UNA AVVINCENTE E... DOVEROSA RIEVOCAZIONE
Nel 50° anniversario del primo trapianto di cuore un cardiochirurgo
italiano
appassionatamente... racconta con nostalgia e riconoscenza
di Ernesto Bodini
È
sempre stimolante ricordare personaggi ed eventi che hanno contribuito a fare
un pezzo di storia, ancor più se si ha avuto l’opportunità di conoscerli, e al
tempo stesso è doveroso per chi si reputa biografo (come chi scrive) rievocare
ciò che è stata un’epopea, che nei decenni ha lasciato indelebili tracce a
beneficio dell’umanità. È il caso della recente pubblicazione del dottor
Carmine A. Curcio, valente cardiochirurgo di origini lucane, classe 1942, oggi
pensione, che ha avuto il “privilegio” di incrementare la sua formazione negli
Stati Uniti, per poi specializzarsi alla Scuola di Christian Barnard
(1922-2001) presso il Groote Schuur Hospital di Cape Town (Sudafrica). Questo
percorso che è durato alcuni anni di
fortunato “esilio”, è rimasto nella memoria e nel cuore del nostro
connazionale tanto da raccontare la sua esperienza con la pubblicazione Christian Barnard. 50 anni dopo il primo
trapianto. Luci e ombre (Mario Adda editore, 2017, pagg. 125, euro 10,00).
La decisione di dare una svolta alla propria carriera e alla propria vita è
stata un passo sofferto in quanto non privo di nostalgia avendo dovuto lasciare
il Paese per alcuni anni, ma colmo di speranze e determinazione che l’autore ha
visto premiate grazie soprattutto all’incontro con il celebre cardiochirurgo,
del quale ne traccia un ampio quadro biografico sia dal punto di vista
caratteriale che professionale... sfatando alcuni miti. Pagina dopo pagina, emergono gli aspetti più
significativi di una vita vissuta quasi in simbiosi condividendo emozioni,
decisioni ed aspettative per un futuro che di lì a qualche anno lo avrebbero
premiato... L’autore, nell’approfondire le qualità e il carattere del medico
sudafricano, mette in luce verità che in parte sono state offuscate e travisate
da vari mass media, facendoci conoscere un Barnard determinato, ambizioso,
invidiato ma decisamente pragmatico il cui pionierismo (con il suo primo
trapianto di cuore) lo ha elevato alla lodevole notorietà, ma anche alle
critiche e ai pettegolezzi che però non lo hanno scalfito. Gli intensi rapporti
con i colleghi del Groote Schuur ma anche con quelli più affermati del mondo
accademico internazionale, lo hanno posto al centro di attenzioni facendo
propri i loro insegnamenti che ben presto lo avrebbero annoverato nella “élite”
della Cardiochirurgia, grazie anche quel primo trapianto di cuore (2 dicembre
1967) che realizzò tra la certezza e la temerarietà.
Il
dottor Curcio (nella foto) non nasconde la sua fierezza per essere stato
allievo-collaboratore di Barnard e di suo fratello Marius (preceduto dai
colleghi: il veneto Cesare Puricelli e il lombardo Luciano Bresciani), anche a
prezzo di numerosi sacrifici e rinunce dando il meglio di se stesso senza tempi
e senza limiti; ed è proprio il fascino della cardiochirurgia (sia in ambito pediatrico
che degli adulti) che sarà il conseguimento della specializzazione. L’ormai
maturo cardiochirurgo, può dirsi appagato avendo anche contribuito a far
conoscere “meglio” e nei dettagli una storia lunga mezzo secolo ricca di
episodi, considerazioni e di quel vissuto in cui è maturata una disciplina pionieristica
proprio grazie a Christian Barnard e ai suoi colleghi, che ne hanno reso
possibile l’approfondimento sia delle tecniche cliniche, chirurgiche e
farmacologiche che dei rapporti umani, salvando la vita a molte persone. La stesura
di questo esteso racconto suddiviso per articolati e “incisivi” capitoli, è
sobria e scorrevole che ha il sapore di una favola incantata, i cui
protagonisti si “impongono” per il rispetto di quei valori che l’Umanità saprà
apprezzare. E la saggezza ci ricorda che non è la culla in cui si nasce, ma
sono le qualità personali a fare di un individuo una persona di qualità. Fra
questi anche il dottor Carmine Curcio che oggi, a 76 anni, può dire di non aver
temuto di percorrere una lunga strada, perché votato e diretto verso coloro che
hanno avuto qualcosa da insegnargli.
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