IL
MEDICO DI FAMIGLIA, FIGURA NON SOLO INDELEBILE MA INDISPENSABILE
Il Servizio Sanitario
Nazionale ne garantisce il ruolo e le prestazioni grazie alla convenzione con
la categoria MMG (Medici di Medicina Generale), ma il sistema di conduzione
dipende sia dalle risorse disponibili che dalla impostazione di rapporto fra le
parti: medico e paziente.
Ernesto Bodini
La
medicina ufficiale di tutti i giorni, soprattutto quella esercitata sul territorio
(la cosiddetta medicina di base: medici famiglia e medici specialisti
ambulatoriali), è tuttora la massima espressione della salute pubblica, senza
nulla togliere a quella ospedaliera ulteriormente qualificata e determinante per
le emergenze-urgenze e i ricoveri. Il nostro SSN è ancora garantista per quanto
riguarda le prestazioni, nonostante il tanto discusso federalismo sanitario, la
spending riview, i continui cosiddetti
“piani di rientro”, le quotidiane liste di attesa e non ultimi i continui
adeguamenti dei ticket come contributo di partecipazione alla spesa sanitaria.
Ma quali le ragioni di questa disamina? È presto detto. Giovedì 27 agosto ho
trascorso (per l’undicesimo anno consecutivo) una giornata di lavoro al seguito
del dottor Gino Angelo Torchio (nella foto), piemontese, 66 enne (scrittore per passione e
socio dell’AMSI), medico di famiglia e specialista in tisiologia e malattie
dell’apparato respiratorio (con anni di esperienza ospedaliera) di Chivasso,
paese della provincia di Torino. Un appuntamento annuale, divenuto per me una
sorta di consuetudine per acquisire “de visu” e descrivere la metodologia
dell’esercizio della medicina extra ospedaliera, ma soprattutto per cogliere le
più significative “sfumature” del rapporto tra medico e paziente, il quale,
quest’ultimo, rappresenta tuttora una sorta di inadeguatezza fra le aspettative
di chi chiede un consulto e le possibilità di chi lo dà. Infatti il paziente,
nella maggior parte dei casi, non solo crede all’onniscenza del medico, ma
anche a schemi terapeutici uniformi atti a risolvere in modo tempestivo
qualunque tipo di patologia… possibilmente con l’ausilio delle più sofisticate
tecnologie; oltre al fatto di conoscere ben poco i propri doveri e le modalità
di erogazione delle prestazioni.
In programma due visite
domiciliari: una a Torassi (piccola frazione del chivassese) e una a Chivasso.
In ambedue i casi le visite sono previste previa chiamata telefonica prima delle
ore 10.00 del mattino stesso, dal lunedì al venerdì. Sono le 11,30 quando con
il dott. Torchio varco la soglia della casa di due coniugi anziani. La paziente
(76 anni) ha prenotato la visita a domicilio lamentando una dolenzia acuta in
zona cervicale, tanto da non riuscire a dormire nonostante avesse fatto uso di
antidolorifici. Il medico la visita (seguito dallo sguardo attento e
partecipativo del marito) con fare obiettivo e manuale, intrattenendola (e
“distraendola”) con un breve dialogo fatto di spiegazioni alternate da
espressioni più amene e di simpatica cordialità. Dopo alcuni minuti la
diagnosi, data per certa, è di cervicalgia acuta per la quale il medico
prescrive iniezioni intramuscolari per favorire l’effetto miorilassante della
muscolatura (che si è irrigidita) e in seguito un trattamento di massoterapia.
È sorprendente notare che durante la permanenza del medico la paziente si sia
lamentata sempre meno, sia per la sua presenza rassicurante (la mia era a
margine…) che per l’impostazione del dialogo divenuto via via sempre più
“confidenziale” e dal tono familiare…
Ci rechiamo ora a Chivasso dove
arriviamo poco dopo le 12.05 per rispondere alla richiesta di visita
domiciliare da parte di una paziente di 87 anni (vedova, ma seguita da una
figlia), affetta da ipertensione cronica e con problemi di carattere
ortopedico, in particolare inerenti al cronico restringimento del canale
midollare. Il medico la conosce da molto tempo e sa bene della irreversibilità
della patologia (nonostante un pregresso intervento chirurgico) per la quale è
in costante terapia antidolorifica a base di morfina e oppiacei vari… La
signora si mostra sconfortata, piange e di tanto in tanto si dispera pur
contenendosi, soprattutto in presenza della figlia (oltre alla badante) che la
sorregge con il dialogo e le prestazioni di prima necessità. Il medico,
apparentemente “disorientato”, la ascolta e la lascia sfogare, ripetendole che
non può fare altro che continuare a prescrivere gli stessi farmaci (potenti
antidolorifici, di ultima generazione), suggerendo tuttavia di modificare la
posologia e i tempi di somministrazione, oltre ad una visita algologica. La
permanenza in quella casa si è protratta per tre quarti d’ora, durante la quale
(con discrezione ho “partecipato” al dialogo) il rapporto medico-paziente ha
avuto l’effetto rassicurante, di conforto e di partecipazione…, una sorta di
terapia psicologica ai confini con il placebo che ha contribuito ad
interrompere il piagnisteo della paziente e le sue ripetitive lamentele di
sofferenza.
Dopo l’intervallo del pranzo
la tappa successiva è l’attività di ambulatorio a Rondissone, piccolo paesino
di provincia alle porte di Chivasso. Inizio ore 15.00. La prima paziente è una donna di 61 anni affetta da una
lesione cervicale causata da una trauma (un mese prima era stata aggredita in
casa da malviventi), porta un collare contenitivo per il quale è venuta dal
medico per avere consigli sulla durata di tale mantenimento, ma anche per “rievocare”
brevemente l’episodio e avere quel tanto di conforto e di rassicurazione che le
fa accettare con più pazienza la condizione ortesica contenitiva, peraltro
quasi al termine della stessa. Ore 15.14
- A passi lenti entra un uomo di 74 anni, è un lieve iperteso e affetto da
calcoli biliari; il medico gli rileva la pressione arteriosa, che risulta
essere nella norma, e gli prescrive il solito farmaco antipertensivo e lo
invita a tenersi sotto controllo. Ore 15.24
– Un paziente, 76 enne, diabetico, si presenta per richiedere l’impegnativa di una
visita oculistica per probabile intervento di asportazione della cataratta;
breve il commento in proposito per essere rassicurato. Ore 15.29 – Con fare timido ed un po’ accorto entra in ambulatorio una
giovane ragazza che richiede la prescrizione, per lei e per la sorella (ben
conosciute dal medico), per disturbi dovuti ad insufficienza ovarica. Ore 15.33 – È la volta di una giovane
signora di mezza età che ha bisogno di rinnovata prescrizione di farmaci
neurolettici per la madre affetta da una forma di demenza; mentre il medico
compila la ricetta la signora, che anche lei è paziente dello stesso medico, si
“sfoga” lamentando la difficoltà di sostenere e assecondare la propria madre
che a causa della patologia è spesso ingestibile e motivo di preoccupazione… Il
dott. Torchio l’ascolta (e quasi mi “coinvolge” nel dialogo umano) dimostrando
di conoscere bene il problema e di esserle vicino… Ore 15.42 – L’ultimo paziente è un agricoltore di 63 anni, con le mani
segnate dal duro lavoro della terra, affetto da tempo da un disturbo atriale,
che il medico ben conosce e quindi gli rinnova la prescrizione dei relativi
farmaci antiaritmici, ossia per ben controllare il ritmo cardiaco.
(In visita il 27/8/2015)
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