Un convegno
medico-sociale tra relatori, volontari,
disabili e organizzatori
in un coinvolgente confronto
QUANDO LO SPORT PER IL DISABILE È TERAPIA MA ANCHE
CULTURA PER UNA REALE INTEGRAZIONE SOCIALE ED UMANA
di Ernesto Bodini
«Si sa che nel
mondo dello sport in genere polemiche e sconfitte non mancano mai, ma ad onor
del vero, non mancano mai anche i molteplici riscontri positivi come le
vittorie in tutte le discipline dove, tra competizioni ed obiettivi, lo sportivo
soprattutto in ambito agonistico, ha dato il meglio di sé». Con questa
introduzione, il Cav. Pietro Pesare (nella
foto), un veterano del volontariato e presidente del Comitato organizzatore
del convegno “La medicina e lo sport al servizio della disabilità”, che si è
tenuto a Novara nei giorni scorsi, ha posto l’attenzione sull’importanza dello
sport agonistico (e non) praticato dalle persone disabili che, con la loro
determinazione, hanno saputo “imporsi”
sino ad essere protagonisti a tutti gli effetti delle ormai note
Paralimpiadi. Nella due giorni novarese, curata dalla associazione Academy Vivi
la Danza A.s.D., presieduta dal dott. Federico D'Andrea, e con il patrocinio di molti enti fra i quali la Regione
Piemonte e il Coni, oltre alla Fondazione della Banca Popolare di Novara che ne
ha sostenuto in parte la realizzazione, nella prima sessione si sono alternati
clinici, ricercatori, terapisti e psicologi mettendo in evidenza gli aspetti
della traumatologia, della alimentazione, della psicoterapia, dell’allenamento,
della riabilitazione in senso lato e gli aspetti psicologici il cui contributo
è servito al confronto tra addetti ai lavori in campo medico che, seppur non
evidenziando novità di rilievo, ha ulteriormente “consolidato” le basi
collaborative e di sostegno ai disabili esortandoli a praticare lo sport nelle
discipline a loro più congeniali, ma anche a considerare tale pratica come
“indice” terapeutico per il mantenimento della propria condizione fisica e/o
psicofisica sino al raggiungimento della piena autonomia. Particolarmente
coinvolgente la tavola rotonda nella seconda giornata nel corso della quale si
sono confrontati disabili provenienti da diverse province, con esperienze di
molteplici realtà vissute in “corpore
vili” e in rappresentanza delle proprie associazioni. Tra gli intervenuti
Claudio Girardi (affetto da paresi spastica all’arto superiore destro),
presidente della Torino For Disabled (Torino FD), una associazione sportiva dilettantistica
per disabili affiliata al Torino FC, al Coni e alla Fisp, i cui associati
indossano la maglia color granata ogni volta che scendono in campo. L’idea gli
venne (nel 2010) tornando da un torneo internazionale per disabili in Svezia e volendo
inseguire l’obiettivo “lo sport supera le differenze”, oltre ad emulare la
squadra granata con i suoi iscritti partecipanti e con l’appoggio del CIP
Piemonte, attraverso molteplici competizioni con l’obiettivo l’integrazione dei
ragazzi (dagli 8 ai 18 anni) affetti disabilità fisiche e sensoriali e con la
passione per il calcio. «Oggi – ha spiegato
Girardi – il Torino FD è una realtà che
partecipa a pieno titolo a diversi tornei sia in Italia che all’estero.
Vogliamo creare un vivaio e poter dare ai giovani interessati la possibilità di
giocare, indossare la maglia granata e poter essere in qualche modo
protagonisti. Una sorta anche di promozione per sensibilizzare l’opinione
pubblica verso una maggiore attenzione allo sport fra disabili, per una loro
reale integrazione sociale ed umana». Giancarlo D’Errico, presidente della
Federazione Italiana Superamento Handicap (Fish) Piemonte, poliomielitico agli
arti inferiori, ha ribadito che lo sport è anche terapia e un mezzo per
superare i limiti “imposti” dalla disabilità, «ma occorre – ha precisato – attivare
un sistema più deciso per renderlo più concreto, meno approssimativo proprio
perché nel nostro Paese le Strutture preposte ad ospitare i disabili non sono sufficientemente
attrezzate…, si tratta di acquisire un modello bio-psico-sociale al fine di
valorizzare le loro capacità residue. La pratica sportiva è dunque anche
riabilitazione specie in presenza di particolari difficoltà e, il disabile,
rappresenta se stesso in ogni momento della sua esistenza se in grado raggiungere
la propria autonomia e, proprio per queste finalità, la Fish intende
contribuire a “reinquadrare” il problema». Oltre a promuovere attività
sportive la Fish Piemonte si occupa di problematiche legate ai trasporti e alla
vita indipendente, mantenendo costantemente rapporti con le Istituzioni
preposte. La tenace e “coriacea” Franca Esposito (poliomielitica arto superiore
e inferiore), psicologa-psicoterapeuta e presidente della ventennale associazione
DI.VO. (Disabili e Volontari), con sede a Napoli, ha illustrato le molteplici
finalità della sua “creatura” formata da un gruppo di volontari diversamente
abili nella loro vita quotidiana. L’attenzione è rivolta soprattutto alle “fasce
deboli” (compresi gli immigrati), lottando contro la loro emarginazione (in
alcuni casi anche da parte dei loro stessi familiari che non sono ancora
abituati a vedere i propri congiunti praticare lo sport) attraverso
intrattenimenti ludici e sportivi finalizzati alla formazione di momenti di
integrazione e socializzazione, ma anche la promozione di azioni volte al
rispetto dei loro diritti, dar voce alle esigenze delle loro famiglie,
incentivare politiche di sostegno, e organizzare convegni ed incontri al fine
di diffondere informazioni sulle problematiche inerenti il mondo dell’handicap.
La giovane e dinamica Francesca Vinzio (la prima a destra nella foto), membro della associazione A.S.D. PasSePORTout
della Valsesia (Vc), presieduta da Vincenzo Chiarelli, ha fatto conoscere un
realtà, fondata nel 2005, che raggruppa una sessantina di atleti (dagli 8 anni
ed oltre) affetti da disturbo mentale e fisico, il cui impegno è finalizzato
all’espressione delle capacità motorie valorizzando l’atletica come sport
“guida”anche per altre discipline, e nel contempo all’educazione e integrazione
in un contesto più allargato quali sono i Centri socio-educativi-assistenziali.
Un loro giovanissimo associato ha partecipato per il calcio ai Giochi Mondiali
Special Olympics di Los Angeles del 2015, ottenendo soddisfacenti risultati e
una straordinaria esperienza venendo a contatto con un modo sportivo e di
umanità senza confini… Giorgia Gay di Galliate (No), presidente e fondatrice di
Flyn Hearts (letteralmente “cuori volanti”), ha presentato la propria realtà
associativa finalizzata a dimostarre i benefici psicofisici del kitesurf, uno
sport non pericoloso che può essere praticato da tutti, anche dalle persone
disabili. «Il nostro operato – ha
spiegato – è rivolto in particolare agli
adolescenti con disagi psico-comportamentali, e questo sport viene
sperimentato, e adottato, in qualità di terapia alternativa per la
riabilitazione in collaborazione con l’équipe medica dell’ospedale Villa Santa
Giuliana di Verona. A questi soggetti il progetto “Flyn Hearts” include l’opera
dello psicologo Amedeo Bezzetto che, con il suo staff, segue in mare il team
dell’associazione contribuendo al monitoraggio delle reazioni dei pazienti, al
fine di ottenere i maggiori effetti benefici dall’entità psichica e relazionale
degli stessi». Giuliano Koten (classe 1941), paraplegico e in carrozzina
dall’età di 24 anni per un infortunio sul lavoro, è stato uno sportivo a tutto
tondo per molti anni: ha partecipato a numerose gare e alla maggior parte delle
Paralimpiadi ottenendo i maggiori riconoscimenti sul campo, decorazioni ed
incarichi di prestigio. Dotato di umiltà e amore per la vita propria ed altrui
(grazie anche grande dedizione per lo sport tout court), con il suo intervento
ha voluto sottolineare il valore del volontariato, precisando che nella nostra
realtà attuale tende ad essere meno presente soprattutto per la crisi generale.
«Tuttavia – ha sottolineato – bisogna far fronte ai momenti di fragilità,
di rabbia e quindi alla esigenza di lottare per non disperdere il patrimonio
culturale dello sport come attività agonistica (e terapeutica) da perseguire
per il superamento della propria condizione di handicap, ma soprattutto come disciplina
di vita».
Una delle ultime anime associative di Koten (nella foto) è “Il Timone”, una associazione
che ha sede a Novara e che, con il generoso contributo della Fondazione De
Agostini, si pone l’obiettivo di fornire servizi sul territorio locale alle
persone con difficoltà intervenendo soprattutto nell’ambito dell’assistenza,
dell’educazione, dell’arte, dello sport e della terapia grazie alla
collaborazione di molti volontari e professionisti con particolari competenze a
favore delle persone svantaggiate. Un ultimo intervento, della novarese
Benedetta Demartis, ha posto l’attenzione sulle persone affette da autismo,
portando a conoscenza la fondazione dell’A.N.G.S.A. di Novara, una associazione
voluta da molti familiari che si sono posti e si pongono il quesito: da dove
arriviamo e dove stiamo andando. Questa realtà associativa, che ha avuto il suo
esordio agli inzi del 2000, si pone come obiettivo di dare risposte sempre più
concrete ai bisogni “speciali” dei propri assistiti, tanto che nel 2014
l’associazione novarese diventa anche vercellese. «Un abbinamento – ha spiegato – per
dare più forza e incisività alle nostre iniziative. Siamo convinti che
l’autismo e i disturbi pervasivi dello sviluppo rappresentino una tipologia di
disabilità con necessità assistenziali particolari che comportano, tra l’altro,
l’individuazione di adeguati luoghi di vita ma anche l’impiego di opportune
metodiche cognitivo-comportamentali». Nel concludere i lavori, in qualità
di moderatore, ho voluto sottolineare che l’handicap può essere superato se la
società attraverso l’apporto delle tecnologie e dell’organizzazione sociale
riesce ad integrare la persona con disabilità nel normale circuito sociale,
facendo leva sulle potenzialità e le capacità della stessa. E poiché la qualità
della vita passa anche attraverso la qualità del diritto (ove è prevista
giustizia equa per tutta la comunità, il diritto stabilisce garanzie per
ciascun cittadino), a maggior ragione chi soffre il disagio dell’handicap
necessita di una particolare tutela che ne impedisce l’emarginazione, garantita
dalla certezza di regole che stabiliscono il principio di parità sociale. Le
conclusioni hanno compreso la necessità di dedicare incontri, soprattutto con
le Istituzioni, sul sostegno alle famiglie per il “dopo di noi”, un bisogno che
va concretizzandosi ogni giorno da parte di molti famigliari avanti con gli
anni, i cui pensieri e preoccupazioni costanti sono rappresentati dai loro
figli che a loro sopravviveranno… «Esistono
persone – ha chiosato Pesare – che
diventano speciali, non solo per il modo di essere e di agire, ma anche per la
profondità con cui attivano i nostri sentimenti».
(Foto di Faliero
Bossolesi)
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