FESTA DEL
LAVORO O DEI LAVORATORI? MEGLIO SAREBBE
RIFLETTERE SU
CHI HA RAGIONE DI NON FESTEGGIARE…
di Ernesto Bodini
Siamo alle solite… Anche oggi si ripete
la ricorrenza: Festa del lavoro o, per meglio dire, dei lavoratori. Premesso
che da Adamo ed Eva ad oggi, l’Umanità ha dovuto guadagnarsi il pane con il
sudore della fronte, razionalmente non vedo cosa ci sia da festeggiare ciò che è
da ritenersi un “dovere terreno”, considerando inoltre la precarietà di molti
lavoratori e disoccupati, sia in Italia che nel resto del mondo. E che dire di
coloro che lavorano in condizioni di sfruttamento? Per non parlare poi di quelli
che vivono nella più “smaccata” agiatezza ed opulenza tanto da non pensare ai
propri simili, se non comportandosi (bontà loro) parafrasando la parabola del
ricco Epulone? Anche se tale parabola è per certi versi fatalista, perché
considera ricchezza e povertà come condizioni “scontate” in
quanto volute da Dio per mettere alla prova gli Esseri umani: il ricco avrebbe
dovuto aiutare il povero, mentre il povero avrebbe dovuto rassegnarsi alla
propria povertà, è comunque indicativa per una responsabile riflessione da
parte di tutti, in primis di chi ci governa proprio perché deputati a
“condizionare” il nostro percorso quotidiano, il più delle volte ben distante
da quanto previsto da alcuni articoli della Costituzione. Pur considerando la
crisi generale che dal 2008 sta investendo il nostro Paese, ed altri, non può
venir meno il dover fare i conti con le impellenti necessità quotidiane di
sopravvivenza (e sofferenza) di milioni di cittadini (giovani e anziani), le
cui prospettive del momento e future sono, a dir poco, precarie e sconfortanti…
Ora, qui non si vuol negare le tappe
storiche e le buone intenzioni che le hanno accompagnate: in Italia la Festa
dei lavoratori si tiene il 1° maggio dal 1891, in seguito soppressa dal
Fascismo e ripristinata nel 1945. Il 1° maggio 1947, circa duemila persone (per
la gran parte contadini e braccianti) manifestarono contro il latifondismo a
Portella della Ginestra, in provincia di Palermo; una rivolta che costò la
morte di 11 persone e il ferimento di altre 27. Per non parlare di quello che
accadde negli Stati Uniti nel 1886: la polizia sparò sui lavoratori in sciopero
a Chicago uccidendo due persone. I
lavoratori scioperavano per il mancato rispetto della legge che istituiva il
tetto delle otto ore lavorative al giorno. Nei giorni successivi altre
manifestazioni furono represse dalla polizia e culminarono nella manifestazione
di Haymarket, la piazza del mercato delle macchine agricole, durante la quale
morirono altre persone (manifestanti e agenti) a causa di un attentato esplosivo.
I responsabili dell’organizzazione della manifestazione del primo maggio furono
arrestati e processati, sette di loro furono condannati a morte, con prove
molto discutibili…, per non dire inesistenti. Due condanne furono trasformate
in ergastoli dal governatore dell’Illinois. Un condannato a morte si uccise in
prigione il giorno prima dell’esecuzione; altri quattro furono uccisi, e
secondo le cronache dell’epoca, cantando la Marsigliese prima di morire.
Questi alcuni passi della storia. Ma la
storia insegna? A quanto pare non proprio perché, crisi a parte, il lavoratore
subordinato, il mobbizzato, lo sfruttato di turno, il suddito del sistema, è (e
resterà) alla mercé di chi detiene il potere decisionale non rispettando
appieno le norme costituzionali tant'è che, per dirla fino in fondo, nel nostro
Paese non c’è giorno che le cronache ci informino sulle malefatte di un
politico di qualunque corrente. Un insulto alla dignità delle persone oneste,
ancorché aggravato da tutti coloro che sono stati dichiarati falsi invalidi e
finti poveri. Per queste ed altre ragioni ancora, che lascio dedurre ai
lettori, non mi sembra il caso di esultare nelle piazze: lavorare è un dovere,
ed ancor più lo è di chi è deputato a condurre il Paese assumendosi più oneri
che onori! Un’ultima considerazione: di questo passo, finché nel nostro Paese
il volontariato si sostituirà (in molti casi) alle Istituzioni, il diritto al
lavoro sarà destinato ad essere una chimera per molti aspiranti… che ancora
credono al rispetto di alcuni articoli della Costituzione.
Commenti
Posta un commento