiandola; viene pesata e visitata con
la conferma che il decorso della patologia è “normale”, ed è però utile
proseguire con la terapia in atto, e da rivedere tra circa un anno. L’ultima
visita è delle ore 16.00 e riguarda
una donna di 51 anni, affetta da prolattinoma ipofisario (un tumore benigno
dell’ipofisi molto spesso curabile con la terapia medica; è il tipo di adenoma
più frequente dell’ipofisi e la sua presenza deve essere sospettata dopo aver
escluso le altre cause di iperprolattinemia, ndr), pregressa isterectomia
(asportazione dell’utero), e con non pochi problemi familiari inerenti la
salute cagionevole di alcuni suoi congiunti. Viene visitata e rincuorata
attraverso un dialogo cordiale… quasi fraterno, con l’invito a farsi rivedere
tra un anno. Sono quasi le 16.45
quando mi congedo, dopo l’intervista, dalla dottoressa Ciccarelli. Una giornata
di lavoro senza affanni ma sicuramente non priva di coinvolgimento emotivo e di
quella immedesimazione, che fanno di questa professionista l’espressione più
naturale di medico capace per predisposizione e per gli insegnamenti avuti dai
suoi Maestri.
Intervista alla dottoressa Enrica Ciccarelli, responsabile del
Servizio di Endocrinologia dell’ospedale Martini – Asl To/1
Dott.ssa Ciccarelli, quanti passaggi per
visite ambulatoriali avvengono ogni anno nel vostro ospedale?
“Circa
duemila passaggi all’anno, che seguo personalmente in quanto unica specialista
del Servizio. Effettuo le prime visite che sono di carattere d’urgenza
(richieste dal Pronto Soccorso), le semi-urgenze, e di elezione ossia su
prenotazione prescritte sia dal medico di famiglia o da un altro specialista
del territorio”
Qual è l’età media dei pazienti in visita
ambulatoriale?
“Dai
15 anni e oltre. Se si tratta di problemi ormonali relativi, ad esempio, alla
tiroide, all’ipofisi, etc. li seguo anche dai 12 anni; se si tratta invece di
problemi metabolici e di malattie rare li seguo da dopo i 15 anni e oltre”
Quali sono le patologie più ricorrenti?
“Sicuramente
quelle relative alla tiroide in quanto è l’organo più “colpito” e che
interessano la maggior parte della popolazione; seguono quelle con
interessamento dell’ipofisi che compongono una notevole casistica”
Le neoplasie della tiroide sono in aumento? E
quante richiedono un trattamento chirurgico?
“Purtroppo
sono in aumento sia perché è migliorata la capacità diagnostica, sia perché è
in aumento la popolazione in generale. L’indicazione chirurgica riguarda circa
il 15-20% dei casi, peraltro molto “gestibile” non solo dal punto di vista
chirurgico ma anche da quelli anestesiologico, anatomo-patologico e assistenziale”
La “realtà” di Cernobyl ha influito su questo
dato?
“No.
La patologia tumorale della tiroide ha influito a livello locale (territorio
della Bielorussia e/o Ucraina), soprattutto in soggetti giovani, ed è
irrilevante la presenza di casi in Italia ed ancor più in Piemonte”
Dei duemila pazienti che vengono visitati ogni
anno sono in prevalenza di sesso femminile?
“Si,
anche se va detto che la patologia oncologica è presente in entrambi i sessi;
ma nella donna è un po’ meno presente soprattutto se in gravidanza per ragioni
di carattere ormonale…”
Essendo l’unica specialista di riferimento, e
dovendo fare anche i turni di notte come referente per tutti gli altri reparti
di Medicina, come concilia questo impegno con quello dell’attività diurna
ambulatoriale?
“L’attività
notturna comporta il “superamento” dell’attività diurna ambulatoriale il giorno
prima e il giorno dopo della stessa, e ciò significa che il Servizio per quel periodo rimane
scoperto…”
Vi sono pazienti che non osservano in modo
costante la terapia con conseguenze anche… impegnative?
“Purtroppo
si, e in diversi casi sia di pazienti giovani che anziani, in quanto bisogna
considerare il problema dell’informazione (pubblicità spesso… ingannevole
sull’uso dei cosiddetti preparati naturali, soprattutto in ambito tiroideo):
quando viene prescritta una terapia “sostitutiva” non per questo è pericolosa;
quindi il fatto di usare terapie naturali
che non hanno nulla a che vedere con un trattamento sostitutivo il
“messaggio” è decisamente ingannevole con conseguenze di danni importanti per
l’organismo”
Vi sono episodi che vale la pena citare?
“In
alcuni casi ho avuto difficoltà nel far accettare determinate terapie in
pazienti di etnia cinese, soprattutto per motivi culturali in quanto la loro
tendenza è quella di curarsi in modo… diverso; in altri casi, ossia
appartenenti ad altre etnie, il problema riguardava la comprensione dal punto
di vista del linguaggio, ad esempio pazienti di etnia africana”
Quali sono i suoi rapporti con i medici di
famiglia?
“Personalmente
ho rilevato con molto interesse il coinvolgimento dei medici di famiglia, ai
quali faccio sempre pervenire una mia relazione sul caso del loro assistito,
rendendomi nel contempo disponibile anche per un contatto diretto. In gran
parte sono “collaborativi”, fatta eccezione quando si presenta qualche episodio
di eccessiva “fiscalità” determinata da alcune disposizioni e normative, a
volte non adeguatamente comprensibili ai fini applicativi”
Quali le criticità?
“Una
evidente, come ha potuto constatare nel corso della giornata, è il fatto di
essere l’unica specialista di riferimento e, al bisogno, non sostituita per cui
in caso di una necessaria consulenza per altri reparti, il non poterla
effettuare se non sono disponibile potrebbe comportare una serie di problemi… I
collegamenti interni all’ospedale sono fattibili ma si tratta, a mio avviso, di
migliorare la gestione del problema dal punto di vista organizzativo”
Dott.ssa Ciccarelli, lei è d’accordo sulla
applicazione della medicina narrativa?
“A
volte può essere utile, altre volte meno… In ogni caso è necessario entrare
nella psicologia del paziente: vi sono pazienti che possono trarre beneficio nel
parlare con il medico che li sta curando; in altri casi il narrare il proprio
vissuto può essere “dispersivo”, soprattutto in pazienti affetti da problemi
psichiatrici, etc. Si tratta quindi di comprendere bene il singolo caso
adattando allo stesso il dialogo più opportuno”
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