IL RITUALE DI FINE ANNO DEI CAPI DI STATO
È un'assurda retorica
che sconfina nell’ipocrisia rievocare quanto si sa e promettere di impegnarsi
per un futuro migliore, sapendo che mancano costantemente le basi essenziali a
discapito della concretezza. Molto più utile, invece, qualche riflessione da
parte di ognuno di noi
di Ernesto Bodini
Sembra
quasi un rituale: ogni fine anno ognuno dovrebbe fare un proprio bilancio. Ma
cosa dire? E a che pro? A questi quesiti non ho risposte molto “razionali”, ma
ritengo di poter fare qualche considerazione. Anzitutto un riesame di quello
che abbiamo fatto (o non fatto), detto (o non detto) dovrebbe indurci a
profonde riflessioni giacché io credo che nessuno sia stato privo di qualche
manchevolezza, sia verso il prossimo sia verso chi dall’alto (per chi ci crede)
ci ha dispensato da sofferenze o patimenti di qual natura si voglia. Passare in
rassegna un intero anno di vita ritengo sia comunque un “dovere” per confronti utili
ad una maggiore comprensione di noi stessi e verso gli altri, con il proposito
di migliorarci sia dal punto di vista psicologico che comportamentale. Ciò è
quanto dovrebbero fare non solo le singole persone ma anche gli esponenti dei
Paesi di tutto il mondo, soprattutto quelli che ritengono di avere certi poteri
di comando nei confronti di altri; ma non solo, anche quelle schiere di persone
che detengono ricchezza e notorietà poiché nel corso della loro quotidianità
avranno avuto poco tempo per distaccarsi dai riflettori... Inoltre, ogni fine
anno è quasi d’obbligo che presidenti od esponenti di questa o quella Nazione
si sentano in “dovere” di rivolgersi ai loro connazionali (in molti casi ai
loro sudditi) pronunciando il... fatidico discorso e, fra questi, non mancherà
mai anche quello del presidente della nostra Repubblica. Personalmente ritengo
che in questo caso tale compito istituzionale rasenti la retorica, sia perché
le riflessioni e le considerazioni sono più o meno le stesse ogni anno, sia
perchè tutto torna come prima: mentre la Costituzione è sempre lì, disponibile
per essere letta, interpretata, compresa e soprattutto rispettata; ma purtroppo
il prosieguo esistenziale della polis non si discosta dalla ritualità più
becera e inconcludente per migliorare il cosiddetto “status quo” di una Nazione
sempre più alla deriva... e con prospettive future (più o meno imminenti) non
prive di serie preoccupazioni: si pensi, ad esempio, che a breve andremo
incontro ad una sanità totalmente privata...! Quindi è perfettamente inutile,
oltre che ipocrita, rievocare agli italiani che cosa hanno dovuto subire una
parte di loro in questo ultimo anno che, sommato ai precedenti, avrebbero ben
da ridire a chi intende rivolgersi loro con quel classico discorso di fronte ad
una telecamera a Reti unificate. Un copione degno di “dettatura” che non fa
onore a nessuno perché basato essenzialmente sulla rievocazione di fatti
accaduti (che tutti conosciamo) e su promesse di avanzamento e migliorie per il
futuro che, come ogni anno, appunto, non si verificheranno mai! Quindi, ripeto,
trattasi di retorica che solitamente va di pari passo con l’ipocrisia e questo
non fa certo bene alla salute di un popolo che crede di appartenere ad una
sana... democrazia.
Ora,
i nostri 945 Parlamentari (un vero e proprio esercito non della “salvezza” ma
della confusione, delle diatribe ed altro ancora) hanno pensiero per come iniziare
e proseguire nel nuovo anno giacchè in vento di elezioni (18 marzo?),
dimenticando così (semmai si fossero ricordati) coloro che non solo non
brinderanno ma continueranno ad essere preoccupati per non avere una casa, un
lavoro, il diritto all’assistenza pur dovendo onorare i propri doveri, in
primis come pagare le tasse senza avere un introito..., verso lo Stato (ossia gran
parte di quei “945”), un piccolo esercito di scalda poltrone che non sa
legiferare con obiettività e razionalità (leggere e capire migliaia di
emendamenti con numerosi riferimenti giurisprudenziali bisogna certo avere una
capacità di lettura e carattere interpretativo davvero particolari...) per
ridare concreto ruolo, visibilità e dignità ad un Paese, sempre più destinato
ad essere privato dei concetti di civiltà e democraticità nonostante gli onesti
e lungimiranti sforzi dei Padri della Costituente (nella foto l’atto della firma), che oggi compie 70 anni.
Quattordici lustri di progressi ma anche di sfaceli e impoverimenti morali e
materiali, e proprio per questi ultimi la parola dignità dovrebbe essere
pronunciata e invocata solamente da chi può meritarla... se intellettualmente
onesto. E se è vero che il futuro lo compriamo con il presente è altrettanto
vero che, per quello che ci riguarda, nei prossimi anni avremo ben poco da usufruire
non avendo saputo fare buon acquisto sia nel presente che nel passato.
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