IERI COME OGGI GUERRE FRATRICIDE PROGENITRICI
DI VITTIME INCONSAPEVOLI E INNOCENTI
Pagine di storia indelebili… ma che incessantemente si ripetono. Una
poesia per allontanare lo spettro di un “gioco” perverso e disumano
di Ernesto Bodini
Delle
storiche pagine de’ “Il Santo con la penna alpina” (di Luigi
Stefani, Ed. Quaderni de Lo Sprone, 1972) ve ne è una nella quale Don Carlo Gnocchi (1902-1956,
oggi Beato) descrive, tra la tristezza e lo sgomento, la visione concreta di tante piccole innocenti
vittime del secondo conflitto, e molte delle quali rese mutilate e invalide che negli anni avrebbero
portato il segno nel fisico e nell’animo. «Quanti ne ho visti, di bimbi – si legge tra i capoversi – nel mio triste
pellegrinaggio di guerra. Tragico fiore sulle macerie sconvolte e insanguinate d’Europa, pallida luce di sorriso sulla fosca
agonia di un mondo! E i bimbi di Albania neppure questo sorriso malato sapevano
offrire alla loro terra squallida e ambigua… Poveri bimbi di Grecia con lo
stupore della fame e della sconfitta nel viso scarnito… Ed erano tutt’ossa quei
piccini, le mani rinsecchite e protese, bastoncini le gambe tremanti nei
calzoncini fatti troppo larghi… Bambini di Russia, dell’Ucraina, delle steppe
del Don e della Russia Bianca… Poveri esserini disperatamente attaccati al seno
esausto delle madri immote, piangenti nelle case deserte, atterriti e
sobbalzanti ad ogni rumore di guerra. Poveri bimbi della mia guerra, miei
piccoli amici di dolore, dove sarete oggi e che sarà di voi? Eppure soltanto da
voi ci è stato dato di cogliere qualche gesto di dolcezza e di speranza in così
orribile tragedia di odi e di sangue…».
Stralci di
pagine di storia che non sono ancora “sbiadite”, anzi che si ripetono quotidianamente
con le infinite lotte e barbarie presenti in diversi Paesi del pianeta. Un
susseguirsi ogni giorno di morti e feriti che non hanno età, molte infatti sono
le piccole vittime, proprio come quelle che hanno formato la famiglia di Don
Carlo: orfani, mutilati (e allora anche poliomielitici). A fine guerra e in
seguito, il nostro Paese era tappezzato da milioni di manifesti che mettevano
in guardia dal toccare strani aggeggi, taluni simili a giocattoli dalle più
svariate e curiose forme (ordigni bellici inesplosi), sui quali vi erano disegnati
ragazzi sofferenti senza un braccio o una gamba. Ma quanti erano i bambini curiosi
che non sapevano ancora leggere o gli analfabeti? E quale il dopo? Le delicate cure
mediche e chirurgiche, la bontà e la sollecitudine del personale e il grande
affetto del “papà” dei mutilatini non bastavano a lenire il dolore fisico. Don
Carlo provava in sé lo strazio di quegli innocenti, ma ciò che lo sgomentò fu
il constatare che quei dolori, in molti casi, rimanevano sterili per l’impreparazione
morale e spirituale delle vittime. Per questa ragione (oltre che per la grande
fede vocazionale) si dedicò al recupero, fisico e spirituale di oltre 15 mila mutilatini
(ma anche ciechi, orfani, e mulatti), tanti erano in Italia nel periodo
post-bellico. Un periodo della storia superato, nel nostro Paese, ma non in
altri dove altrettante vittime hanno conosciuto (e conoscono) gli effetti
devastanti di una guerra sempre più “fratricida”, che sembra non aver fine nonostante
il mondo cattolico e di altre Fedi esprimano il massimo sdegno… E anche se oggi
è migliorata sia l’informazione che la comunicazione non è cambiato il destino
di queste popolazioni, che ancora prima di conoscere il valore della “vera”
esistenza soccombono sotto il fuoco di menti esaltate e contorte
che non trovano giustificazione alcuna… Da queste mie riflessioni, che desidero
condividere con tutti i lettori, ritengo utile riproporre la poesia “Il gioco della
guerra”, tratta
dal testo de’ La Fondazione Pro Juventute Don Carlo Gnocchi; versi che vennero
recitati dall’allievo M.B. Romeo Bazerla durante una breve rappresentazione
data alla presenza del presidente della Repubblica On. Enrico De Nicola (tra il
1946 e il 1947).
IL GIOCO DELLA
GUERRA
Ascoltami bambino, tu
che giochi alla guerra armato
di moschetto e cannoncino,
e fai salti di giubilo se a terra
vedi cadere il tuo Pinocchietto,
colpito da una palla di moschetto
sai che la guerra è morte e
distruzione?
Che milioni di giovani soldati
furon barbaramente trucidati?
Che insieme ai combattenti,
la guerra fece scempio di
innocenti?
Guarda tra noi, quanti mutilati,
perché giocammo, ignari della
sorte,
al gioco della guerra e della
morte.
Oh! Cerca dunque, cerca altri trastulli,
ce ne son tanti adatti per
fanciulli.
Lancia in alto la palla, monta in
groppa
al cavalluccio, e a tuo piacer
galoppa
sull’ali dell’accesa fantasia
per monti, colli e piano;
con l’agili tue mani, costruisci
d’argilla una casetta, un muro,
un ponticello.
Empi d’acqua il secchiello
ed irrora le piante del giardino.
Carica il carrettino dell’erbacce
che infestano le aiuole.
Fa con gli amici a gara,
nelle corse e nel salto;
così al corpo darai forza e
vigore,
e manterrai sereno e puro il
cuore.
Gioca pure, fanciullo,
or che è il tempo del gioco e del
trastullo,
ma il gioco della guerra, non lo
fare,
il cuore nostro è fatto per
amare.
Gallori
Commenti
Posta un commento