IN CHIRURGIA CON "PASSIONE" E SENZA ERRORI...

FARE MEGLIO SENZA ERRORI
L’esperienza di un chirurgo-scrittore

di Ernesto Bodini


È sempre più ricorrente in Medicina e soprattutto in Chirurgia il dibattito tra aspetti etici ed errori chirurgici, e tra le due discipline si rileva una situazione di particolare ambivalenza: da un lato si tende sempre più alla creazione di unità di alta specializzazione chirurgica, come l’avvenente robotica; dall’altro sono sempre più complessi i problemi cui far fronte come la formazione, le risorse, gli obiettivi e non ultimi gli errori medici tanto da affidarsi alla cosiddetta medicina “difensiva”. Una realtà da anni osservata e affrontata con particolare attenzione dal dottor Atul Gawande (nella foto)con la quale dà ampio riscontro nella sua pubblicazione “Con cura – Diario di un medico deciso a fare meglio”, edita da Einaudi nel 2008 (ma sempre attuale e, riproporla, credo che valga sempre la pena), pagg. 244, € 18,00. Un libro scritto con passione e, per certi versi, con particolare coinvolgimento... sulle prestazioni della medicina e della chirurgia, tanto da far entrare gli "addetti ai lavori" (e dall'aspetto emotivo e culturale anche non medici) nel vivo della professione nella convinzione di trovare bravura, abilità diagnostica e un buon rapporto medico-paziente. Ma in realtà non è proprio così, come si evince soprattutto da alcuni capitoli del libro in cui la scrupolosità, la sfida a fare la cosa giusta e l’ingegnosità, sono condizioni a dir poco essenziali per la buona pratica clinica e chirurgica che, inevitabilmente comporta rischi e responsabilità.


La particolare condizione della scrupolosità, ad esempio, è data dall’importante e rigoroso “rito” del lavarsi le mani per impedire il diffondersi di infezioni nell’ospedale; ma anche dal particolare impegno per debellare la poliomielite in alcune zone dell’India e dell’Africa, collaborando alle misure di mop-upad esteso raggio, ossia vaccinare tutti i bambini a rischio nell’area intorno a un nuovo caso. Una solerzia del medico che l’autore sottolinea anche nel capitolo dedicato alle vittime di guerra in Iraq e in Afghanistan, dove non è soltanto la dedizione a guidare il cosiddetto “far bene” ma è anche il possedere ingegnosità, ossia saper pensare in modo sempre più innovativo, essendo questa non una questione di intelligenza superiore ma di carattere. «Richiede in primo luogo – spiega il dottor Gawande – la disponibilità a riconoscere il fallimento, a non nascondere gli errori, e a cambiare. È frutto di una deliberata, perfino ossessiva, riflessione sul fallimento e di una costante ricerca di soluzioni nuove». Anche attraverso questa “saggezza” i medici possono evitare le migliaia di denunce a loro carico (in Italia sono circa 30 mila l'anno), oltre a beneficiare i pazienti loro affidati. Atul Gawande è un medico chirurgo, oggi 50 enne, che esercita al Brigham and Women’s Hospital di Boston. È Assistan professor alla Harvard Medical School e fra i MacArthur Fellow 2006. Collabora con il “New Yorker” e in Italia su “Internazionale”. Nella sua prima opera è intitolata “Salvo Complicazioni. Appunti di un chirurgo americano su una scienza imperfetta" (ed. Fusi Orari, pagg. 286, € 15,00), l'autore, attraverso il racconto di casi veri, spesso vissuti in prima persona, esplora il potere, i dubbi e i limiti della professione medica, rivelandone gli aspetti più profondi e significativi.Volge inoltre uno sguardo, senza esitazione, sulla chirurgia, una disciplina in continua evoluzione, e proprio perché un'attività umana che si basa su informazioni imprecise in operatori che possono sbagliare, e proprio quando la vita della persona è maggiormente in pericolo. Altre pubblicazioni di eguale importanza e successo sono "Checklist. Come fare andare meglio le cose" (Einaudi, 1001, pagg. 198, € 19,00); e quella inglese "Being Mortal: Medicine, Mortality, and What Matters in the end".




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