ETICA E CULTURA DELL’INFORMAZIONE
MEDICA SANITARIA E SCIENTIFICA
di Ernesto Bodini
Tutti i mezzi di comunicazione,
proprio per la loro struttura comunicativa, spesso modificano la nostra
percezione della realtà e della cultura, a volte condizionandole. Oltre ad
informare i media sono agenti di socializzazione cui corrispondono
l’apprendimento di valori, di modelli culturali e di comportamento della
collettività. Se prima i principali enti di socializzazione erano la famiglia e
la scuola, oggi (ma non recentemente) nella nostra società assume sempre più
importanza la comunicazione di massa, volta alla massima socializzazione di
tutte le generazioni. Da ciò ne deriva che informazione é fornire una serie di
notizie, comunicazione è farle pervenire a destinazione. L’interesse
della collettività per le notizie in materia di salute e sanità, e quindi per
gli sviluppi della scienza medica, è argomento di notevole diffusione e ciò è
considerazione del fatto che la salute è da intendersi un bene primario in
qualunque contesto sociale, indipendentemente dai principi costituzionali e
dalle normative in vigore. Temi e termini spesso difficili sono entrati a far
parte della “dieta mediatica” degli italiani. Staminali, eutanasia, procreazione
assistita, embrione, virus e infezioni, sars e aviaria, mucca pazza,
bioterrorismo, “malasanità” hanno occupato e occupano sempre di più il nostro
spazio, creando delle vere infezioni e pandemie mediatiche.
Ma come comunicare la scienza
medica e le relative problematiche sia di interesse specifico che generale? E
quali azioni più appropriate per utilizzare al meglio le premesse originate dal
sapere, dalla ricerca scientifica e dagli sviluppi della stessa? È noto che i
due mondi (giornalisti e medici, e operatori sanitari in genere) a volte
diffidano l’uno dell’altro, tanto da domandarci se il tipo di informazione
sulla sanità e sui singoli casi è una informazione corretta o meno. Quesiti di
ieri ma anche di oggi, che richiedono risposte tenendo conto degli aspetti
etici e culturali, ma anche del “disorientamento” della società dei consumi,
delle incertezze del presente e dei dubbi sul futuro. Da sempre sostengo che la
divulgazione è da considerarsi non solo un dovere, ma anche un serio impegno
che garantisca la crescita culturale, sociale e civile. Deve essere in linea
coi tempi ed avvalersi di tutti i mezzi di comunicazione preposti a raggiungere
in tempo reale (o quasi) ogni fascia di pubblico. È indispensabile porre
l’attenzione sulla attendibilità delle fonti, tenendo presente anche il
contesto politico ed economico in cui si sviluppano i risultati di una ricerca.
Purtroppo non sempre è così in quanto non è raro riscontrare (soprattutto negli
articoli di cronaca sanitaria e riviste non specializzate) eccessivi allarmismi
e superficialità… Comunicare bene la scienza è un dovere professionale, etico e
morale, considerando che molto importanti sono le ricadute che una sedicente o
troppo “entusiastica” scoperta, o addirittura un articolo ideologico in questo
campo, hanno sulla formazione
dell’opinione pubblica. In particolare, il giornalista scientifico deve essere
in grado di selezionare, rendendo di generale comprensione, quanto gli viene
comunicato o di cui viene a conoscenza e che riguarda il progresso della
Medicina, della Sanità e più estensivamente della Scienza: tanto più è corretta
l’informazione maggiore sarà il coinvolgimento sociale per aver suscitato
interesse e credibilità nei singoli lettori.
È però importante distinguere
tra giornalismo
scientifico e giornalismo medico-sanitario. Nel primo
caso dovrebbe essere indirizzato ad un selezionato gruppo di destinatari
(“addetti ai lavori”), mentre nel secondo caso è convenzionalmente più
orientato ad informare in modo divulgativo i lettori in genere su argomenti di
medicina e sanità. Si può quindi definire giornalismo medico-scientifico tutto
quanto riguarda la divulgazione della Medicina, e per estensione la ricerca e la scienza tecnologica applicate alla
medicina stessa. La divulgazione scientifica, nel senso più accessibile del
significato, ha nella validità dei contenuti tecnici dell’articolo il limite ed
il condizionamento per la trattazione di specifici argomenti; nel caso del
giornalismo medico non vi è dubbio che sono l’editore e il giornalista i “responsabili”
di una scelta che può essere condizionata dai personali convincimenti nei
confronti dell’argomento trattato, o “subire” anche l’influenza di interessi
extra professionali. È certo che quando si tratta di notizie dal contenuto
medico-scientifico, le stesse assumono notevole importanza per l’influenza
culturale e psicologica del lettore, aspetto questo, che ha particoalre rilievo
se si considerano le caratteristiche dell’articolo, l’età, il grado culturale e
l’influenzabilità del lettore. Va da sé che un testo giornalistico deve
garantire contemporaneamente quattro esigenze: attendibilità delle fonti,
leggibilità,
credibilità
e capacità
di interessare il lettore il cui “effetto” dipende dal tipo di testata
giornalistica e dal target di lettori a cui ci si rivolge. Saper comunicare
significa prima di tutto saper trasformare ciò che si vuol dire in ciò che il
pubblico vuole sapere. Riuscire a raggiungere e mantenere tale equilibrio in
qualunque settore del giornalismo (e quindi anche in quello medico, sanitario e
scientifico) non è cosa semplice, ma non per questo bisogna sottovalutare il
proprio dovere eludendo ogni possibile apporto migliorativo con l’aggiornamento
professionale: verifica delle argomentazioni da trattare e delle proprie
conoscenze in materia da parte di dipendenti, collaboratori esterni (sia pur
occasionali…), freelance, consulenti, opinionisti, etc., la cui formazione
professionale non è necessariamente di tipo accademico…
Poiché l’informazione e la
comunicazione sono ruoli molto delicati, soprattutto se gli argomenti in
questione hanno risvolti per il coinvolgimento diretto o indiretto, come ad
esempio lo studio e l’applicazione delle staminali per la prevenzione delle
patologie o il trattamento delle stesse, verrebbe da chiederci: è necessario un
“codice etico e deontologico” sulla carta che garantiscano correttezza,
obiettività, rispetto della privacy nei confronti del fruitore? Oggi esistono
codici deontologici per tutte (o quasi) le discipline professionali: medici,
avvocati, notai, infermieri, psicologi, giornalisti e persino assistenti
sociali, etc. Ma, a mio avviso, non c’è codice deontologico che tenga se l’estensore
non ha “innato” un proprio codice etico e un certo grado di comprovata professionalità.
Commenti
Posta un commento