Intervista all’avvocato Pierfranco Massia
Torinese,
di antica famiglia piemontese, è oggi un
penalista affermato. Di indole estremamente socievole e con particolare senso
della giustizia, sa trarre gli spunti più significativi dalla sua professione
con particolare predisposizione agli aspetti sociali della vita: tra questi la
realtà delle persone disabili. Di buona cultura accademica ed umanistica, è
anche giornalista e oggi scrittore di “noir”, una inclinazione che rispecchia
non solo il suo target professionale ma anche quello della letteratura tout
court
di
Ernesto Bodini
Avvocato
Massia, quale è stato il suo percorso accademico?
“Dopo aver frequentato il Liceo Classico
“Massimo D’azeglio” mi sono iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza, laureandomi
nel luglio 1986 in Diritto Penale sui reati di stampa con il prof. Carlo
Federico Grosso. In seguito ho fatto due anni di tirocinio (praticantato) per
diventare Procuratore Legale, e dal 1991 sono iscritto all’Albo degli Avvocati
e alla Camera Penale di Torino”
Quali
le ragioni che hanno motivato la scelta di diventare penalista piuttosto che
civilista?
“Sin dalla più giovane età mi sono sempre
interessato alla letteratura “gialla”, ossia ai cosiddetti “noir”, prediligendo
autori come Agatha Christie (1890-1976), quindi articoli di cronaca nera e
giudiziaria. All’università ho seguito un “piano forense” perché il mio intento
era proprio quello di diventare avvocato penalista, e credo che il Diritto
Penale sia uno dei più importanti per la salute di una nazione, quasi a voler
richiamare la saggezza di Voltaire
(1694-1778) che ebbe a dire: “Non
parlatemi degli archi, ma ditemi delle prigioni”, ossia non è importante
sapere quanto sono belle le costruzioni architettoniche, quanto invece sapere
come sono fatte e come sono gestite le prigioni”
Come si
svolge generalmente la sua giornata lavorativa?
“Apro lo studio verso le 9.00. Solitamente
quasi tutte le mattine vado in tribunale per le udienze e i processi. Nel
pomeriggio ricevo i clienti nel mio studio sino verso le 19.00, oltre
naturalmente a trasferte fuori sede per consulenze o convocazioni in altre sedi
giudiziarie”
Quali
sono i problemi che maggiormente incontra in un’aula giudiziaria?
“Sovente sono di carattere burocratico, in
ragione del fatto che il nostro Paese ha troppe leggi rispetto ad altri più
estesi ed evoluti. Una realtà, questa, che richiederebbe una ulteriore
depenalizzazione e delegificazione, ossia l’abolizione di leggi che sono ormai
obosolete e quindi superate; oltre riscontrare difficoltà di comunicazione in
un mondo sempre più complesso. L’avvocato di un tempo aveva più facilità nel
comprendere le diverse culture e i diversi stati d’animo; oggi, invece, le
varianti in tal senso sono diverse e ciò comporta ad avere più attenzioni nel capire e nel farsi capire”
La sua
clientela è in prevalenza italiana o straniera?
“Le carceri italiane, è ormai noto, ospitano
circa il 60-65% di detenuti extra comunitari; un’altra percentuale è formata da
cittadini italiani di diversa provenienza geografica, e magari appartenenti
anch’essi a culture diverse…”
Dalle
cronache emerge che quotidianamente i rati penali si sommano per quantità e
gravità. Quale impegno è richiesto ad un penalista per valutare le strategie
più opportune di difesa del proprio assistito?
“Ci sono Paesi come la Germania dove il
cosiddetto “consulto preventivo” è molto praticato, che consiste nel fatto che
il cittadino si rivolge all’avvocato per avere un consiglio al fine di
prevenire eventuali condotte antigiuridiche o rilevanti penalmente. Nel nostro
Paese, in parte ancora di “cultura scaramantica”, molte volte si corre al
riparo quando ormai è troppo tardi. Per questa ragione noi avvocati ci troviamo
nella condizione di difendere persone che hanno già ricevuto l’avviso di
garanzia in quanto indagati dalla Procura della Repubblica, o hanno già violato
delle leggi e avuto delle sanzioni, e di conseguenza le vogliono contestare. In
questi casi il nostro agire diventa più impegnativo nel trovare soluzioni o
consigli in merito”
Secondo
la convinzione popolare è più facile difendere un innocente rispetto a un
colpevole, magari reo confesso. Ciò corrisponde al vero oppure è un mito da
sfatare?
“Il mito da sfatare è che l’avvocato conosca
in tutti i casi la verità dei fatti, e questo perché il soggetto che ha
commesso un reato, non dicendo al proprio legale la verità crede di essere meglio
difeso… Personalmente non chiedo mai ai miei clienti se hanno commesso o meno
un reato, in quanto è un problema morale della persona stessa se dire o non
dire la verità al proprio legale di fiducia, e questo comportamento risulta
essere ininfluente sulla strategia difensiva. Cosa diversa, invece, è quando il
reato è meno grave e l’assistito è più propenso ad ammetterlo apertamente”
È noto
che la nostra Costituzione rappresenta uno degli esempi di grande democrazia.
Altra realtà, invece, è il rispetto delle leggi come, ad esempio, la tanto
invocata “certezza della pena”. Lei cosa ne pensa?
Il sociologo Èmile Durkheime (1858-1917)
sosteneva la teoria dell’anomia, ossia la legge c’è ma di fatto non viene
rispettata, e un Paese dove tale teoria può essere studiata è proprio l’Italia.
Per quanto riguarda la certezza della pena, là dove è applicata i reati sono
diminuiti come ad esempio in Norvegia e in Svezia: un reato, anche grave, è
punibile con la reclusione per un certo numero di anni e tale pena viene
scontata sino al termine stabilito, senza deroghe o concessioni di qualsivoglia
natura. Questo esempio ritengo rappresenti un grande valore di civiltà, come
del resto si evince dall’opera “Dei delitti e delle pene” di Cesare Bonesana
Beccaria (1738-1794), il giurista e filosofo ritenuto tra i padri fondatori
della teoria classica dei Diritto Penale”
Oltre
ad esercitare la libera professione da alcuni anni è nominato dal Giudice
Tutelare amministratore di sostegno di persone indigenti e bisognose di tutela.
Qual è la sua esperienza in merito?
“L’istituzione dell’amministratore di sostegno
è una realtà molto valida, nata soprattutto nella società industriale per
sopperire a situazioni di invecchiamento progressivo e di morte precoce, per
cui era sufficiente la curatela come sostegno alla persona in difficoltà;
mentre in tempi più recenti in molti
casi la necessità di sostegno viene meno per il più veloce recupero delle
condizioni fisiche e/o psicofisiche della persona che ha subito un impedimento
nell’autogestione. La mia esperienza riguarda oggi il sostegno sia a persone
indigenti che benestanti che per determinate condizioni per le quali il giudice
ha decretato la figura di amministratore di sostegno. E questo, senza essere
necessariamente avvocati, o rivestire altro titolo professionale, in quanto
anche altre figure, come i parenti, possono rivestire questo ruolo.
Lei è
anche giornalista pubblicista, e da alcuni anni scrittore di “noir”, conditi da
una ricca fantasia che sta tra il penale e i risvolti sociali e ludici allo
stesso tempo. Come riesce a conciliare questa sorta di abbinamento
professionale e letterario?
“Ritengo che questo abbinamento sia un
elemento di “cura” in quanto scrivere dei diari o dei racconti è per me un modo
di analizzare in maniera “sana” il mio vissuto, e non esternando esperienze
drammatiche, tali conoscenze o parti di esse, si perderebbero nella memoria.
Quindi, il mio rapporto con lo scrivere è nato dall’esigenza di dare alle
stampe dei racconti, prima brevi e poi dei veri e propri romanzi gialli dai
quali hanno preso libero “sfogo” fantasie e criticità, sino a miscelare storie
vere con quelle meramente più romanzate. Certamente con il contributo della mia
professione, che mi ha permesso, inoltre, di dare alle stampe pubblicazioni
sulle normative relative ai problemi dell’handicap, come strumento di utilità
pratica per gli interessati all’argomento”
Qual è
la sua filosofia di vita al di fuori di un’aula giudiziaria?
“Mi piacerebbe essere ricordato come un “giusto” come avvocato e come persona, poiché anche al di fuori di un’aula di tribunale il mio senso di giustizia ritengo essere un modus di intendere, ed anche vivendi ed operando, in linea con i principi che mi hanno accompagnato sino ad oggi”
(Foto di E. Bodini. Nella foto in basso le pubblicazioni dell'autore, della Collana Gialli Pintore - Torino)
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