A
260 ANNI DALLA NASCITA DEL DOTTOR JAMES PARKINSON
Neurologia
e Neuroistologia dall’Ottocento un progresso in continua ascesa
di Ernesto Bodini
Ricordare la figura e l’opera
scientifica degli scienziati, soprattutto nell'ambito esteso della Medicina, io
credo sia certamente un “dovere” dei biografi e degli storiografi, non solo per
non dimenticare la valenza del loro contributo reso all’umanità, ma anche per
far sì che le nuove generazioni di medici e ricercatori possano avvalersene con
confronti e future proiezioni nel futuro. Un periodo assai significativo
riguarda lo sviluppo della Neurologia che, probabilmente più di ogni altra
branca della Medicina, è stato nel corso dei secoli influenzato profondamente
dalle condizioni storiche che di volta in volta hanno favorito o limitato il
processo del pensiero umano. Le ragioni credo risiedano nella stretta
contiguità che c’è stata per oltre due secoli fra Filosofia e Neurologia:
un “binomio” che ben sottolinea il concetto che il cervello è sede del
pensiero, e proprio il pensiero ha consentito all’uomo il confronto con la
Divinità. L’Ottocento è considerato il secolo degli sviluppi concettuali e
tecnici della Neurologia e della Neuroistologia, sia in ambito clinico che nella
ricerca di base. Un progresso imponente che fa dal metodo neuropatologico alla
applicazione delle numerose innovazioni tecnologiche quali, ad esempio,
l’introduzione delle lenti acromatiche, l’impiego delle tecniche di fissazione
dei tessuti,lo studio dei neuroni e delle cellule gliali e quello delle degenerazione
delle fibre per ricostruire le complesse connessioni delle vie nervose, etc.
Nel Novecento lo sviluppi riguarda gli apporti interdisciplinari, e via via il
diffondersi delle pubblicazioni. In questo contesto va ricordata la figura di
James Parkinson.
Nato in un sobborgo londinese
(Shoreditch) nel 1755, figli di John Parkinson, farmacista e chirurgo, dal
quale ereditò la passione per la Medicina (si laureò al London Hospital Medical
College). Con idee anticonformiste di stampo socialista, si impegnò attivamente
nella difesa dei diritti degli svantaggiati; promosse iniziative per prevenire
le malattie e migliorare la salute e il benessere della collettività. Di questo
illustre clinico, per quanto passato alla storia, non vi è un particolare ritratto,
anche se fu descritto da un amico come «di
statura piuttosto inferiore alla norma, di aspetto energico, intelligente e
gentile, e di maniere dolci e cortesi». Era di carattere passionale e
sincero, uomo dai molteplici interessi (chimica, geologia e paleontologia), che
amava la discussione, pronto ad esprimere la sua opinione in modo deciso e
critico in campo politico, sociale e medico scientifico. Da giovane fu un
ardente assertore della riforma politica e fu autore di una serie di polemici
articoli di critica alle autorità del suo tempo. Scrisse un libro di medicina
“elementare” per lettori non medici, intitolato “L’amico medico dell’abitante del villaggio”, in cui trattò I
principi della salute e della malattia, enfatizzando l’importanza
dell’esercizio fisico e del bagno, e sottolineando i pericoli del bere e del
superlavoro. Ricordò anche le frustrazioni di chiamate notturne, non
necessarie, e suggerì di prendere in considerazione la salute ed il benessere
per il medico del futuro (una sorta di prevenzione del burnout, ante litteram).
Morì a 69 anni il 21 dicembre
1824 in Kingsland Roas. Finché fu in vita passò inosservato ai suoi colleghi.
Ma deve la sua fama ad uno studio pubblicato nel 1817 dal titolo “An essay on
the Shaking Palsy” (saggio sulla paralisi di Shaking), che riportava appunto la
descrizione della “paralisi agitante”, cui sessant’anni dopo il neurologo
francese Jean-Martin Charcot (1825-1893) diede l’eponimo di Malattia di
Parkinson. Ebbe maggior notorietà grazie all’americano George Rowntee
(1883-1959) che, nel 1912, sul n. 23 del Bollettino del Johns Hopkins Hospital,
pose il seguente titolo: «Nato inglese, allevato
inglese, dimenticato a lungo dall’Inghilterra e dal mondo. Tale è stato il destino
di James Parkinson». E proprio per questa ragione, oltre che per l’aver dato
il proprio nome alla nota patologia (e sue varianti), il dott. Parkinson merita
di essere ricordato dalle nuove generazioni di medici e neurologi, se non anche
da tutti quelli che hanno contratto tale patologia…
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