QUANDO I PROVVEDIMENTI
LEGISLATIVI PENALIZZANO IL PENSIONATO
É sempre il momento giusto per
far conoscere le proprie rimostranze, soprattutto quando
la penalizzazione
avviene con l’aggravante della non divulgazione… in tempo utile
di Ernesto Bodini
É un bel dire ogni
volta che si viene invitati (dalle Istituzioni) a conoscere ed osservare la
Costituzione della Repubblica Italiana, se poi alla resa dei conti, alcuni
articoli della stessa non sono rispettati proprio dalle stesse Istituzioni,
come ad esempio l’art. 3, e a riguardo inviterei i miei connazionali a
prenderne atto. Ma non solo. Nello specifico, quando si parla di diritti (e
ovviamente anche di doveri) è automatico che tutto ruota attorno alla politica,
o meglio, al modo di condurre la politica (qualunque siano le fazioni) da parte
dei 945 Parlamentari tra Camera e Senato formanti il Parlamento, peraltro
profumatamente retribuiti e, come se non bastasse, ancora fruitori di
determinati privilegi… E qui non vado oltre per citare due recenti “innovazioni”
introdotte dall’attuale Governo, assai discutibili in quanto non certo a favore
del comune cittadino (suddito del sistema del momento, ma anche di momenti
passati…). Per la prima mi riferisco alla Sentenza della Corte di Cassazione n.
70 del 10 marzo/30 aprile 2015 – G.U. del 6/5/2015 (e per estensione alla
Circolare INPS n. 125 del 25/6/2015 relativa alla bocciatura del blocco degli
adeguamenti pensionistici (2012/2013), in merito ai quali ai circa 4 milioni di
pensionati interessati veniva rimborsato circa il 12% del dovuto, mentre il
restante “saldo” dell’88% lo Stato non sarebbe in grado di corrisponderlo
perché “sforerebbe” il bilancio dello stesso. Quindi si è trattato di un
“acconto” che lo Stato ha definito essere semplicemente un “bonus”. Di fatto,
per questa inottemperanza, non si è più visto elevarsi alcun scudo per
sollecitare il riconoscimento della suddetta “rimanenza” del rimborso: solo uni
sparuto numero di persone, pare, abbia fatto personale rimostranza al firmatario
del Decreto in merito alla Sentenza citata.
Più recentemente,
invece, il pagamento delle pensioni che nel mese di gennaio di quest’anno è
avvenuto (per i correntisti bancari) il 5 gennaio scorso, ovvero il 2° giorno
“pagabile” anziché il 1° come sinora convenzionalmente avvenuto. Questa
“posticipazione” di 1 giorno non è certo addebitabile ad errori meccanografici,
informatici o di altro genere, bensì la “ratio”, come è facilmente intuibile,
sta nel fatto che lo Stato ha fruito degli interessi che, sia pur di un solo giorno,
ma moltiplicati per tutti i pensionati con accredito in banca, hanno prodotto
un risparmio in modo ragguardevole. Ma non basta. La legge n. 109/2015 sulla
rivalutazione delle pensioni, l’art. 6 al paragrafo a, dispone: “A
decorrere dal 1° giugno 2015 e fino al 31 dicembre 2016, tali trattamenti siano
erogati, anziché il giorno 10, il primo giorno di ciascun mese (o, “se festivo
o non bancabile”, il giorno successivo), ad eccezione del mese di gennaio 2016,
per il quale il pagamento viene stabilito per iI secondo giorno bancabile”;
il paragrafo b, dispone: “A decorrere dal 2017, i pagamenti siano
effettuati il secondo giorno bancabile di ciascun mese”.
Ora, se quest’ultimo provvedimento approvato dal Parlamento con tanto di Decreto, non ha trovato opposizione, ancora una volta viene da chiedersi quale sia la ratio che “giustifica” il ritardo di un giorno del pagamento delle pensioni di milioni di aventi diritto. Anche in questo caso, come nel precedente, si potrebbe dedurre che lo Stato (ricordo che è fatto di persone) ha emanato tale disposizione unicamente per far cassa, e quel che è peggio, a discapito della maggioranza dei cosiddetti monoreddito (su 16 milioni di pensionati 6,6 milioni non raggiungono 1.000 euro al mese, per non parlare degli oltre 11 milioni che rinunciano alle cure, anche essenziali, per motivi economici). E tanto per gradire, del primo e del secondo provvedimento, a parte la pubblicazione sulla G.U. online, non si è avuta notizia da altre fonti pubbliche e private.Una sorta di omertà che non è certo in linea con i principi della Costituzione che, proprio perché sempre decantata da chicchessia, implica il concetto della trasparenza tout-court. Per contro, sui provvedimenti relativi al Canone Rai si è divulgato a più non posso, sino alla nausea...!). A chi legge le ovvie deduzioni ed, eventualmente, un contributo a diffondere quello che potrebbe essere inteso come un “sopruso”, termine che in questo caso ben si addice poiché penalizzante il suddito, il debole, il tartassato, il trasparente…, peraltro quasi mai evasore!
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