In
visita alla S. C. di Oncoematologia Pediatrica dell’ospedale infantile
“Regina
Margherita” dell’A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino
TECNOLOGIA, ORGANIZZAZIONE GESTIONALE E MOLTO APPORTO
UMANO
PER LA CURA E L’ASSISTENZA DEI PAZIENTI PEDIATRICI
PIEMONTESI
di Ernesto Bodini
Varcare la soglia di un ospedale pediatrico,
per qualsiasi motivo o necessità, e sia pur per scopo divulgativo, è sempre un
momento di apprensione ma nello stesso tempo anche di coinvolgimento,
soprattutto quando si è parte interessata. Nel mio caso, quale
“ospite-osservatore” a scopo divulgativo, della S.C. di Oncoematologia e Centro
Trapianti all’ospedale infantile “Regina Margherita” di Torino tale
coinvolgimento ed apprensione non sono venuti meno. Un ruolo che ho affrontato
nei giorni scorsi con il pensiero della immedesimazione sia dei ricoverati e
loro famigliari, sia del personale medico e infermieristico… particolarmente
dedicato. È Centro di Riferimento Regionale per il trattamento delle patologie
oncoematologiche in età pediatrica da 0 a 18 anni, inserito in un contesto
nazionale, ed è diretto dalla dottoressa Franca Fagioli (nella foto) che, con alcuni collaboratori
della sua equipe, mi ha ricevuto nella sala medici. «Le diagnosi e il trattamento delle diverse patologie – spiega - vengono attuati secondo protocolli nazionali
e internazionali; in particolare le leucemie, gravi forme di anemia e aplasia
midollare, immunodeficienze combinate gravi, e alcune forme di sindromi
emofagocitiche, il cui percorso (di 4-6 mesi) prevede quasi sempre il trapianto».
Ogni anno in questa Struttura si effettuano circa 50 trapianti, e l’attività è
in Rete con i Centri Trapianto di Candiolo (prof. Massimo Aglietta) e di
Orbassano (prof. Giuseppe Saglio), assumendo così la denominazione di Centro
Trapianti Metropolitano, per un totale di 100 trapianti all’anno.
La struttura (che ho visitato accompagnato dalla psicologa-borsista
Elisabetta Chiusano), oltre al reparto di Degenza e il Centro Trapianti di
Cellule Staminali e Terapia Cellulare, prevede le attività di Day Hospital
(D.H.), l’Ambulatorio e il Servizio di Psiconcologia. Il D.H, coordinato da
Cinzia Stangallini, coordinatore infermieristico, ha disponibili 20 posti letto
e 4 poltrone dediti alla attività di prelievi e alla terapia infusionale (e/o
orale) i cui farmaci sono preparati e inviati dalla farmacia centralizzata
dell’ospedale, e tutto ciò dalle 8.30 alle 17.00 dal lunedì al venerdì. «Per l’intrattenimento dei pazienti – spiega l’infermiera –, sono sempre presenti i famigliari, gli
insegnanti per la continuità del programma scolastico, e giovani volontari
dell’UGI (Unione Genitori Italiani – onlus). In genere sono pazienti che, nonostante l’impegno che comporta la
patologia e la conseguente terapia, rispondono positivamente ancorché
“confortati” da un ambiente sereno e dalla dedizione da parte del personale,
anche se, nel nostro caso, c’è da rilevare che la pianta è sotto organico,
oltre a qualche carenza di approvvigionamento…». Ma quale il ruolo della
Psiconcologia? È un Servizio appositamente dedicato coordinato dalla dr.ssa
Marina Bertolotti che mi viene illustrato dalla collaboratrice dr.ssa Claudia Peirolo.
È attivo dalle 9.00 alle 19.00 dal lunedì al venerdì, e il sabato fino alle
16.00. Nato oltre 30 anni fa, oggi si
avvale di 8 psicologhe (1 dirigente strutturato, 2 specialiste ambulatoriali a
tempo determinato, 1 dipendente UGI e 4 borsisti). «Ci interfacciamo – spiega Peirolo – sia con il paziente che con i genitori e i fratelli, accogliendo i loro
vissuti con il metodo dell’ascolto, del contenimento e dell’elaborazione delle
ansie/angosce che la patologia oncologia può fare insorgere. La prima conoscenza della famiglia avviene
attraverso la comunicazione-diagnosi, nel corso della quale siamo presenti
insieme al medico; mentre in un secondo momento parliamo con il paziente. Per
la valutazione della complessità globale del paziente e della sua famiglia, utilizziamo
uno strumento introdotto con il PDTA (percorso diagnostico terapeutico
assistenziale) che prevede 4 aree di indagine: biologica, psicologica, sociale
e clinico-assistenziale, cui segue un punteggio che evidenzia l’area più
fragile… La presa in carico è variabile dalla diagnosi all’off therapy/fine
vita, e si può prolungare soprattutto se si protrae il processo terapeutico».
L’attività della psiconcologia, che gestisce circa 150 casi nuovi all’anno,
proseguendo già con i casi presi in carico in precedenza, presenta una sorta di
criticità in quanto necessiterebbe una maggiore stabilizzazione
degli operatori , dovendo garantire la
continuità terapeutica in reparto di degenza, ambulatorio di D.H. e Centro Trapianti.
(L’ingresso dell’ospedale infantile)
Il Centro Trapianti mi è stato illustrato dalla dottoressa Elena Vassallo
(pediatra-oncologa), che coordina le attività e che spiega: «Per i trapianti di tipo allogenico (ossia da
donatore), vengono utilizzate le cellule staminali ematopoietiche, e se il
paziente non ha un donatore familiare HLA (antigene umano leucocitario) compatibile, è prevista l’iscrizione del
paziente al Registro Italiano Donatori Midollo Osseo, e attivata quindi la
ricerca per un donatore volontario non consanguineo, che può donare le cellule
staminali ematopoietiche dal sangue periferico, o dal sangue midollare, o la
ricerca nelle banche di sangue di cordone ombelicale. Nel nostro Centro vengono
effettuati circa 40 trapianti allogenici all’anno, e 10-15 trapianti autologi (cellule
staminali ematopoietiche del paziente stesso). La degenza media per un trapianto autologo è di 20-25 giorni, e quella
per un trapianto allogenico è di 30-35 giorni. Il paziente è assistito 24 ore al giorno da un genitore in assistenza».
Il Centro Trapianti ha 6 camere singole con servizi, allo stesso è annessa una
veranda a cui possono accedere i visitatori nelle fasce orarie dedicate (13.00-15.00
e 19.00-21.00), che permette al paziente di comunicare con il famigliare
attraverso un interfono posizionato vicino alla porta d’ingresso della veranda.
All’interno vi è pure una cucina dedicata per i genitori, oltre alla cucina del
personale, locali-magazzino per le apparecchiature elettromedicali per indagini
e armadi dedicati per i farmaci che vengono somministrati al letto del paziente,
unitamente ad altre manovre. «I farmaci
chemioterapici – aggiunge la dott.ssa Vassallo – sono preparati e forniti dalla farmacia centralizzata dell’ospedale. Il
personale infermieristico ruota intorno ai tre turni di assistenza coadiuvato
dalle Oss. Al mattino vengono effettuati
le visite dei pazienti con la valutazione di eventuali problematiche e
approfondimenti diagnostici, il colloquio con i famigliari sulla evoluzione
delle cure; mentre verso le 11.00 è previsto il briefing tra medici e
infermieri». Anche in questo reparto, come nelle altre Strutture, sono
disponibili mediatori culturali (interpreti per gli stranieri), ed è sempre
presente anche un gruppo di volontari dedicati dell’UGI, appositamente formati
in quanto sono di supporto per ogni necessità del paziente e di
intrattenimento.
Va da sé che, come tutti i Centri, anche questo ha al suo interno un
Laboratorio (attivo dal 1996), coordinato dalla biologa Ivana Ferrero, coadiuvata
da altri 8 biologi e un tecnico di laboratorio, la cui attività è strettamente
correlata con quella dei pazienti afferenti alla Oncoematologia. «Ci occupiamo – spiega la dr.ssa Ferrero
– della valutazione delle cellule
staminali destinate ad essere trapiantate. Nel corso degli anni si sono
sviluppate varie linee di ricerca come, ad esempio, quella focalizzata sull’osteosarcoma.
Siamo disposti in settori diversi in base alle proprie competenze: biologia
cellulare, biologia molecolare, etc. Inoltre, abbiamo sviluppato protocolli di
terapia cellulare per la manipolazione di cellule staminali e linfociti per
ottenere una terapia mirata; ci avvaliamo di una banca di cellule per la
conservazione dei campioni dei pazienti durante l’iter terapeutico, e
proseguiamo l’attività di ricerca in collaborazione con diversi gruppi di laboratorio
nazionali ed internazionali». Un piccolo “mondo” questo, che trova nella
sua efficienza, coordinamento e intensità di ricerca, il massimo dell’efficienza
tale da garantire non solo le emergenze, ma a completare l’eccellenza di tutto
il Centro Oncoematologico.
La Rete Oncoematologica
Pediatrica piemontese
Ma l’eccellenza è data anche dalla Rete di Oncologia e Oncoematologia
Pediatrica del Piemonte e della Valle d’Aosta: prima rete interregionale in
Italia per bambini e adolescenti malati di tumore, la cui referente
amministrativa è Chiara Comotti. Tale Rete è stata approvata con la D.G.R. n.
30-14272 del 6/12/2004 per rispondere all’incremento dell’incidenza delle
patologie tumorali, facilitare e migliorare il percorso diagnostico-terapeutico
ed assistenziale del paziente, garantire una maggiore accessibilità alle cure a
bambini e adolescenti malati e alle loro famiglie con una concreta presa in
carico e continuità delle terapie, superare la frammentarietà e disomogeneità
delle prestazioni sanitarie in ambito oncologico pediatrico, coprendo in modo
uniforme le diverse aree geografiche. Il modello organizzativo consta di 1
Centro di riferimento regionale (Oncologia Pediatrica dell’ospedale infantile
Regina Margherita, 6 Unità satelliti: ospedali di Ivrea, Pinerolo, Biella,
Savigliano, Alessandria e Novara. Inoltre, la D.G.R. n. 41-5670 del 16/4/2013
prevede la convenzione fra la Regione Piemonte e la Regione Autonoma Valle
d’Aosta per la riorganizzazione ed il prosieguo delle attività della Rete Interregionale
di Oncologia e Oncoematologia Pediatrica, realizzando un nuovo modello
gestionale definito “HUB & SPOKE”: Centro HUB (Oncoematologia Pediatrica e
Centro Trapianti dell’ospedale infantile Regina Margherita di Torino; 9 Centri
Spoke in Piemonte e Valle d’Aosta: Alessandria, Aosta, Asti, Biella, Ciriè,
Ivrea, Novara, Pinerolo, Savigliano. L’obiettivo principale di questa Rete è
quindi quello di promuovere nell’ambito della presa in carico globale del
paziente e della sua famiglia, la qualità di vita, garantendo controlli e cure
mirate e possibilmente vicine al suo domicilio; obiettivo completato dalla
disponibilità della rete di cure palliative e dalla rete degli ambulatori per i
pazienti fuori-terapia.
Un “viaggio” il mio, all’interno di una realtà della quale mi sono
“appropriato” di conoscenze mediche, clinico-gestionali ed organizzative in cui
traspaiono concrete eccellenze per la disponibilità di strutture tecnologiche
al passo coi tempi, ma anche, se non soprattutto, validati pragmatismi degli
operatori sanitari (unitamente ai volontari) che, nonostante il prolungarsi
degli effetti della “spending review”, sono garanzia di conforto e ottimismo a
supporto della terapia medica che non sempre da sola è risolutiva per questi
piccoli e… teneri pazienti.
(In visita il 15/4/2015)
(In visita il 15/4/2015)
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