Il 27 gennaio ricorre la Giornata
della Memoria. E affinché i sacrifici umani
non siano vani, non è mai retorica rievocare la storia della giovane ebrea,
che fino all’ultimo ha
creduto nella “redenzione” dell’uomo e nella pace.
di
Ernesto Bodini
Dal dopoguerra ad oggi in
quasi tutto il mondo infinite sono state (e sono) le rievocazioni, i ricordi e
le testimonianze dell’Olocausto, come pure le iniziative per tramandare alle
nuove generazioni la conoscenza di un passato (apparentemente lontano) affinché
non costituisca soltanto un capitolo della storia, ma serva soprattutto a
ripudiare il male e trasmettere esempi di pace e civile convivenza tra i
popoli. Tra i personaggi simbolo della Shoah ritengo doveroso ricordare Annelis Marie Frank detta Anne (Francoforte sul Reno 12.6.1929 – Bergen-Belsen
31.3.1945) e il suo ormai famosissimo Diario (“Kitty”), del quale nessuno
prevedeva (probabilmente nemmeno Miep Gies – 1909-2009, la donna che ha aiutato la famiglia della ragazza ebrea a
nascondersi nell’alloggio segreto) la formidabile impressione che questo
”piccolo” libro (che ho letto più volte) avrebbe fatto; e neanche il padre Otto Heinrich Frank (Francoforte sul Reno 12.5.1889 – Birsfelden
19.8.1980), che lo fece pubblicare (nel 1947) dopo la morte di Anna.
Tra le moltissime immagini
intime e colme di tenerezza esposte in mostre itineranti, date alle stampe e
nei filmati sono ricorrenti, ad esempio, le fotografie di Otto e la moglie
Edith in luna di miele a Sanremo nel 1925, e quelle di Anna e della sorella
Margot Elisabeth (Francoforte sul Reno 16.2.1926 – Bergen-Belsen 9.3.1945)
nelle scuole di Francoforte, città di cui la famiglia Frank era originaria.
Altre, invece, ampliano inesorabilmente la ricca documentazione della realtà
della Germania di Hitler e delle atrocità che hanno caratterizzato l’intero
periodo antisemitico: la repressione contro socialdemocratici e comunisti, la
“notte dei cristalli”, le “stelle gialle”, l’inizio del conflitto per
proseguire con la fuga dei Frank in Olanda, il nascondiglio segreto, l’epilogo
ad Auschwitz e Bergen-Belsen. Questi ed altri documenti (ormai patrimonio
dell’umanità… civile) che raccontano la storia di una famiglia, la storia di
un’epoca che ha contribuito a dare risalto ad un aspetto letterario e culturale
sia al diario che al valore della dignità umana, la cui lettura è per tutti un
monito e al tempo stesso un invito alla tolleranza al mondo intero.
Ma quale
il messaggio di Anna Frank? Proprio perché il diario ha
avuto in questi decenni la massima diffusione: tradotto in 34 lingue in 43
Paesi, oltre alla riduzione teatrale ad opera di Frances Goodrich e di Albert
Hackett (premio Pulitzer per il teatro nel 1959); oggi tutti sanno chi era (e
cosa è stata) Anna Frank, ma ben pochi, forse, sanno di testimonianze e di
accorate espressioni di vicinanza manifestate al padre Otto in seguito alla
pubblicazione del vissuto di una giovane che, nonostante la guerra, credeva
ancora nella bontà degli uomini e… nella vita. Moltissime le lettere pervenute
al padre. Una dall’Italia, era indirizzata: “Otto Frank, padre di Anna Frank.
Amsterdam”. Qualcuno avanzava dubbi sull’autenticità del diario, ma la
maggioranza scriveva per esprimere la propria ammirazione e il proprio
cordoglio. Ragazze dell’età di Anna confidavano le loro pene, fra queste una in
particolare scriveva: “Oh, signor Frank, Anna mi somiglia tanto che alle volte non so dove
finisce Anna Frank e dove comincio io”. Spesso, nel rispondere alle lettere, così chiudeva: «Spero che il diario di Anna
continuerà ad ispirarti anche negli anni futuri in modo che tu, nei limiti
delle possibilità che avrai, continui ad impegnarti per la conciliazione e la
pace». Sulla storia di Anna Frank,
e soprattutto sul suo diario, non mancano i detrattori (negazionisti
dell’Olocausto) ponendo dubbi e molte perplessità non riuscendo, però, a
scalfire in alcun modo la realtà che non può essere messa in discussione, ma
soprattutto per il fatto che una vita “spezzata” sul nascere a causa delle
menti contorte degli esseri umani, trasmette un messaggio di coraggio e di
tolleranza al mondo intero. Anche dopo la morte Anna Frank è ancora tra noi.
La
Fondazione-Museo Anna Frank
Nella casa (nascondiglio) in
cui gli otto clandestini sono stati nascosti, è stata istituita la Fondazione Anna Frank, e si trova al civico 263 di Prinnsengracht di
Amsterdam. Da tutte le parti del mondo arrivano visitatori, il loro numero
ascende a circa 100 mila all’anno. Oltre al nascondiglio segreto c’è una vasta
documentazione dell’occupazione dell’Olanda. L’attività principale della
Fondazione è concentrata nel Centro Giovanile Internazionale, e il suo scopo è
di promuovere le idee e gli ideali di Anna stabilendo contatti internazionali
tra i giovani e di favorire una migliore comprensione fra loro. Il Centro
organizza conferenze, letture, dibattiti a cui prendono parte giovani di
differenti nazionalità, religioni, etnie e opinioni politiche. I temi di queste
riunioni riguardano prevalentemente conoscenza e comprensione delle religioni
nel mondo, problemi educativi e della gioventù, e problemi di attualità. A
questo proposito Anna ha scritto nel suo diario: «Voglio lavorare per l’umanità», ed è in questo senso che il padre Otto (nella foto) si è
prodigato per adempiere al suo testamento, facendo sì che uno spirito di
comprensione internazionale emani dalla casa di Anna Frank, per una pace giusta
e duratura, e per un mondo migliore. Infatti, dopo la guerra aveva scritto: «Il mondo intorno a me stava
crollando, dovevo fare qualcosa e allora mi resi conto che la Germania non era
l’unico Paese al mondo, e lo lasciai per sempre».
Trasferitosi in Svizzera,
decise di occuparsi totalmente del diario della figlia, rispondendo a tutti
coloro che gli scrivevano, trovando anch’egli consolazione come quella espressa
dalla direttrice di una delle maggiori scuole inglesi: «Dev’essere per voi un motivo
di gioia profonda, anche nel vostro grande dolore, sapere che la breve vita di
Anna è, nel senso più alto della parola, appena cominciata». La Fondazione coopera anche con altre
Organizzazioni aventi simili scopi, come ad esempio l’Unesco, e spera di poter
stabilire sempre più nel tempo altri Centri Anna Frank in diversi Paesi, tra
cui l’Italia. Per meglio capire qual’era lo spirito di Anna, significativo è un
passo del suo diario: «È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze,
perché esse sembrano assurde e ineluttabili. Le conservo ancora, nonostante
tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. Vi è impossibile
costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione… Vedo
il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi
del rombo che ucciderà noi pure; partecipo al dolore di milioni di uomini,
eppure quando guardo il cielo penso che tutto si volgerà nuovamente al bene,
che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e
la serenità». Probabilmente non riusciremo mai a comprendere e a giustificare determinati comportamenti umani, in virtù del fatto che la ragione umana viene afflitta da domande che non può respingere, perché le sono assegnate dalla natura della ragione stessa, e a cui però non può neanche dare una risposta perché esse superano ogni capacità della ragione umana.
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