Efficienza organizzativa ed operativa per la diagnosi e la cura delle
patologie cardiache acute e croniche. Un’eccellenza al passo coi tempi grazie
alla professionalità degli operatori medici ed infermieri, e alla disponibilità
di apparecchiature all’avanguardia. Significativa la collaborazione, soprattutto
nel reparto di degenza, dell’associazione di volontariato “Amici del Cuore” - Onlus
di Ernesto Bodini
Varcare la soglia di Cardiologia
del Dipartimento Cardiovascolare e Toracico, come quello diretto dal dottor
Sebastiano Marra (nella foto): 22 posti letto di degenza e 9 di Terapia Intensiva) per
conoscerne, sia pur limitatamente, ai fini divulgativi l’organizzazione e le
potenzialità delle diverse prestazioni cliniche che vengono erogate 24 ore al giorno, è un’esperienza e un
“toccasana” per chi, come me, fa informazione nell’ambito sanitario oltre che
vestire i panni del potenziale paziente e prendere coscienza di quanta
sicurezza medico-terapeutica e “conforto” assistenziale si può avere in caso di
necessità. Sono le 8,30 di giovedì 11 dicembre quando, corredato di un camice
bianco (per essere “adattato” all’ambiente), vengo accolto dal dottor Marra che
mi accompagna nell’Unità di Terapia Intesiva Cardiologica (UTIC) il cui responsabile
è il dottor Tullio Usmiani, in questo ambito dal 1998.
È un reparto costituito
da 9 posti letto attrezzati per il monitoraggio costante dei parametri vitali e
di tutti i più moderni metodi di somministrazione della terapia infusionale;
oltre a diversi locali di servizio: sala medici, ripostiglio per scorta famaci
e biancheria, servizi igienici, etc. «In questa Unità, la cui degenza media
è di circa 4-5 giorni –, spiega il dottor Usmiani – afferiscono pazienti
affetti da patologie cardiache acute che, per la loro gravità, necessitano di
un monitoraggio delle funzioni vitali, e di assistenza continuativa qualificata
come la ventilazione meccanica non invasiva attraverso l’utilizzo di maschere
facciali ed altri devices. Le patologie più frequenti trattate sono le sindromi
coronariche acute (infarto del miocardio, angina instabile), le aritmie,
l’edema polmonare acuto, lo shock cardiogeno, le cardiomiopatie con scompenso, le
malattie valvolari, gli infarti “leggeri”. Sono pazienti che in parte
provengono dal P.S. e in parte da altri reparti dell’ospedale, ma anche da
altri presidi ospedalieri della Regione attraverso la Rete di Emergenza
territoriale del “118”, per mezzo della connessione telematica con le relative
Centrali del territorio». Per il trattamento dei questi pazienti
particolarmente “critici” vi è una stretta collaborazione con l’Unità Operativa
di Cardiochirurgia (diretta dal prof. Mauro Rinaldi), e con quella di
Elettrofisiologia (diretta dal prof. Fiorenzo Gaita). Il personale, altamente
qualificato e motivato, è composto da medici, infermieri, Oss e, a rotazione,
studenti, un borsista e uno specializzando.
Proseguo il mio percorso
al seguito del dottor Pierluigi Sbarra (coadiuvato dal dott. Alfonso Franzé, specializzando
al I° anno di Corso) per la visita di “routine” ai pazienti ricoverati, da un
lato della corsia, mentre dal lato opposto avviene lo stesso “iter” da parte di
un altro cardiologo. In una prima stanza di 4 letti i pazienti sono tutti uomini,
anziani, affetti da differenti patologie (compresi il diabete e l’obesità). Uno
per uno vengono visitati e intrattenuti con un breve colloquio, cui segue la
prescrizione terapeutica e/o approfondimento diagnostico strumentale annotati
sul momento in cartella clinica. Nella successiva camera, altri pazienti
(donne), anch’esse anziane, vengono visitate, alcune medicate; una di queste
viene aggiornata con semplice e comprensibile spiegazione, in previsione di un
intervento chirurgico per correggere il difetto della valvola mitrale, un’altra
verrà sottoposta ad una radiografia per valutare il pregresso posizionamento
dell’elettrocatetere in quanto portatrice di pacemaker; per un’altra ancora
(75enne), affetta da ischemia asintomatica, viene prescritta una coronarografia
per visualizzare l’interno delle arterie coronariche, probabilmente ostruite.
Dopo questa mia
“discreta” presenza durata circa un’ora, vengo accompagnato dall’infermiere
Antonello Carmeci nel piccolo spazio consolle del Laboratorio di Emodinamica
e Cardiologia Interventistica (responsabile il dott. Maurizio D’amico,
coordinatrice infermieristica Anella Rizzo), dalla quale da un lato, attraverso
un vetro, si controlla l’attività dedita alle procedure di cardiologia
interventistica coronarica: in primis l’angiografia per la valutazione dello
stato delle arterie coronariche e relativa cura (al momento è in corso una
angioplastica coronarica), dal lato opposto è in corso un intervento di biopsia
in una paziente trapiantata di cuore, per valutare la condizione di rigetto
dell’organo trapiantato. Gli addetti in questo settore, peraltro asettico, vi
lavorano 4 medici emodinamisti ed un medico elettrofisiologo, 8 infermieri, 2
tecnici sanitari di radiologia medica (Tsrm) e 3 Oss. «Dal 1986 – spiega
il dott. D’Amico – nasce e si sviluppa l’angioplastica coronarica, una
metodica atta alla dilatazione (e disostruzione) delle coronarie ristrette che,
se non risolutiva, il paziente viene inviato in cardiochirurgia e sottoposto a
by-pass aortocoronarico. Negli anni il numero dei pazienti che afferiscono è
progessivamente diminuito: i passaggi in Emodinamica sono circa 1.700 all’anno
per tutte le patologie sottoposte a diagnosi e terapia come la coronaropatia, la
patologia valvolare, lo scompenso cardiaco (in attesa di eventuale trapianto
cardiaco), etc. Per quanto riguarda l’applicazione di uno stimolatore cardiaco
nel nostro Centro sino ad oggi sono stati applicati circa 70 pacemaker, la cui
funzione è la correzione della bradicardia, ossia la riduzione del battiti
cardiaci». Trattamenti che oggi rappresentano il massimo standard di
sicurezza e precisione, grazie all’ausilio della sempre più sosfisticata
tecnologia dell’imaging che, nella fattispecie, consente soprattutto la
valutazione quantitativa delle stenosi coronariche e del calibro dei vasi.
Verso le 11,30 mi sposto
nella postazione centrale della corsia dove afferiscono medici e infermieri per
eventuali consulti ed utilizzo dei mezzi informatici. Mi riceve la dottoressa
Serena Beninati (coadiuvata dal neo specializzando dott. Alessandro Andreis)
per illustrarmi l’iter post visite di corsia. «Dopo la visita dei pazienti
ricoverati – spiega – vengono aggiornate le cartelle cliniche con
l’esito della visita del malato. Quando riceviamo dal Laboratorio analisi i
risultati degli esami ematici li inseriamo in computer e in forma cartacea
nella rispettitva cartella clinica (un estratto viene inserito in quella
infermieristica). La cartella clinica comprende la scheda unificata che
contiene la prescrizione dei farmaci e/o ulteriori esami diagnostici
strumentali, e l’eventuale dimissione del paziente. La nostra attività prosegue
con le visite dei consulenti richiesti (altri specialisti, ed eventualmente
anche l’assistente sociale per particolari problemi legati alla condizione
socio-familiare del paziente) che possono integrare la terapia o richiedere ulteriori
esami, e di conseguenza la cartella clinica è soggetta ad un aggiornamento
continuo… Si procede, quindi, alle eventuali dimissioni in programma dei
pazienti e al colloquio con gli stessi per le indicazioni terapeutiche del caso».
A
colloquio con il coordinatore infermieristico del Reparto Degenza
Mi riceve ora per una
breve intervista Gerardo Bocchino, coordinatore infermieristico (con il
precedente Ordinamento era definito Capo Sala, ndr) del reparto di degenza dal
1998, che ha il compito di coordinare tutte le figure: 16 infermieri
strutturati (suddivisi in tre turni nelle 24 ore sia in degenza che in Terapia
Intensiva) e 9 operatori socio-sanitari.
Signor Bocchino, quali sono le patologie che
richiedono un maggior “impegno” da parte dell’infermiere?
“Nel nostro ambito sono
soprattutto le patologie acute e critiche a livello cardiaco e respiratorio in
quanto richiedono un intervento medico e infermieristico assistenziale
immediato e continuo (in terapia intensiva in particolare), e ciò a causa della
instabilità clinica e a rischio della vita”
Qual è l’età media dei degenti?
“Tendenzialmente è alta:
70-75 anni, ma può essere più elevata soprattutto per motivi stagionali e/o
infettivi”
Vi sono pazienti cardiopatici che hanno anche
patologie di carattere psichiatrico?
“Raramente, e questi li
gestiamo attraverso il supporto di uno psicologo (da otto anni presente in
reparto); ma all’occorrenza è disponibile il consulto con lo psichiatra”
In Cardiologia frequentano anche studenti infermieri?
“Sia nel nostro ambito
diretto dal dottor Marra che da quello diretto dal prof. Gaita siamo di
riferimento come “tutoraggio” per gli studenti di Scienze Infermieristiche e di
Master in vari settori dell’attività sanitaria. Annualmente sono presenti 3-4
studenti soprattutto per un certo periodo in terapia intensiva, per poi
spostarsi in altri settori a seconda del Programma formativo dell’Università”
Quali, secondo lei, le criticità?
“La criticità che
riscontro come coordinatore
infermieristico, peraltro condivisa dai colleghi, è data dal fatto che
in questi ultimi anni non c’è stato un cambio generazionale. L’attuale
popolazione infermieristica sta andando oltre una certa età, e allo stato
attuale non si riesce a formare a sufficienza una generazione più giovane per
carenza di concorsi. Poiché il nostro lavoro è per certi versi “usurante”, a
maggior ragione è necessario un turnover per soddisfare al meglio i nostri
pazienti che, come è noto, spesso sono pluripatologici”
Quindi, la vostra è una professione che richiede
particolare impegno e dedizione?
“Certamente, ma anche
passione, criterio indispensabile per rispondere al meglio ai bisogni dei
pazienti che non di rado sono molto delicati. La nostra professione ha avuto
una notevole evoluzione dal punto di vista formativo grazie ai periodici corsi
di formazione accreditati, ma anche per la disponibilità delle più moderne
apparecchiature tecnologiche. Inoltre, la nostra attività si svolge con il criterio
di un rapporto paritario e di estrema collaborazione, e questo fa certamente la
differenza…”
Quale supporto dà il volontariato in corsia?
“Direi notevole come
l’accompagnatore dei pazienti in altri ambulatori dell’ospedale per essere
sottoposti ad esami clinici e/o strumentali, aiutare alcuni durante la
distribuzione dei pasti, e soprattutto sono di conforto per quei pazienti che
per una o più ragioni sono soli… Una collaborazione, quella dei volontari, che
in questi ultimi anni si è incrementata grazie agli appartenenti
dell’associazione “Amici del Cuore” – Onlus Piemonte, presieduta dal Dr Daniele
Danielis.
Alle 13.00 si conclude
questa mia breve visita lasciando spazio a qualche considerazione. In
particolare ho potuto rilevare un ambiente clinico di sicura efficienza la cui
attività delle molteplici figure è caratterizzata da un clima sereno, dove il
dialogo e il trasporto comunicativo nei confronti del paziente può essere a
volte “sbrigativo”, ma sicuramente sufficiente per rincuorarlo e garantirgli il
massimo delle prestazioni terapeutiche ed assistenziali. Unica pecca, che credo
di poter evidenziare, la lista di attesa non sempre “appagante” per un ricovero
in degenza, mentre le urgenze/emergenze trovano sempre la giusta corsia
preferenziale.
(In visita il 11/12/2014)
(In visita il 11/12/2014)
Commenti
Posta un commento