BREVI CENNI STORICI DELL’OPPIO
Evoluzione della conoscenza
e dell’uso di
una sostanza naturale tra diverse culture
Ernesto
Bodini
Il papavero da oppio (papaver somniferum)
è una pianta erbacea originaria degli altopiani dell' Anatolia. La pianta,
appartenente alla famiglia delle Papaveracee, è caratterizzata da un fusto
eretto, alla cui sommità si sviluppa un unico grande fiore di colore variabile:
violetto, rosa o bianco, ma più spesso di un bel rosso vivo. Fiorisce tra
giugno e agosto; i frutti sono delle capsule contenenti numerosi piccolissimi
semi. L'oppio ha odore forte e viroso, il suo sapore è amaro, nauseante e
particolarmente sgradevole, si ottiene dalle capsule immature nelle quali sono
contenuti diversi alcaloidi, fra i quali morfina, codeina e papaverina. Il
succo essiccato del papavero ha rappresentato una delle sostanze fondamentali
della Medicina fin dai tempi in cui essa non era distinta dalla magia e dalla
religione, e di riferimento per quasi tutte le forme di dolore acuto,
chirurgico e cronico. L'origine etimologica "Opium" è latina, termine
utilizzato per primo da Plinio il Vecchio (I sec. d.C.), il quale descrive le
varietà di papavero e gli usi specifici. Persino Galeno (Il sec. d.C.) tiene in
grande considerazione l'oppio ritenendolo quasi una panacea, ossia un rimedio
per tutti i mali. Ma già i Sumeri della Mesopotamia facevano uso del papavero
da oppio per i suoi effetti euforizzanti. Gli Egizi lo usavano come sedativo
per i bambini, e tra i Greci e i Romani era diffuso come antidolorifico. Ma vi
è traccia di bacche di papavero in resti umani in prossimità di alcune tombe
scoperte a Rabenhausen (Svizzera).
Ma molti reperti fossili dimostrano che
il papavero era conosciuto in Europa e in Medioriente già nel Neolitico e
nell'età del Bronzo (5000 a.C. circa). Ippocrate V-IV sec. a.C.) ne descrive le
proprietà analgesiche e l'utilità contro la dissenteria; mentre Celso (30
d.C.), in un trattato sulla medicina raccomanda il papavero contro il dolore in
genere. L'arte medica dell'antica Grecia giunge sino agli Arabi che ne
descrivono efficacemente anche gli effetti collaterali e i rischi connessi
all'uso. In seguito i mercanti arabi lo introdurranno in Persia, India e Cina
dove pare fosse già in uso dall'anno 1000. Un ruolo fondamentale nella
ri-scoperta dell'oppio va attribuito a Paracelso (1493-1541), medico,
alchimista e filosofo tra i più rappresentativi del Rinascimento, il quale
rivaluta l'efficacia dell' oppio e prepara il laudano, una mistura che aveva
l'oppio come ingrediente fondamentale. Nel XVII secolo il medico inglese Thomas
Sydenham (1624-1689) esalta l'oppio come il più efficace rimedio contro la
sofferenza, tanto da sostenere che è un dono di Dio, e che senza questo rimedio
non sarebbe possibile alcuna medicina. In particolare affermava: «Fra tutti i rimedi che Dio onnipotente donò
all'uomo, non ve ne è alcuno più universale e più efficace dell'oppio. Esso è
così necessario alla medicina che questa non potrebbe assolutamente farne a
meno, ed un medico che sappia adoperarlo opportunamente otterrà sorprendenti
risultati».
Nel XVIII secolo il medico inglese
William Heberden (1710-1801) ammonisce sull'attenta scelta del preparato e del
dosaggio. Il farmacista svizzero, e chimico autodidatta, Friedrich Sertüner
(1783- 1841) riesce a isolare dall'oppio lo "specifico elemento
narcotico" che denomina Morphium, con palese riferimento a Morfeo, il dio
del sonno. L'utilizzo dell'oppio non era all'epoca ritenuto sicuro in quanto
l'azione della sostanza era imprevedibile e difficile era stabilire un rapporto
dose-efficacia per il trattamento delle patologie dolorose. Per queste ragioni
il farmacista fece continui esperimenti per estrarre dalla massa lattiginosa la
sostanza attiva utilizzando una non ben definita sostanza cristallina che,
purificata con acido solforico ed alcool, si trasformò in polvere bianca. Dopo
vari esperimenti su animali (ratti e cani) il giovane e intraprendente chimico
prova su se stesso e su tre amici volontari assumendo dosi di morfina, fino
all'induzione di sonnolenza, ma con qualche spiacevole conseguenza al termine
della sedazione. Sertüner non si scoraggiò e fece ulteriori esperimenti su se
stesso i cui risultati lo portarono a pubblicare nel 1817 un lavoro su "Della
morfina come componente principale dell'oppio". Si diffuse così
l'uso degli oppiacei, anche a scopo voluttuario e, nel 1898, con una notevole
campagna pubblicitaria rivolta ai medici e agli ospedali la commercializzazione
della diacetilmorfina (eroina), indicata contro tutti i dolori, e quindi come
sedativo. Ed è quindi a partire dalla Rivoluzione industriale del 1800 che
l'oppio diventa una sostanza a basso costo e per questo molto diffusa:
l'Inghilterra possedeva in India notevoli piantagioni di oppio e ne
commercializzava in tutta Europa, tanto che si verificò un'epidemia d'abuso più
grave dell'alcolismo. Proprio in questo periodo furono creati i primi farmaci a
base d'oppio, e tale fu la produzione che l'uso d'oppio si diffuse anche nel
mondo letterario e intellettuale (ne fecero uso Byron, Dickens e Baudelaire).
Nei successivi decenni sono stati
sintetizzati molti farmaci oppioidi, e la scoperta dei diversi recettori per
gli oppiacei ha portato alla individuazione del sistema degli oppioidi
endogeni, importanti per il controllo endogeno del dolore e dello stress, che
però non provocano dipendenza. La morfina e i farmaci oppioidi sono oggi
largamente utilizzati in tutto il mondo per il controllo del dolore acuto e
cronico. Nessuna altra categoria di farmaci risulta essere più efficace per il
controllo del dolore nocicettivo (per nocicezione si intende la ricezione,
trasmissione ed elaborazione centrale di uno stimolo doloroso corrispondente ad
un danno tissutale potenziale o in atto, n.d.a.) e come sofferenza, cioè
reazione emotiva al dolore stesso. Ma vorrei concludere con due aforismi che,
dal punto di vista storico e culturale, a mio avviso costituiscono sempre un
valido esempio di saggezza... o quanto meno di riflessione. «Il dolore è un nefando Signore dell'umanità,
più terribile della morte stessa» (Albert Schweitzer, medico filantropo
alsaziano - (1875-1965). «Il dolore è
l'unica entità alla quale si obbedisce sempre» (Marcel Proust, scrittore
francese - 1871 - 1922)
Riferimenti
bibliografici
"Storia
della terapia antalgica. Dalla preistoria all'Evo contemporaneo"; Ed.
Ciba,1996
"L'oppio e
la morfina", di A. Sarti, tratto da Storia del dolore, Ed. Primula 2010
"Oppio",
tratto da La Scienza in famiglia: farmaci narcotici di metà Ottocento; (Popinga
- Scienza e letteratura; 6/6/2010)
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