UNA
MATTINA CON GLI ODONTOIATRI DELL’OSPEDALE MARTINI DI TORINO
Efficienza ed apporto empatico sono le
pecuilarità di questi operatori per il trattamento odontostomatologico in
pazienti affetti da gravi disabilità, e quindi non collaboranti
di Ernesto Bodini
Qual
è lo stato di salute orale delle persone disabili in Italia, specie se affette
da gravi menomazioni e “non collaboranti”? Attualmente è poco conosciuto sotto
l’aspetto epidemiologico, come mi ha confermato con una e-mail del 20 agosto
2012 l’Ufficio Stampa del Ministero della Salute: «… non è disponibile alcuna documentazione specifica riguardante le
prestazioni odontoiatriche per le persone affette da disabilità psicofisica
grave». È trascorso un triennio ed ancora non si ha notizia di una indagine
epidemiologica a riguardo, una “lacuna” che andrebbe colmata perché avere chiara
la situazione di quanti disabili hanno bisogno di una costante bonifica
dentaria, può favorire una migliore gestione del problema sul territorio, e nel
contempo ottenere una più fattiva compliance
sia del paziente che del suo caregiver. Va da sé che un programma dedicato alla
prevenzione orale e il potenziamento di strutture odontoiatriche (e più
estensivamente odontostomatologiche), potrebbe rappresentare una buona
soluzione alle carenze tuttora presenti sul territorio nazionale, come del
resto è emerso nel corso di alcuni convegni dedicati. A Torino, tra le Strutture
sanitarie che dedicano assistenza odontoiatrica con particolare dedizione ai
pazienti affetti anche da handicap grave vi è quella dell’ospedale Martini dell’Asl
TO/1, diretta dal dott. Maurizio Giordano, specialista in odontostomatologia e
chirurgia maxillo-facciale, coadiuvato dagli specialisti in odontoiatria Enrica
Raviola e Pier Paolo De Giovanni. Ogni anno i passaggi in Odontoiatria sono
circa 12-13 mila, 120 dei quali riguardano pazienti disabili, in gran parte “non
collaboranti” per cui si interviene in anestesia generale. Tutti questi
pazienti necessitano di un percorso “preferenziale” in quanto è previsto un
accesso prioritario e un’attesa in spazi dedicati, poiché essendo non
collaboranti richiedono un’attenzione operativa da parte dello staff preposto, sia negli ambulatori che in sala
operatoria.
Solitamente
per l’Odontoiatria la sala operatoria è disponibile un giorno alla settimana
programmando dai 3 ai 4 pazienti adulti o pediatrici. Oggi (mercoledì 20
gennaio) sono in programma tre interventi in anestesia generale. In sala
operatoria intervengono i chirurghi odontoiatri Enrica Raviola, Maurizio
Giordano, Ferruccio Zattarin e l’anestesista Cristina Pasero, oltre alle
assistenti dottoresse Antonella Ghia e Lia Giordano, la strumentista Giusy
Parisi e le infermiere di sala. Il primo paziente è un bimbo cinese di 4 anni
al quale viene effettuato intervento di anchiloglossia (iniziato alle ore 8,25),
ossia la rimozione della eccessiva aderenza della lingua al pavimento della
bocca che ne limita i movimenti, oltre alla rimozione di carie multiple in
dentatura ancora decidua, ossia i cosiddetti denti da latte. Dopo una breve
pausa, alle 9,45 un 22 enne è sottoposto all’estrazione dei 4 ottavi, ossia i
cosiddetti denti del giudizio, la cui posizione anatomica risulta essere
anomala e non funzionale (disodontiasi). Alle 11,20, il terzo paziente è un
giovane di 34 anni che presenta una estesa cisti mandibolare, per cui è stato
sottoposto alla relativa rimozione; in caso contrario il paziente avrebbe
potuto subire conseguenze come una frattura mandibolare. In tutti i casi il
decorso anestesiologico è stato normale, come pure l’assistenza sanitaria da
parte di tutti gli operatori di sala, in un clima sereno e particolarmente
motivati per lavorare in pragmatica sinergia.
Interventi
di “routine”, ma solitamente più impegnativi quando si tratta di agire su
pazienti odontoiatrici con una patologia di base di carattere psicofisico e/o
neuromotorio, come spiega la dottoressa Raviola (nella foto), con quasi trent’anni di esperienza: «Ogni anno trattiamo circa 80 pazienti
disabili “non collaboranti”, per i quali si può intervenire solitamente se
sottoposti ad anestesia generale. Tra le patologie gravi di base riscontriamo
spesso pazienti affetti da autismo, sindrome di down, spasticità, ritardo
mentale da sofferenza neonatale, oligofrenia, paralisi cerebrale, sindrome di
Arnold-Chiari, citopatia mitocondriale, fenilchetonuria, microcefalia, spina
bifida, adulti affetti da psicosi, etc. Una ulteriore e maggiore attenzione è
rivolta sia ai pazienti in poltrona che in sala operatoria con bisogni
specifici, in quanto affetti da sieropositività, cardiopatie gravi, nefropatie,
neoplasie, etc.». A differenza di altri il paziente down talvolta può
essere trattato in poltrona in quanto collaborante, e ciò dipende sia dalla gravità
della sindrome che dalla vicinanza e dal sostegno del famigliare
accompagnatore. «Tutti i pazienti –
precisa il clinico – sono sempre
accompagnati da un familiare o un caregiver, la cui presenza si rivela molto
importante che a sua volta necessita di una “attenzione psicologica”,
instaurando un rapporto empatico tra gli stessi e gli operatori sanitari».
Ma una situazione precaria odontostomatologica è dovuta essenzialmente alla
patologia di base, o vi sono altre cause? «Ad
una carenza di prevenzione nel paziente disabile, specie se grave –
conclude la dott.ssa Raviola – corrisponde
solitamente una “minor dedizione” da parte del familiare o caregiver, o anche
dell’educatore se il paziente vive in comunità, i quali focalizzano
maggiormente la loro attenzione sulla patologia di base, “trascurando”
periodicamente la realtà del cavo orale e dei denti in particolare. Va da sè
che la salute del cavo orale influisce notevolmente sulla salute in generale
del paziente che, se non sofferente, diventa più collaborante in caso di
trattamento odontostomatologico, ancorché chirurgico». Una realtà, quella
dell’ospedale Martini, non diversa da alcune altre del territorio piemontese,
la cui efficienza è data dalla professionalità e dalla umana dedizione degli
operatori, che potrebbero migliorare la loro performance se venissero ampliati
alcuni spazi, oltre ad intensificare opere di educazione e prevenzione del cavo
orale da parte delle strutture sanitarie del territorio, soprattutto dedicate a
pazienti disabili.
(Foto
di Ernesto Bodini)
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