VOLONTARIATO TRA ETICA E ANTICONFORMISMO

ALTRUISMO E SOLIDARIETÁ: NON SOLO MOTIVAZIONE

É indispensabile porsi in qualunque contesto sociale
con competenza e al di fuori dei “doveri” istituzionali

di Ernesto Bodini



Ogni iniziativa volta all’azione dell’altruismo rappresenta un impegno etico e morale di solidarietà, ed assume reale valore non solo per la spontaneità e l’immediatezza, ma anche quando l’atto del donare è espresso (senza necessariamente rispondere ad una richiesta da parte di interlocutori) e soprattutto manifestato in qualunque modo, purché sincero, disinteressato e con competenza. Per quanto riguarda le Associazioni di Volontariato va detto che sono realtà tutte nobili per principi e finalità. In comune hanno un articolo dello Statuto: “… non a fini di lucro”. Ma sono veramente poche (nella realtà italiana in particolare) quelle in grado, attraverso i loro componenti, di affrontare situazioni di un certo impegno in difesa dei cittadini, spesso loro stessi associati, o simpatizzanti… Un fenomeno assai ricorrente e “riprovevole” perché a mio avviso, la gran parte di esse svolge compiti “sostitutivi” o in appoggio alle Istituzioni, e questo non deve avvenire perché nessun privato può o deve sostituirsi ai ruoli che competono ai dipendenti della Pubblica Amministrazione (ad eccezione nei casi di calamità in cui è richiesta e necessaria l'opera dell'intera collettività). Inoltre, molti volontari si improvvisano “competenti” in questo o quel settore (socio-sanitario-assistenziale in particolare) senza aver invece la specifica competenza o predisposizione, creando disorientamenti se non addirittura qualche negativa conseguenza… Nel non profit bisogna orientarsi sempre in una direzione e non in ogni direzione; ovvero, il rispetto della dignità della persona.
Ma è lecito chiedere al volontario di qualunque appartenenza associativa le motivazioni della sua scelta? E l’abolizione di questi operatori “istituzionalizzati” cosa potrebbe comportare? Interrogativi che da sempre mi pongo e commento cercando “validi” interlocutori, senza però trovare un cenno di risposta privo di retorica e di ipocrisia. Forse perché ci vuole coraggio per alzarsi e parlare, ma ce ne vuole anche per restare seduti ad ascoltare! O forse, anche, per l’illusione di essere utili alla società avendo magari risolto qualche problema d’intervento laddove le Istituzioni erano assenti, tardive o incapaci… Se è vero, come io credo, che dal punto di vista della solidarietà il mondo è diviso in due categorie di persone: quelle che fanno le cose e quelle che ne acquistano il merito, vi sono associazioni (e quindi volontari) che dovrebbero appartenere alla prima categoria. C’è molto meno concorrenza! So di essere una sorta di anticonformista (ma questa è la mia natura etica), come pure so che andare contro le opinioni dominanti della massa, delle persone che vediamo tutti i giorni, è forse il più difficile atto comportamentale che si possa compiere. E di questo non ne vado fiero, ma al tempo stesso la mia coerenza corrisponde ai miei principi etici.




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