EDITORIA ONCOLOGICA DIVULGATIVA

PUBBLICAZIONI UN PO’ DATATE… MA NON TROPPO
Divulgare e leggere argomenti di Oncologia  fa sempre bene?
È forse  anche terapeutico ma… senza farsi condizionare

di Ernesto Bodini


Sono numerose le pubblicazioni (scientifiche e non) sul problema dei tumori, in particolare sulla prevenzione e cura; ma anche storie di vicende vissute, racconti, saggi, aneddoti e quant’altro. Pubblicazioni che, a parte gli addetti ai lavori, è impossibile seguirne costantemente gli aggiornamenti. Tralasciando quelle a carattere più strettamente scientifico, che come si può immaginare sono un’infinità, mi limito a citarne alcune di carattere divulgativo e dai risvolti, talvolta particolarmente significativi e la cui produzione è altrettanto notevole. Tra le meno recenti (che ancora conservo) vorrei citare “Quando il cancro colpisce” (1979) di John A. MacDonald, un chirurgo americano che ha operato per molti anni e che, lui stesso, dopo vent’anni di attività chirurgica, si è trovato a doversi autodiagnosticare una neoplasia al polmone. Ed è del 1982 il libro “La volontà di guarire” (titolo originale “Anatomy o fan Illness”, ossia Anatomia di una malattia), di Norman Cousins, scrittore e docente alla Scuola di Medicina a Los Angeles, la cui filosofia si concentra tutta nel concetto che la solidarietà tra medico e paziente, la collaborazione fattiva del paziente, è il migliore aiuto per la guarigione. In collaborazione con il Comitato Gigi Ghirotti la Franco Angeli editore ha pubblicato “Il lungo viaggio nel tunnel della malattia” di Gigi Ghirotti, il noto giornalista vicentino morto a 54 anni nel 1974 a causa del linfoma di Hodgkin. Un libro-inchiesta scritto nel 1973 durante il periodo della sua esperienza di malato oncologico. L’autore ha vissuto la sua malattia negli ospedali pubblici, sostenendo con coraggio e dignità che «un giornalista non può essere testimone del sentito dire, o colui che vive delle passioni degli altri. Se gli capita di correre un’avventura tra vita e morte in prima persona e poi non la racconta, direi che quel giornalista è uno che non ha capito nulla né del proprio mestiere, né dei propri doveri di cittadino, perché i momenti decisivi della propria esistenza vanno vissuti come e dove li vive la stragrande maggioranza dei connazionali».

La pubblicazione “Vite a termine” è di Milena Massari (Rizzoli editore, 1990), medico milanese (nata nel 1951, in seguito ammalatasi di un tumore e oggi guarita) che descrive una storia personale contro il cancro; un libro (uscito in tre edizioni) per i colleghi, soprattutto per quelli che credono nel “freddo” distacco professionale. Nel 1991 il giornalista-scrittore Giovanni Maria Pace (oggi scomparso) ha pubblicato con l’editore Longanesi & C. “Colloqui con un medico” (prof. Umberto Veronesi) sui grandi temi della malattia, della scienza e della vita. Lo stesso autore nel 1996 ha dato alle stampe “Le donne devono sapere” (edito da Sperling & Kupfer, 1996), un’intervista a Umberto Veronesi su come prevenire e affrontare il tumore al seno. Sempre nel 1996 la Rizzoli ha pubblicato “La morte amica” di Marie de Hennezel, psicologa e psicoanalista nell’Unità di cure palliative all’ospedale della città universitaria a Parigi; una cronaca commovente e affatto triste dei giorni e delle ore trascorse al capezzale dei malati terminali. Nel 1998 l’autrice francese, con Jean-Yves Leloup ha pubblicato (con lo stesso editore) “Il passaggio luminoso. L’arte del bel morire”, una riflessione a due voci che ha il valore di una vera e propria guida  spirituale, di un messaggio che travalica fedi e culture. Ancora in quest’anno la Edizioni San Paolo ha pubblicato “La dignità degli ultimi giorni” a cura di Luigi Alici, Francesco D’Agostino e Fausto Santeusanio (rispettivamente professore straordinario di filosofia, presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica, medico endocrinologo). Un libro non sulla morte, ma sulla vita, sui suoi limiti, sul suo valore, sulla sua dignità fragile e preziosa. I tre autori richiamano anche l’attenzione sul dovere del medico nei confronti del malato terminale, come la sincerità e la lealtà con le quali egli deve comunicare.

Nel 1999 il giornalista-scrittore Sergio Zavoli ha pubblicato “Dossier cancro” (Garzanti editore). Un libro utile a tutti perché documenta, attraverso interviste incrociate a noti clinici, la complessità del problema ma anche un incrociarsi di “realtà e speranze”. In questo stesso anno lo psichiatra-psicoterapeuta e già consulente di psicosomatica all’ospedale Molinette di Torino, Giorgio Lovera (oggi in pensione), in collaborazione con altri autori ha pubblicato “Il malato tumorale” (Ed. Medico Scientifiche). Un libro che offre un’ampia panoramica sulle più attuali tematiche della psiconcologia. Nel 2003 la Grandi Tascabili Einaudi ha dato alle stampe “La sfida più difficile. L’eredità evolutiva del cancro” (titolo originale “Cancer. The evolutionary legacy”, 2000-2001) del biologo Mel Greaves che, attraverso quest’opera, spiega perché i vecchi modelli, validi per studiare le malattie infettive e genetiche, si sono rivelati inefficaci, nell’indagare la natura complessa del cancro.

Per contribuire con messaggi di ottimismo vorrei approfondire la presentazione di un “libro testamento” ma soprattutto un invito alla speranza per i malati di tumore, ed è quanto si può cogliere leggendo “Ho vissuto più di un addio” del medico e scrittore francese David Servan-Schreiber (Ed. Sperling & Kupfer, 2011). È il racconto della sua particolare esperienza di paziente che ha combattuto e inizialmente vinto il cancro, ma che ha dovuto nuovamente affrontare dopo anni. Determinato e perfettamente cosciente non si è arreso rifiutando lo “spettro” della rassegnazione e men che meno della sconfitta… La consapevolezza è diventata il suo “sostegno”, sempre più convinto che combattere il cancro si può, come ha scritto nelle sue precedenti pubblicazioni “Guarire” (Ed. Pickwick, 2003) e “Anticancro” (Ed. Pickwick, 2007); prova ne è la ricomparsa del male dopo “soli” diciannove anni. Più volte soprannominato in Francia “profeta del benessere” il prof. Servan-Schreiber si ammalò nel 1992 a 31 anni di un tumore al cervello (un glioblastoma di IV grado, che ha una delle prognosi più infauste di tutte le tipologie di cancro, con una sopravvivenza media di quindici mesi). La prognosi era di pochi mesi di vita, ma la sua forza di volontà e grande determinazione lo hanno sempre sostenuto perché convinto che l’essere umano ha risorse e capacità tali da affrontare il tumore senza doversi affidare necessariamente e, in modo totale, ai farmaci e alla medicina. Per questo brillante clinico e ricercatore, nato a Neuilly (Francia) nel 1961, e formatosi negli USA nel campo della Psichiatria e delle Neuroscienze, significava affrontare la depressione, lo stress, l’ansia basandosi sui metodi non convenzionali come l’attività fisica, la meditazione (yoga) e la dieta come “rafforzativo” delle terapie classiche aumentando le difese naturali dell’organismo precisando «… non esistono cure miracolose contro il cancro, nessuna guarigione è al 100%, ma si può lottare fino all’ultimo». Sapeva che, pur a distanza di anni, il male si sarebbe ripresentato e questa ricaduta lo ha spinto a porsi domande inseguendo la filosofia dell’”Anticancro”. I suoi libri, scritti da uomo di scienza, hanno contribuito ad ampliare gli orizzonti della medicina, senza trascendere nella promessa di “guarigioni miracolose” ma restando ancorato nella sua formazione filosofica e di neuroscienziato, per concludere  che «qualsiasi cosa succeda ho la ferma speranza che questo addio non sarà l’ultimo. Ci si può dire addio tante volte». Il prof. Servan-Schreiber si è spento il 24 luglio 2011, all’età di cinquant’anni.

Se è vero, quindi, che la malattia di cancro può essere affrontata senza arrendersi, è altrettanto vero che anche nei casi più “insperati” si può ben sperare in una prognosi più favorevole… senza limiti di tempo. E se comunicare (a vario titolo) attività medico sanitarie e medico scientifiche è sempre un ruolo delicato e particolare, ad opera di giornalisti, scrittori e degli stessi medici, ancor più lo è quando si tratta di comunicare argomenti che coinvolgono la materia oncologica in tutti i suoi aspetti: attività di ricerca e clinica, assistenza e difesa del malato, esperienze vissute in prima persona, etc. In questi casi i drammi, le polemiche e le considerazioni si perderebbero all’infinito; ma vorrei concludere con due citazioni. Il filosofo tedesco Friedrich W. Nietzsche (1844-1900) nel 1881 sosteneva: «Tranquillizzare l’immaginazione del malato, che almeno non abbia a soffrire, come è accaduto fino ad oggi, più dei suoi pensieri sulla malattia che delle malattia stessa, penso che sia già qualche cosa. E non è poco!». Inoltre: «Poiché non è mai esistito, non esiste e forse non esisterà mai un mondo utopistico senza il cancro – sostiene Mel Greaves –, una delle cose più utili che un movimento (come quello olistico) possa promuovere è di unire pubblico e medici ad essere pienamente potenziato nel mantenere la salute e nello sconfiggere la malattia».



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