CULTURA POLITICO-SANITARIA

IL FEDERALISMO IN SANITA'. UNA "CARIATIDE" INALIENABILE...

di Ernesto Bodini


Nonostante l'informazione sia sempre più disponibile forse non sono molti i cittadini che si chiedono perché l'assistenza sanitaria e quindi l'erogazione delle relative prestazioni differiscono da una Regione all'altra. Un quesito che merita una risposta e una spiegazione tali da essere meglio "orientati", affinché sappiano porsi nel modo più opportuno prima di contestare, a torto o a ragione, le Istituzioni di riferimento. L'art. 117 della Costituzione italiana, modificato nel 2001 della riforma più ampia del Titolo V della Carta costituzionale, stabilisce le competenze delle Regioni in materia di scuola, sanità e di polizia locale, rafforzandone il ruolo in termini di responsabilità ed organizzazione. La modifica del Titolo V della seconda parte della Costituzione, combinato con gli accordi Stato-Regioni e le leggi finanziarie approvate negli ultimi anni hanno rafforzato l'orientamento in senso federale del SSN. "La rilevanza di questo orientamento - fanno notare gli economisti - non deve essere sottovalutata in quanto ormai le Regioni italiane, in ambito sanitario, godono di spazi di autonomia che per molti aspetti risultano più ampi di quelli di Paesi con tradizionale impostazione federale, come la Germania e il Canada. La riforma costituzionale ha consegnato alle Regioni uno strumento incisivo che consente loro di adeguare più agevolmente l'offerta dei servizi sanitari alle complesse e mutevoli esigenze delle varie realtà locali, in quanto dispongono di importanti funzioni di programmazione, indirizzo, di coordinamento e di controllo del vari Sistemi Sanitari Regionali (SSR)".

Il progressivo trasferimento di competenze dello Stato alle Regioni è un percorso iniziato con il Dlgs 502/1992 con il quale sono stati fissati i primi capisaldi per processo di federalismo in campo sanitario, in quanto le Regioni vennero investite di nuovi poteri in materia di programmazione, finanziamento, organizzazione, funzionamento e controllo delle attività, fino a quel momento direttamente in mano allo Stato Centrale, ma anche responsabilizzazione per i risultati finali della gestione. Accanto alla responsabilizzazione delle Regioni nella completa gestione dei singoli SSR diviene però ineludibile la piena attuazione del federalismo fiscale, ovvero della maggiore autonomia delle Regioni anche sul versante delle entrate fiscali, necessarie per finanziare i capitoli di spesa direttamente gestiti. "In questo senso - spiegano - un passaggio importante è stata la riforma del meccanismo di finanziamento del sistema sanitario avvenuto con il Dlgs 56/2000, che ha previsto progressivamente l'abolizione del vincolo di destinazione d'uso delle risorse fiscali, vincolando però le Regioni al mantenimento di risorse adeguate ai livelli essenziali di assistenza (LEA) da garantire a livello nazionale. Rappresentando circa il 75% del bilancio regionale, la spesa sanitaria è indubbiamente l'attore principale nelle politiche del federalismo fiscale. A livello nazionale vengono periodicamente individuati i LEA, ovvero le prestazioni che devono essere riconosciute ai cittadini su tutto il territorio nazionale. Successivamente, ogni Regione ha la facoltà di ampliare "l'offerta" inserendo ulteriori prestazioni tra quelle garantite gratuitamente ai propri cittadini".
Dal punto di vista organizzativo e della programmazione, le Regioni hanno piena autonomia, ovvero hanno la facoltà di modificare la struttura dell'offerta agendo, ad esempio, sulla chiusura/conversione degli ospedali, implementando o meno le funzioni distrettuali, investendo sulla prevenzione, etc. Dal punto di vista "fiscale", possono reperire nuove risorse agendo sulle aliquote IRPEF (addizionale regionale), sul bollo auto (oggi tassa di proprietà), compartecipazione alle accise sulla benzina, sulle aliquote IRAP (imposta regionale sulle attività produttive), sui ticket sanitari e su altre imposte e/o tasse minori. Il finanziamento del Sistema Sanitario viene stabilito a livello nazionale, individuando periodicamente le risorse da destinare alla sanità pubblica. Contestualmente alla definizione di tali somme, queste vengono ripartite alle singole Regioni in funzione di parametri demografici e di mortalità, necessari al fine di tener conto delle caratteristiche "sanitarie" delle varie Regioni.

Queste possono successivamente integrare autonomamente tali risorse attribuite dal livello centrale, agendo sul livello dei ticket (su prestazioni di specialistica, piuttosto che sugli accessi al pronto soccorso o sui farmaci) e/o sulle varie imposte e tasse regionali. "A fronte di una forte responsabilizzazione delle Regioni per quanto riguarda la spesa sanitaria - concludono gli economisti -, non corrisponde ancora una piena autonomia sul versante del reperimento delle risorse che, soprattutto in ambito sanitario, sono vincolate alle disponibilità annualmente stabilite dal Governo centrale". E a proposito di Governo centrale c'era chi per molto tempo sino alla sua "decaduta", affermava con atto d'accusa: "Roma ladrona...". Ma non c'é centralità o regionalità che tenga, in quanto il buon andamento di una nazione dipende dalle reali competenze e onestà intellettuale dei suoi gestori.

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