MODI DIVERSI DI FESTEGGIARE GLI EVENTI DELLA
VITA
Trascorrono
decenni ma la “cultura” della solidarietà
si
va sempre più perdendo per l’opulenza di molti…
di Ernesto Bodini
La frenesia per le distrazioni ludiche e
tutto quanto concerne l’approvvigionamento di beni materiali non di prima
necessità, continua a coinvolgere la nostra società che al suo interno non si
accorge (o non vuole accorgersi) che esiste uno spaccato della stessa, ossia
milioni e milioni di esseri umani che sono nella più totale indigenza poiché
vivono con meno di un dollaro al giorno pro capite. Per non parlare poi dello
sfruttamento minorile in ambito lavorativo (nel mondo sono oltre 246 milioni e
in Italia sono 260 mila gli under 16), od ancor peggio dei bambini soldato… A
tutto questo vanno incluse le conseguenze delle catastrofi naturali che, oltre
a morte e desolazione, comportano ulteriore impoverimento e malattie delle popolazioni
colpite. E se si vuole completare questo triste “elenco”, si aggiungano
atrocità e delitti che vengono commessi dall’uomo ogni giorno in tutto il
mondo. Ma perché queste mie riflessioni statistiche? Non certo per aggiungere
tristezza a tristezza, perché anche il Pontefice ogni giorno si prodiga nel
richiamare la comunità cristiana (e di ogni altro credo) ad un vivere più
civile e in fratellanza, ma per esporre una ulteriore riflessione che mi
suggeriscono gli eventi di questi ultimi giorni: a Torino in piazza San Carlo il
6 giugno scorso erano ben 30 mila le persone che assistevano dai maxi schermi
la partita di Champions League (Coppa UEFA 2015) Juventus – Barcellona
disputatasi a Berlino. Come è noto la squadra bianconera è stata sconfitta e,
per questo esito, molti degli spettatori ripresi da TV e giornali mostravano
segni di grandissima delusione e di prostrazione (persino con scene di pianto),
oltre al dispiacere (ma è un eufemismo) di aver pagato molto caro il biglietto
di ingresso e il viaggio di provenienza: per alcuni oltre mille chilometri per
vedere la squadra del cuore… Da tutto questo si evince, a mio parere, la
evidente disattenzione sia nei confronti della ancora permanente situazione di
crisi onnicomprensiva, sia nei confronti di coloro che, a vario titolo, non
hanno nemmeno il necessario per unire “il pranzo con la cena”, figuriamoci la
merenda o la colazione…
Ma vorrei fare un passo indietro in fatto
di numeri. Nel novembre 1954, dopo diversi ripensamenti e dietro pressanti
sollecitazioni, Albert Schweitzer (1875-1965) si recò ad Oslo per ricevere il
premio Nobel per la Pace, e tenere quindi un breve discorso di ringraziamento.
In quel periodo il medico filantropo era particolarmente impegnato in varie
attività in Gabon dove si era recato con la moglie infermiera sin dal lontano
1913; ma accettò comunque (avendo rimandato di un anno, dalla data reale del
riconoscimento) pensando che il denaro che il prestigioso premio gli avrebbe
assicurato sarebbe stato utile per completare l’ospedale dei lebbrosi africani
da lui stesso fondato. Ad attendere il medico missionario, nella piazza del
municipio di Oslo, furono in trentamila. Queste persone, di loro spontanea
volontà, avevano deciso di riunirsi, organizzandosi come meglio poterono (i mezzi di trasporto non erano come quelli di oggi), per dare il loro caloroso
benvenuto al dottor Schweitzer. Trentamila persone nella piazza di Torino e
trentamila persone nella piazza municipale di Oslo, cifre uguali per coincidenza
ma di opposta motivazione in fatto di presenza… e sono passati “solo”
sessant’anni in Paesi all’interno dello stesso Continente…
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