BUROCRAZIA QUOTIDIANA

LA BUROCRAZIA E IL CITTADINO-UTENTE
Riflessioni, commenti e utili consigli

di Ernesto Bodini

Vi siete mai chiesti cosa fa funzionare i Governi? I motori sono infiniti, ma ve n’è uno che costituisce il comune denominatore: la carta. Montagne e quintali di carta per emanare leggi, decreti, normative, procedure, protocolli, promemoria e quant’altro…, la cui interpretazione è solitamente demandata agli “addetti ai lavori”, ossia ai dipendenti della Pubblica Amministrazione (i cosiddetti burocrati), alcuni ottimi esecutori, altri meno, delle disposizioni emanate dalla P.A. Le immancabili difficoltà interpretative ed applicative sono causate soprattutto da quello che si può definire ipertiroidismo legislativo, ossia dall’innumerevole messe di leggi (nel 1997 ne erano attive circa 200 mila, a fronte delle poco più di 3000 della Francia e delle 7500 della Germania) che si susseguono, modificando peraltro quelle appena emanate il giorno prima… Un considerevole numero di leggi  – sostiene il sostituto procuratore di Venezia, Carlo Nordio – non può coesistere e per rispettarne una si finisce immancabilmente per violarne un’altra”. Anche se c’è chi sostiene che il miglior burocrate è colui che, partendo da una soluzione, riesce a trovare il maggior numero di problemi, alcuni dizionari della lingua italiana definiscono il burocrate come soggetto formalista ed impacciato, è bene rammentare che il termine BUROCRAZIA in realtà non ha sinonimi letterari, e si presta a mille interpretazioni, soprattutto quando si tratta di “rivendicare” diritti e prestazioni nell’ambito della P.A. di qualunque ordine e grado. Il termine è composto dal francese Bureau (ufficio) e dal greco Krazia (potere), con cui si indicano, per lo più in senso di “poco apprezzamento” gli Uffici Pubblici.

 Perché è importante saper affrontare l’apparentemente
 insormontabile “ostacolo” della Burocrazia?

Può capitare che ogni cittadino (buon contribuente e talvolta suddito del sistema), si trovi a dover frugare tra paragrafi e postille di leggi dimenticate (o disapplicate…), spesso incomprensibili; o scrivere senza posa dettagliate e perentorie lettere. Ma anche a far anticamera, bussare alle porte più dure a schiudersi per essere ricevuto da questo o quel burocrate per “denunciare” il mancato rispetto dei propri ed altrui diritti; il più delle volte, però, senza ottenere un apprezzabile risultato perché non sa come porsi e quali procedure adottare. È quindi bene che ogni cittadino, prima di intraprendere una “azione” o un dialogo con il burocrate, dipendente di qualunque struttura pubblica, acquisisca la conoscenza del Diritto e l’importanza della Informazione, considerando nel contempo i significati di Cultura e Istruzione. Su queste basi e poiché la burocrazia è sinonimo di potere, oltre ad agire con razionalità, tolleranza ed un pizzico di diplomazia (buon  senso e tatto), il cosiddetto cittadino-utente può pretendere una maggiore considerazione e rispetto dei propri (ed altrui) diritti, dopo aver espletato, beninteso, i propri doveri. Ricordiamoci che in molti casi la legge non ammette ignoranza! Non esistono diritti a cui non corrispondono altrettanti doveri, né viceversa. Anzi, si può affermare che se in ogni campo (famiglia, scuola, lavoro, società, affari, etc.) questi due concetti venissero sempre rispettati congiuntamente, la vita sarebbe migliore sotto ogni aspetto. Il rapporto fra diritti e doveri subisce nel tempo una evoluzione lenta ma costante, anche se non siamo ancora vicini a quel tipo di società ideale in cui i cittadini vedono tutti i loro diritti rispettati e assolvono (se onesti e coerenti) tutti i loro doveri senza eccezione. È noto che la cultura è un complesso di cognizioni che ciascuno possiede; e anche il complesso della vita intellettuale di un popolo in una determinata epoca. Lavorare ed impegnarsi per il miglioramento della propria cultura, significa contribuire al miglioramento della società: un preciso dovere nostro, di uomini e cittadini, senza per questo privarci della nostra libertà. E, a questo proposito, ricordo che un ruolo importante è dato dalla INFORMAZIONE e dalla COMUNICAZIONE, due vocaboli usati spesso l’uno per l’altro, ma il loro significato è ben diverso: informazione è dare una cosa, comunicazione è farla pervenire a destinazione. Uno dei mezzi di comunicazione dello Stato è la Gazzetta Ufficiale (G.U.) che viene pubblicata tutti i giorni (meno i festivi) in ossequio al principio giuridico secondo il quale ogni Atto avente forza di legge deve essere reso pubblico. Quasi sempre, però, l’interpretazione di leggi, norme, decreti, etc., riportate, è accessibile agli addetti ai lavori; ma a volte, anche ai cittadini più “intraprendenti” e “determinati” nel perseguirne i fini: la conoscenza dei doveri e il rispetto dei propri ed altrui diritti.

 Come “agire contro” la Burocrazia

Per evitare di essere confinati in un limbo senza speranza, sovente percorso da delusioni, è opportuno non fermarsi davanti al muro di gommapiuma della burocrazia, senza aggirarlo per le italiche vie traverse, tanto meno scendere a compromessi neppure quando ci fanno capire, strizzando l’occhio che, suvvia, una mano lava l’altra e che tutto si può” arrangiare” (il compromesso è un ottimo ombrello, ma è un pessimo tetto). È noto che lo stato dei diritti civili in Italia non è oggi dei più brillanti, e ciò è imputabile ai mali antichi della pubblica amministrazione (P.A.), della giustizia, mal costumi generalizzati (clientelismi, rapporti di potere a diversi livelli, corsie preferenziali, etc.); come pure la scarsa sensibilità sull’argomento della cultura giuridica e non, ed infine le innumerevoli evoluzioni in materia giurisprudenziale, come ad esempio la sempre discussa Riforma del nostro sistema giudiziario. A questo proposito Clarence Darrow sosteneva che “le leggi dovrebbero essere come gli abiti: dovrebbero adattarsi perfettamente alle persone per le quali sono state fatte”. La garanzia del riconoscimento dei propri diritti dipende (è il parere di chi scrive) soprattutto dal comportamento e dal grado di civiltà di ciascuno; come pure dalla capacità individuale di agire in difesa di quelli che ripetutamente definiamo “diritti”, nei confronti dei quali ognuno di noi agisce come può, come sa o come e quanto crede di sapere… Ma spesso si perde di vista il fatto che per ottenere il rispetto di un proprio diritto, bisogna battersi con costanza e coerenza attraverso la conoscenza del problema che si vuol risolvere, con un continuo aggiornamento (le fonti non mancano) e “allenamento” sulla interpretazione delle leggi e delle disposizioni per far fronte al nostro interlocutore, sia esso burocrate o rappresentante di ente privato. Un buon manuale pratico di “autodifesa” civile è da considerarsi una sorta di preparazione e messa a disposizione di chiunque (basta acquistarlo…), ossia uno strumento di conoscenza delle possibilità di godere dei diritti specie quando si è in una condizione di svantaggio sociale: tutti possono aver bisogno dei servizi erogabili dalla P.A. e di dover superare ostacoli burocratici: indifferenza, ignoranza, prepotenza, clientelismo, nepotismo, etc. A qualunque cittadino, buon contribuente (e talvolta suddito del sistema), che non sa a chi e come rivolgersi per ottenere chiarimenti, informazioni e rispetto dei propri diritti, può capitare di incontrare difficoltà: il sempre in agguato muro di gommapiuma, o il burocrate di turno poco o per nulla preposto al suo dovere. È un diritto del cittadino essere ricevuto, e un dovere di questo o quel burocrate riceverlo, nel rispetto reciproco del proprio  tempo. In alcune situazioni anche in tempi brevi. Secondo l’esperienza del sottoscritto, sarebbe utile seguire una serie di consigli pratici, dettati dal buon senso, dalla conoscenza e dalla razionalità.

Ecco come ci si dovrebbe comportare quando si ha
bisogno delle prestazioni di un Ente pubblico (o privato)



 Presentarsi sempre in modo chiaro (nome… e ruolo).

 Quando l’esigenza lo richiede fissare l’appuntamento con l’interlocutore che si vuole avvicinare (alcuni burocrati gradiscono o pretendono di essere preavvisati…). È lecito farsi rappresentare da persona o Ente privato (o Associazione) di propria fiducia.

Esporre in modo completo ma sintetico il problema in questione (la dispersione dei concetti spesso spazientisce l’interlocutore, specie se in presenza di terze persone).

 Dimostrare di essere a conoscenza dei fatti che si intende esporre.

 Essere coerenti e non dispersivi (incertezze e imprecisioni favoriscono la conclusione affrettata del colloquio).

 Essere a conoscenza delle destinazioni degli Enti e possibilmente delle competenze dei rispettivi responsabili (farsi ripetere più volte ruoli e destinazioni può “indisporre” l’interlocutore).
 Essere educati e rispettosi, ma non servili (un comportamento civile e riguardoso invoca stima e anche considerazione).

Essere tolleranti (spazientirsi è controproducente: non bisogna dimenticare che siamo sempre  noi “utenti” ad aver bisogno del burocrate…).

Essere dotati di un minimo di diplomazia (quando è il caso è utile riconoscere i meriti e “gratificare” quel tanto che basta senza incensare nessuno).

Ringraziare (senza ossequiare) sempre chi si presta per noi, soprattutto se questi è tenuto a soddisfare le nostre richieste.

Mai fare nomi di persone od Enti se non è strettamente necessario (riferimenti o citazioni inopportune, specie se di fatti o persone assenti, può indurre l’interlocutore giudizi e considerazioni negative nei nostri confronti).

Annotare con discrezione, durante o dopo i colloqui, i dati che interessano, compreso il nome del nostro interlocutore (ciò può essere utile per il futuro).

Rilasciando documenti originali (o comunque firmati) all’Ente o al burocrate, “pretendere” sempre una fotocopia o copia conforme all’originale. Quando è il caso, con data e firma per ricevuta.

In molte occasioni delle nostre relazioni sociali, interpersonali o istituzionali, spesso si sente dire: quando nessuno sa che cosa bisogna fare tutti dicono bisogna fare qualcosa! È una constatazione che rispecchia la realtà quotidiana, e questo vale nei Paesi liberi (come il nostro), dove la libertà è il diritto di fare ciò che le leggi permettono; e poiché anche la conoscenza è potere, nessuno conosce le proprie possibilità finché non le mette alla prova.“Ma sbagliare è umano – sostiene Ann Landers – perché tutti i giorni ognuno di noi prende delle decisioni capaci di cambiare il corso della nostra vita. Nessuno, per quanto avveduto ed esperto, può prendere ogni volta la decisione più giusta. Sbagliare non è una vergogna. È vergogna non imparare dagli errori, non risollevarsi dalle cadute, non scuotersi la polvere di dosso e tentare di nuovo”. Non di rado ci capita di subire torti, ingiustizie, soprusi, violazioni e quant’altro; ed è saggio rigettare ogni pensiero di “vendetta”, ma tendere al perdono… Ma non si perdona qualcuno perché lo si accetta: si perdona chi ha commesso un torto inaccettabile… Quando si perdona qualcuno, non è necessario tollerare ciò che ha fatto perché lo si può perdonare anche rifiutando di tollerare le sua azioni. È quindi saggio e doveroso proporsi nei confronti dei nostri concittadini più “penalizzati”, trasmettendo loro nozioni e consigli pratici per aiutarli a superare (per quanto possibile) ostacoli e difficoltà causate dalla burocrazia o dalla semplice ignoranza… E, come sosteneva il filantropo e premio nobel per la Pace, dottor Albert Schweitzer: “L’esempio non è la cosa che influisce di più sugli altri: è l’unica cosa”.

(Le immagini sono tratte da lavocesociale.it e da Progettofelice.wordpress.com)



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