UNA
GIORNATA CON I CARDIOCHIRURGHI
DELL’A.O.
MAURIZIANO UMBERTO I° DI TORINO
Rilevante
l’attività chirurgica che rientra tra le eccellenze di questo ospedale, grazie
alla professionalità e alla collaborazione tra colleghi della stessa Struttura
e delle altre Specialità mediche. La degenza media di 8-10 giorni è tale da
favorire l’indicazione per un buon recupero riabilitativo nelle strutture del
territorio
di Ernesto Bodini
Non capita
spesso di trascorrere un’intera giornata in un Dipartimento di Cardiochirurgia tra
reparto di degenza, ambulatori e sala operatoria nella veste di
“ospite-osservatore” a scopo divulgativo. Esperienza che personalmente ho
potuto vivere mercoledì 10 febbraio per oltre 12 ore nella S.C. di Cardiochirurgia
di questo storico ospedale, diretta dal dott. Riccardo Casabona (facente parte
del Dipartimento Chirurgico e Vascolare diretto dal dott. Franco Nessi, e del
Dipartimento di Cardiologia diretto dalla dott.ssa Maria Rosa Conte). Sono le 8.30 quando varco la soglia del
nosocomio torinese, e salendo al primo piano sono ricevuto nel reparto di
degenza dal dott. Casabona, dai colleghi Gianluca Bardi e Guglielmo Actis Dato.
Quest’ultimo, dopo avermi descritto la logistica e l’attività degli ambulatori
e della corsia, alle 9.10 visita una
paziente, proveniente in ambulanza da un altro ospedale cittadino (accompagnata
dai famigliari) per una consulenza cardiochirugica. La donna, 69enne, è affetta
da una grave nefropatia (ha un solo rene) e da una severa insufficienza
mitralica (precedentemente sottosposta a coronarografia) e, consultata la
cartella clinica, la informa dettagliatamente della necessità di un intervento
chirurgico correttivo sia pur non privo di rischi che la stessa comprende e che,
in accordo con i suoi familiari, esprime il consenso all’intervento. Il
ricovero è previsto per i giorni successivi. «Con i rischi che comportano questi interventi – mi spiega Actis
Dato –, sia il paziente che i suoi
famigliari devono percepire che viene data la massima attenzione al loro
problema… Se la cosiddetta “malasanità” nasce talvolta dalla scarsa attenzione
dei sanitari, ciò non significa scarsa capacità professionale in quanto molti
di essi danno tutto se stessi per il paziente, anche se il miglior risultato
possibile non sempre corrisponde al successo dell’intervento per via delle
possibili complicanze, peraltro non sempre prevenibili…». Approfittiamo di
una “pausa” per approfondire il dialogo. Dottor Actis Dato, quali sono le
complicanze più ricorrenti che il cardiochirurgo si trova a dover affrontare? «Le complicanze sono legate soprattutto alle
comorbilità dei pazienti, la maggior parte dei quali è affetta da diabete,
nefropatie, broncopneumopatie, e talvolta da problemi neurologici tant’è che in
alcuni casi non è sempre consigliabile l’intervento chirurgico. Sono per la
maggior parte pazienti anziani, e non mancano casi con esigenze di carattere
prettamente socio-sanitario e assistenziale, tanto da dover essere seguiti
dalle nostre assistenti sociali». Qual è l’età media dei pazienti da voi
ricoverati o comunque in cura, ed eventualmente preposti per un intervento
chirurgico? “L’età media è di 68-70 anni
e, dal 2000 ad oggi, abbiamo operato circa 7.500 pazienti, mediamente 600
all’anno, utilizzando una sola sala operatoria per 2-3 sedute giornaliere della
durata di 4-5 ore ciascuna». Quali le patologie più frequenti che
necessitano un intervento? «La casistica
si è modificata nel corso degli anni, e ciò significa che quando si è iniziata
l’attività il numero dei by-pass coronarici, ad esempio, era significativo;
negli ultimi anni tale casistica è diminuita del 20% nel caso, ad esempio, del
by-pass singolo mentre sono notevolmente incrementati gli interventi di
sostituzione delle valvole aortiche, come pure il trattamento della patologia
dell’aorta ascendente, anche perché la malattia della valvola aortica
nell’anziano è divenuta in questi anni molto frequente. Inoltre, sono da
considerare gli interventi per correggere il malfunzionamento delle protesi valvolari».
Verso
metà mattinata seguo il medico nell’ambulatorio pre-ricoveri dove esamina le condizioni
di una paziente di 33 anni con patologia cardiaca e disturbi neurologici e,
dopo una approfondita consultazione dei referti clinici, riferisce alla stessa
e ai suoi famigliari il suo parere clinico diagnostico-terapeutico. Verso le 10.30 si ritorna in corsia dove, il
dott. Bardi, inizia le visite dei ricoverati (in gergo giro visita) coadiuvato
da due infermieri, predispone eventuali ulteriori esami e l’aggiornamento delle
terapie. Subito dopo il dott. Actis Dato è a colloquio con la coordinatrice
infermieristica Vittoria Pugliese, per discutere il caso di una giovane
paziente cardiopatica e tracheostomizzata sulle possibili dimissioni in quanto bisognosa
di una assistenza continuativa sul territorio. Verso le ore 11.50 il medico, che nel frattempo ha
ricevuto diverse telefonate da colleghi e pazienti per consulti, riceve
brevemente la figlia di una paziente ricoverata la quale lamenta che la madre
manifesta sintomi di instabilità psichica; le viene spiegato che tali disturbi si
possono verificare dopo un intervento in anestesia, e che nel frattempo è stata
richiesta una consulenza psichiatrica. Alle 12.10 riceve una anziana signora in carrozzina, accompagnata da un
famigliare, già operata per dissertazione dell’aorta, la quale lamenta uno
stato febbrile e difficoltà respiratoria e, dopo una prima valutazione, il
medico predispone l’invio in Pronto Soccorso per ulteriori accertamenti
diagnostico-strumentali.
Dopo
una breve pausa, restando al seguito del dott. Actis Dato, l’attività del
pomeriggio vede lo stesso impegnato in sala operatoria dove, nel frattempo è
appena terminato un intervento (effettuato dal dott. Bardi) ma che in realtà
lo stesso paziente deve essere rioperato per una imprevista complicanza… Verso
le 17.30 seguo in sala operatoria il
dott. Actis Dato che deve operare (in circolazione extracorporea) un paziente
di 81 anni per la sostituzione tre valvole cardiache, coadiuvato dal dott.
Roberto Flocco, dallo strumentista e dalle anestesiste Nicoletta Lojacono e
Martina Pietrafesa, oltre ai tecnici perfusionisti Paolo Borin e Adalberto
Balossino, agli infermieri e Oss di sala. In questo ambiente, dove
l’imponderabile talvolta si può manifestare, si svolge un autentico rito: la
preparazione del chirurgo (compreso lo strumentista) ha inizio con la
“vestizione” e l’immediata “concentrazione”, mentre l’anestesista con tutte le
misure di sicurezza proprie delle tecniche più moderne, dà la possibilità di
condurre l’intervento più delicato per diverse ore. Il chirurgo, munito di
occhiali con lenti di ingrandimento, si curva sul paziente, il campo operatorio
è ben definito, quasi esaltato dalle vivida luce delle due lampade scialitiche la
cui caratteristica è quella di non creare ombre. L’ambiente della camera
operatoria mi è apparso sereno, solenne e sacro; una sacralità (a mio avviso)
che è data dall’atto e dalle intese sinergiche tra operatori che nella sala
operatoria si compiono, dalla presenza della persona aggredita dalla malattia
che si consegna all’esperienza e alla coscienza del chirurgo e dei suoi
collaboratori con fiducia assoluta anche se non sempre serena… Ho avuto più volte occasione di assistere ad
interventi chirurgici di notevole rischio, e resta difficile poter esternare le
impressioni e le emozioni che formano e rafforzano l’esperienza umana di chi
potendo avere la sorte di essere spettatore pensoso e attento divulgatore in simili circostanze, riesce a sentire più
che mai il valore della vita e i suoi limiti. Questo intervento, iniziato alle
ore 17.4o, è terminato alle ore 21.20 con il trasporto del paziente in
terapia intensiva per la fase del… lento risveglio, graduale e soddisfacente.
Il conforto di questi operatori (chirurghi, anestesisti, infermieri e tecnici) può
essere dato da una sempre maggiore valutazione; non si tratta di portatori
d’acqua o di semplici membri di una équipe, ma di veri protagonisti del
successo o dell’insuccesso operatorio.
Ma
quali le incombenze dell’infermiere, come la signora Vittoria Pugliese,
coordinatrice infermieristica nell’ambito della cardiochirurgia? Pur
considerando 16 posti letto del reparto di degenza e la disponibilità di 10
colleghi oltre a 7 Oss, questa professionale di provata esperienza coordina il
“flusso” dei pazienti nell’ambito Dipartimentale delle tre specialità,
“districandosi” tra le esigenze costanti dei reparti di degenza e rianimazione,
seguendo via via i ricoveri e le dimissioni, e sovente in contatto con le
strutture territoriali per l’accettazione dei pazienti inviati dai medici per
la riabilitazione post-chirurgica; mentre la collega signora Consiglio è dedita
alla gestione del personale. «La nostra
giornata – spiega Pugliese – è quasi
sempre frenetica, non solo per le caratteristiche dei pazienti ma anche per le
esigenze gestionali e organizzative vere e proprie; un impegno per garantire la
continuità e il mantenimento dei posti letto: degenza, rianimazione, dimissioni
e nuovamente ricoveri. Per questa mole di lavoro il personale infermieristico
dovrebbe essere incrementato, soprattutto considerando il periodo di ferie ed
eventuali assenze per malattia. Personalmente, in stretta collaborazione con i
medici, nella fase delle dimissioni non di rado mi occupo (a “sostegno” delle
assistenti sociali dell’ospedale) dei casi definiti “più sociali” per carenze
famigliari e/o assistenziali. È auspicabile che con il nuovo piano aziendale si
possa rivedere alcune situazioni nel loro reale contesto». Verso le ore 21.30 si conclude la mia giornata
accanto a questi operatori, che della cardiochirurgia ne hanno fatto una scelta
professionale con la coscienza di mettere sempre in evidenza le esigenze dei
loro pazienti, aiutandoli ad affrontare l’attesa (non priva di ansia),
l’accoglimento per la prima visita, il ricovero e le serene dimissioni affinché
giovino il più possibile alla loro umana dignità… E, per questo, non c’é spending review che tenga!
(Nella foto in alto l'ingresso dell'ospedale, tratta da internet; nella foto centrale una fase dell'intervento ad opera dei dott. Actis Dato e Flocco; nella foto in baso la macchina per la circolazione extracorporea. Le due ultime immagini sono di Ernesto Bodini).
(In visita il 10 febbraio 2016)
(In visita il 10 febbraio 2016)
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