In visita
al CMID dell’Ospedale San Giovanni Bosco e dell’Università di Torino
RICERCA,
CLINICA E ASSISTENZA CON FOCUS SUI
PORTATORI
MALATTIE RENALI, IMMUNOLOGICHE E RARE
Un’eccellenza
ventennale per multidisciplinarietà,
dialogo medico-paziente
e ospedale e territorio
di
Ernesto Bodini
Nel gennaio scorso si è conclusa a Torino la XIX edizione
del Convegno su Patologia Immune e Malattie Orfane, a cura del CMID diretto dal
prof. Dario Roccatello, che ha anticipato la Giornata mondiale delle malattie
Rare del 29 febbraio. Appuntamenti e ricorrenze per ricordare che attualmente
ne sono state identificate 6-8 mila, e che oltre alla esigenza di “rafforzare”
il sostegno alla ricerca, una delle difficoltà più evidenti del vivere con una
malattia rara è proprio il senso di isolamento vissuto dai malati e dalle loro
famiglie, rappresentati in Italia da decine di associazioni, molte delle quali
coordinate dalla Federazione UNIAMO (Rare Diseases Italy – onlus). Tra le
diverse realtà impegnate su questo fronte nel capoluogo piemontese dal 2001 è
attivo il Centro Multidisciplinare di Immunopatologia e Documentazione su Malattie Rare (CMID), una
Struttura Complessa dell’Ospedale San Giovanni Bosco afferente all’ASL TO/2 che
ho visitato nei giorni scorsi. Si avvale della collaborazione dell’Università, e
oltre a fare ricerca svolge un’attività integrata di medici e biologi sul piano
assistenziale, documentale e laboratoristico nell’ambito della patologia
immunomediata, offrendo all’assistit0 la possibilità di sperimentare approcci
terapeutici anche complessi, e nuovi percorsi di screening diagnostico in
ambito immunopatologico. «Il Centro si
trova al 7° piano – spiegano il dott. Simone Baldovino e la dott.ssa Carla
Naretto (rispettivamente ricercatore universitario e dirigente ospedaliero del
CMID) – e comprende ambulatori per le
visite (dalle 9.00 alle 17.00), una sala per la medicazione delle ulcere
vasculitiche, un’area di D.H. per le terapie infusionali (per malattie immunologiche,
reumatologiche, ematologiche e neuro immunologiche, ad includere la sclerosi
multipla), una per lo studio dei medici e una Segreteria per le prenotazioni di
visite ed esami, oltre ad un’area dedicata all’ambulatorio di Ematologia e
Malattie Trombotiche ed Emorragiche (diretta dal dott. Mario Bazzan, coadiuvato
dalle dott.sse Antonella Vaccarino e Maria Pagliaro). Oltre alle patologie
immunomediate il Centro si dedica ad alcune patologie di origine genetica (amiloidosi familiari, patologie lisosomiali,
sclerosi tuberosa, etc.». Il Centro
include competenze nefrologiche, infettivologiche, patologico-cliniche e psicoterapeutiche,
ed offre la possibilità di effettuare numerose biopsie d’organo (rene, cute,
midollo, sottomucosa rettale, arteria temporale, etc.). Tra le discipline
maggiormente sviluppate negli ultimi anni è la Reumatologia, responsabile la
dott.ssa Daniela Rossi. In quest’ambito i pazienti possono fruire dei più
avanzati algoritmi diagnostici delle più moderne terapie biotecnologiche. L’attività
di D.H., referente la dott.ssa Mirella Alpa, coadiuvata dalla coordinatrice
infermieristica Daniela Fiorina ed altre
tre infermiere, si svolge tutti i giorni dalle 8.30 alle 17.00 per la
somministrazione della terapia infusionale endovenosa, in pazienti
preventivamente selezionati per complessità diagnostico-terapeutica. «Vengono trattate – spiega Alpa – diverse patologie rare come quella da
disturbi del sistema immunitario (alcune delle quali rientrano nel Dlgs 279
del 2001); ma anche alcune forme di
nefriti, glomerulonefriti, vasculiti, crioglobulinemie, malattie neurologiche
rare (miastenia gravis), polineuropatie, sclerosi sistemica progressiva,
cistite interstiziale. Generalmente vengono accolti per le terapie e il loro monitoraggio
15-18 pazienti al giorno, in parte prenotati e in parte provenienti dal P.S. o
da Centri esterni anche extra-regionali ».
Il CMID è funzionalmente aggregato ad una delle più
importanti Divisioni di Nefrologia e Dialisi italiane, dotata di reparto di
degenza, ambulatori, DH, emodialisi e dialisi peritoneale a cui afferiscono
pazienti cronici ed acuti provenienti da territorio, P.S., Centri di Terapia Intensiva.
Nel corso della visita di questo Servizio sono a colloquio con i dott. Marco
Pozzato e Giacomo Forneris, che spiegano: «I
trattamenti sono costanti, spesso lungo le 24 ore: oltre mille le dialisi
all’anno, e poiché molti pazienti sono ricoverati anche in atri reparti
dell’ospedale per altre patologie concomitanti, si è attivata una rete
infermieristica (4 operatori più 1 per la notte) e di medici (con ruolo di
consulenti) in grado di gestirli nel reparto di ricovero». Questa struttura, che si
avvale di 50 infermieri strutturati e 20
infermieri degli studi associati, tutti coordinati dalla Sig.a Marisa Vadori, comprende
diverse sale dialisi in grado di soddisfare al meglio le esigenze del paziente
anche sul piano sociale e professionale. In totale il Centro è dotato di
43 postazioni per emodialisi, attive sia
su turni diurni che notturni (come in pochissimi altri Centri in Italia). A ciò
si aggiunge un grosso settore di dialisi peritoneale ed uno organizzatissimo
Centro di Training per l’Emodialisi Domiciliare che negli ultimi due anni ha
raddoppiato la propria attività (e attualmente consta di 15 pazienti, primo Centro
in Piemonte e uno dei primi in Italia). «L’efficacia
della cosiddetta self-dialisi – spiegano i clinici – deriva dalla personalizzazione del trattamento, tale da favorire
l’outcome, con il vantaggio che tale procedura è di facile esecuzione (dopo un
apprendimento in ospedale di circa due mesi). Poche sono le controindicazioni,
mentre significativa è la risposta di psicologica, di autostima e anche clinica».
Il percorso di attività nefrologica e dialitica comporta il trattamento di
numerosissimi pazienti ogni giorno, tra ricoverati ed esterni. «I pazienti – spiega Vadori – per i quasi due terzi sono stranieri. Con
alcuni vi sono difficoltà di relazione per la lingua e la culture diverse che
talora rende indispensabile l’intervento
del mediatore culturale. Altre criticità sono rappresentate dalla movimentazione dei
pazienti (acuti e cronici) ed il “sovrapporsi” dei turni nelle pur numerose
postazioni dialitiche». Il reparto di degenza di Nefrologia, che si trova
al 6° piano, consta di 8 camere a due letti e con servizi, e una ad un letto
per l’isolamento. “In questo reparto
– spiegano i medici Giacomo Quattrocchio e Roberta Fenoglio - i pazienti provengono dal P.S. per problemi
nefrologici o perché affetti da una malattia rara, mentre per altri si tratta di
ricoveri in elezione di grande complessità. La degenza media, che negli ultimi
2 anni si è quasi dimezzata è
attualmente inferiore ai 10 giorni: riguarda pazienti affetti da malattie renali,
dializzati e trapiantati di rene con gravi complicanze, malattie immunologiche
rare, etc. ».
Il nesso tra la Nefrologia e la struttura del CMID
consiste nel fatto che molte malattie immuno-reumatologiche danno un coinvolgimento
renale ed alcune malattie complesse e rare, come le vasculiti sistemiche
primitive e secondarie (per le quali l’Ospedale San Giovanni Bosco ha la più
grossa casistica in Piemonte) sono di interesse comune immuno-reumatologico e
nefrologico. Il reparto di Nefrologia è
anche di riferimento per le biopsie renali complesse su rene nativo. Se ne
effettuano annualmente circa 180. Operano nel reparto 13 infermieri e 7 Oss che
fanno capo alla coordinatrice Filippa Catania. Nell’insieme CMID e Nefrologia e
Dialisi, diretti dal prof. Dario Roccatello, Ordinario dell’Università di
Torino, rappresentano un complesso strutturale assai variegato la cui
attenzione si focalizza costantemente su molte patologie rare, alcune rarissime
(con prevalenza di 1 su 100 mila persone), come le malattie da accumulo lisosomiale,
ad esempio il morbo di Gaucher nel quale uno specifico difetto enzimatico non
consente si sviluppino correttamente alcuni organi. Sono malattie sistemiche in
quanto possono interessare più organi.
La ricerca sul fronte della
terapia sostitutiva ha costi molto elevati.
Se ne è discusso a Torino nel corso dell’ultimo Convegno
sulle Malattie Rare, presieduto dal prof. Roccatello: molte le sessioni scientifiche,
come quelle dedicate alla sclerosi sistemica progressiva e il morbo di Behcet, agli
sviluppi del laboratorio di patologia clinica per le malattie rare, all’onconefrologia,
alle nuove frontiere terapeutiche delle malattie renali, al trapianto da
donatore a cuore fermo come ulteriore speranza per i pazienti con malattia rara,
alle nuove proposte terapeutiche nella malattia di Gaucher. «In Piemonte – precisa il prof.
Roccatello – i pazienti con malattie rare
sono circa 25 mila, ossia il 10% del livello nazionale. Per le terapie, oggi,
le aziende farmaceutiche dispongono di una sorta di copyright per una decina
d’anni, per cui i farmaci che producono rimangono senza concorrenza. Le aziende
possono “negoziare” direttamente il costo del farmaco con il Ministero. Quando
riescono a produrre un farmaco di qualche rilevanza terapeutica l’accesso a
mercato diventa molto vantaggioso. Ciò ha consentito avanzamenti di rilievo in
alcune malattie, che in passato erano mortali». A questo riguardo si sta
delineando la possibilità di defiscalizzare gli oneri per la ricerca e per la
produzione di farmaci orfani. La proposta è stata avanzata da Antonio De Poli,
autore di un decreto legge nel quale si prevede, tra l’altro, la
defiscalizzazione degli oneri per la ricerca scientifica sulle malattie rare. «Le terapie, quando esistono – ha
sottolineato De Poli in occasione della Giornata mondiale delle Malattie Rare –,
sono ancora troppo care. È un problema
che riguarda due milioni di persone in tutta Italia ed è importante che la diagnosi
arrivi prima possibile. Secondo De
Poli è urgente elaborare, e soprattutto aggiornare, il Piano Nazionale delle
malattie rare, “fermo” al 2013 e che richiede una urgente revisione.
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